IL DUBBIO

SENECA e l'arte del dare e dell'avere ...


“Di tutto quello che avrò, non sarò né avaro custode né prodigo scialacquatore. Nulla crederò di possedere maggiormente che le cose donate. Darò prima di essere pregato, anzi anticiperò le giuste richieste. Se vivrò così, le ricchezze saranno mie; altrimenti sarò io ad appartenere alle mie ricchezze”Si immaginò persino nell'antichità un suo epistolario con S. Paolo (carteggio apocrifo), tanta era la stima che i cristiani nutrivano per Lucio Anneo Seneca, filosofo latino, nato a Cordoba in Spagna nel 4 a.C. e morto suicida a Roma nel 65 d.C. dopo che Nerone l'aveva condannato a morte, volendo affermare col suo gesto l'indipendenza e la libertà del saggio rispetto al potere. Queste frasi sono desunte dalle 124 lettere che Seneca indirizzò all'amico Lucilio (almeno quelle a noi giunte).Il tema dominante è quello del dono e del distacco, frutto del pensiero stoico ma esaltato anche dal cristianesimo. Particolarmente significative sono due frasi. La prima: io posseggo in modo autentico non le cose che trattengo cupidamente, ma quelle che dono. Dare agli altri è arricchire se stessi. E' la paradossale legge evangelica del perdere per trovare. O quella sottesa al detto di Gesù citato da San Paolo: «C'è più gioia nel dare che nel ricevere!» (Atti 20, 35). Una sferzata all'ansia del possesso, dell'arricchimento sfrenato, dell'attaccamento morboso che alla fine genera solo incubi e vuoto interiore. Si giunge, così, all'altra considerazione: noi dobbiamo dominare i nostri beni, usandoli come strumenti e non trasformandoli in idoli che ci dominano e ci asserviscono. Anche lo scrittore ateo francese André Gide osservava che “tutto quello che non si è capaci di dare alla fine ci possiede”. Volevo ricordare anche che Seneca è stato uno dei più accaniti avversari della schiavitù che si praticava ai suoi tempi. Secondo lui, infatti, non aveva fondamento la distinzione fra nobili e non nobili: il vero nobile è quello che è reso tale dalla saggezza e dalla virtù. Come avevo detto sopra addirittura si è pensato che Seneca fosse cristiano vista la sua concezione su Dio, sugli uomini e la loro uguaglianza, sul peccato e sulla colpa. Ma in realtà ci sono profonde differenze: per il cristiano è Dio che salva l’uomo mentre per Seneca è comunque l’uomo che deve salvare se stesso. Tornando all’argomento del post, mi sembra utile considerare che la società odierna è molto più incline al possedere, all’avere e quindi all’apparire. Senza fare facili moralismi, in quanto non sono certamente la persona adatta, ritengo che la ricchezza sia comunque un dono (chiaramente se avuta con mezzi leciti …).L’importante è non esserne schiavi e succubi al solo scopo di rincorrere modelli sociali irreali ed inarrivabili. E’ questo l’insegnamento che dobbiamo trarre dalle parole del grande Seneca.Con questo post concludo il breve periodo in cui ho parlato di soli argomenti social-filosofici. Era giusto e doveroso fare un po’ di silenzio nei confronti della politica – attualità italiana. Di cose da dire ce ne sarebbero molte, ma … ne riparleremo prossimamente.Un saluto a tutti.Vito