Certo, per il governo Berlusconi è un notevole successo sia personale che di immagine il Trattato di Amicizia e cooperazione firmato da Italia e Libia. Sarebbe ingiusto sottovalutarlo ma nemmeno prendersi tutti i meriti visto che le trattative erano cominciate con il governo D’Alema nel 1998. Bisogna dire, infatti, che l’accordo è rilevante sia per l’entità economica che per la valenza politica. In sostanza, l’Italia si impegna a versare 5 miliardi di dollari nei prossimi 20 – 25 anni sotto forma di investimenti in Libia: costruzione di un’autostrada costiera, alloggi civili ed altre varie forme di sussidi. Si riconoscono i danni inflitti alla Libia durante l’occupazione che si protrasse dal 1911 fino al 1943. Fu un conflitto coloniale molto complesso in quanto, contrariamente a quanto si pensa, la Cirenaica e la Tripolitania erano un protettorato dell’Impero Ottomano, per cui la guerra la si dichiarò alla Turchia. A quel tempo era un cosa perfettamente normale per le nazioni europee avere delle colonie in Asia e soprattutto in Africa ed il consenso fu molto ampio soprattutto per l’ambizione del possesso della famosa “quarta sponda” la quale doveva essere una “terra promessa” per tutti i nostri lavoratori (invece di emigrare verso gli Stati Uniti), fonte di ricchezza e di guadagno. Invece, all’inizio, la Libia si rivelò purtroppo per quello che era in realtà: un paese poverissimo ed uno “scatolone di sabbia”. Anche il mito degli “italiani brava gente” cominciò ad essere sfatato. Le tribù del luogo che già mal sopportavano la dominazione turca si ribellarono anche all’occupazione italica, dando poi luogo a crudeli repressioni, deportazioni, impiccagioni, uso di gas tossici ecc. Insomma, l’Italia si comportò come facevano tutti gli occupanti in un paese appena conquistato. Si calcola addirittura che i morti libici furono 100.000 su una popolazione di 800.000 abitanti. Un numero veramente impressionante.Ma il pragmatismo politico con cui si sono chiusi quasi 40 anni di malintesi con il regime del colonnello Gheddafi non può far dimenticare che molti nodi rimangono ancora irrisolti. Innanzitutto non si è minimamente accennato al giusto e dovuto risarcimento verso i nostri 20.000 connazionali espulsi negli anni 70 con l’esproprio di tutti i loro beni ed averi. Ricordo che la Francia ha fatto moltissimo in termini di aiuti economici verso i suoi concittadini rimpatriati dall’Algeria e Marocco.Inoltre, ed è questo il punto secondo me più importante, bisognerà verificare se il tema caldo dell’immigrazione sulle nostre coste di migliaia di persone, vittime in gran parte di una tratta senza scrupoli, verrà definitivamente affrontato con i dovuti mezzi di controllo delle coste libiche, oppure sarà la solita mossa di Gheddafi, noto per l’inaffidabilità delle suoi propositi.E’ una tragedia che sembra non aver mai fine e che ha portato alla morte, negli ultimi anni, di migliaia di sventurati in cerca di una condizione ed un futuro migliore. Il flusso migratorio di coloro che cercano fortuna in Europa, soprattutto dall’Africa sub-sahariana, è destinato a crescere e non bast
Lo "scatolone di sabbia" ...
Certo, per il governo Berlusconi è un notevole successo sia personale che di immagine il Trattato di Amicizia e cooperazione firmato da Italia e Libia. Sarebbe ingiusto sottovalutarlo ma nemmeno prendersi tutti i meriti visto che le trattative erano cominciate con il governo D’Alema nel 1998. Bisogna dire, infatti, che l’accordo è rilevante sia per l’entità economica che per la valenza politica. In sostanza, l’Italia si impegna a versare 5 miliardi di dollari nei prossimi 20 – 25 anni sotto forma di investimenti in Libia: costruzione di un’autostrada costiera, alloggi civili ed altre varie forme di sussidi. Si riconoscono i danni inflitti alla Libia durante l’occupazione che si protrasse dal 1911 fino al 1943. Fu un conflitto coloniale molto complesso in quanto, contrariamente a quanto si pensa, la Cirenaica e la Tripolitania erano un protettorato dell’Impero Ottomano, per cui la guerra la si dichiarò alla Turchia. A quel tempo era un cosa perfettamente normale per le nazioni europee avere delle colonie in Asia e soprattutto in Africa ed il consenso fu molto ampio soprattutto per l’ambizione del possesso della famosa “quarta sponda” la quale doveva essere una “terra promessa” per tutti i nostri lavoratori (invece di emigrare verso gli Stati Uniti), fonte di ricchezza e di guadagno. Invece, all’inizio, la Libia si rivelò purtroppo per quello che era in realtà: un paese poverissimo ed uno “scatolone di sabbia”. Anche il mito degli “italiani brava gente” cominciò ad essere sfatato. Le tribù del luogo che già mal sopportavano la dominazione turca si ribellarono anche all’occupazione italica, dando poi luogo a crudeli repressioni, deportazioni, impiccagioni, uso di gas tossici ecc. Insomma, l’Italia si comportò come facevano tutti gli occupanti in un paese appena conquistato. Si calcola addirittura che i morti libici furono 100.000 su una popolazione di 800.000 abitanti. Un numero veramente impressionante.Ma il pragmatismo politico con cui si sono chiusi quasi 40 anni di malintesi con il regime del colonnello Gheddafi non può far dimenticare che molti nodi rimangono ancora irrisolti. Innanzitutto non si è minimamente accennato al giusto e dovuto risarcimento verso i nostri 20.000 connazionali espulsi negli anni 70 con l’esproprio di tutti i loro beni ed averi. Ricordo che la Francia ha fatto moltissimo in termini di aiuti economici verso i suoi concittadini rimpatriati dall’Algeria e Marocco.Inoltre, ed è questo il punto secondo me più importante, bisognerà verificare se il tema caldo dell’immigrazione sulle nostre coste di migliaia di persone, vittime in gran parte di una tratta senza scrupoli, verrà definitivamente affrontato con i dovuti mezzi di controllo delle coste libiche, oppure sarà la solita mossa di Gheddafi, noto per l’inaffidabilità delle suoi propositi.E’ una tragedia che sembra non aver mai fine e che ha portato alla morte, negli ultimi anni, di migliaia di sventurati in cerca di una condizione ed un futuro migliore. Il flusso migratorio di coloro che cercano fortuna in Europa, soprattutto dall’Africa sub-sahariana, è destinato a crescere e non bast