Molte volte capita spesso di leggere notizie sui giornali e sugli organi classici di informazione che allarmano, o dovrebbero per lo meno indurre in uno stato di preoccupazione, relativamente allo stato reale di ognuno di noi e quindi del nostro Paese.E’ il caso dell’indagine Istat che certifica un consistente calo dei consumi (2,7 %) da parte delle famiglie italiane. Un dato allarmante, secondo molti analisti economici e, chiaramente, molte associazioni di commercianti, industriali ed artigiani.Ma possiamo dire veramente che questo rappresenti una misura del grado di benessere della nostra popolazione? E’ un indicatore adeguato a stabilire se siamo realmente felici quando i consumi aumentano e tristi quando diminuiscono?Penso che sappiate tutti che cosa è il PIL (prodotto interno lordo): identifica in modo assolutamente matematico quanta ricchezza produce una nazione e cioè il valore dei beni e dei servizi prodotti in un dato periodo di tempo. I due parametri (pil e consumi) sono quindi strettamente legati tra di loro.Nel 1968, tre mesi prima di essere assassinato, Robert Kennedy, nel corso di un bellissimo discorso all’università del Kansas, descrisse quello che per lui NON poteva rappresentare il PIL: "Non troveremo mai un fine per la nazione né una nostra personale soddisfazione nel mero perseguimento del benessere economico, nell’ammassare senza fine beni terreni.Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell’indice Dow-Jones, né i successi del paese sulla base del prodotto nazionale lordo (PIL).Il PIL comprende anche l’inquinamento dell’aria e la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine-settimana.
CONSUMI, PIL e FELICITA' ....
Molte volte capita spesso di leggere notizie sui giornali e sugli organi classici di informazione che allarmano, o dovrebbero per lo meno indurre in uno stato di preoccupazione, relativamente allo stato reale di ognuno di noi e quindi del nostro Paese.E’ il caso dell’indagine Istat che certifica un consistente calo dei consumi (2,7 %) da parte delle famiglie italiane. Un dato allarmante, secondo molti analisti economici e, chiaramente, molte associazioni di commercianti, industriali ed artigiani.Ma possiamo dire veramente che questo rappresenti una misura del grado di benessere della nostra popolazione? E’ un indicatore adeguato a stabilire se siamo realmente felici quando i consumi aumentano e tristi quando diminuiscono?Penso che sappiate tutti che cosa è il PIL (prodotto interno lordo): identifica in modo assolutamente matematico quanta ricchezza produce una nazione e cioè il valore dei beni e dei servizi prodotti in un dato periodo di tempo. I due parametri (pil e consumi) sono quindi strettamente legati tra di loro.Nel 1968, tre mesi prima di essere assassinato, Robert Kennedy, nel corso di un bellissimo discorso all’università del Kansas, descrisse quello che per lui NON poteva rappresentare il PIL: "Non troveremo mai un fine per la nazione né una nostra personale soddisfazione nel mero perseguimento del benessere economico, nell’ammassare senza fine beni terreni.Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell’indice Dow-Jones, né i successi del paese sulla base del prodotto nazionale lordo (PIL).Il PIL comprende anche l’inquinamento dell’aria e la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine-settimana.