IL DUBBIO

GRILLO E IL PD ... MA CHI RISOLVE I PROBLEMI?


Ho seguito con interesse l’indubbio successo del G8 italiano tenuto all’Aquila. Questo rappresenta, chiaramente, oltre ad un successo personale di Berlusconi dopo i noti fatti scandalistici, anche un successo dell’Italia e di noi tutti. Certo, bisogna anche dire che forse tutti ce l’avrebbero fatta con l’aiuto del signor Wolf – Guido Bertolaso (vi ricordate il film di Tarantino Pulp Fiction con il mitico mister Wolf che risolve i problemi?).Ma va bene così, ora bisognerà vedere se dopo gli impegni presi seguiranno i fatti concreti, altrimenti sarà stata solo una grande kermesse mediatica senza alcun senso reale.Ritornando invece alla candidatura boutade di Beppe Grillo alle primarie del Partito Democratico, penso proprio che non sia una cosa seria. Non lo può essere per molteplici ragioni, ma la prima, aldilà delle motivazioni di stampo tecnico/burocratico, è quella di non condividere i valori di democrazia, partecipazione, moderazione tipici di un partito serio, il quale penso io sia il PD.Non è un problema di tesseramento o di semplice anagrafica residenziale. Il più grande partito di opposizione, che ha una funzione primaria nella nostra democrazia parlamentare visto anche la maggioranza di cui gode il governo di centro-destra attuale, non può permettere di accogliere una persona che abitualmente dileggia, insulta, non solo il PD ma anche il Presidente della Repubblica, tutto il parlamento italiano e buona parte degli elettori.Sarebbe un controsenso, visto anche che l’unico che lo appoggia è Di Pietro del quale conosciamo bene la sua vocazione all’antipolitica con il solo obiettivo dell’antiberlusconismo e con ciò erodere il consenso del PD per aumentare quello dell’Italia dei Valori.So benissimo che Grillo raccoglie un consenso quasi trasversale tra gli schieramenti politici, con una forte rappresentanza tra quelli che non votano ed una maggioranza tra quelli di sinistra. Ma questo non cambia i termini del discorso, ovvero non si può snaturare un progetto nato con obiettivi e valori identitari ambiziosi per aumentare un consenso dato dalla demagogia, dal qualunquismo e dall’anti-politica.Dato che non voglio apparire solo come un oppositore di Grillo, riporto comunque un articolo di Paolo Franchi del Corriere della Sera che la pensa diversamente da me:Il partito gli apra le porte: così troverà la propria identitàIn questi casi si ricorre (quasi) sempre all’abusata citazione marxiana delle tragedie che nella storia si ripropongo­no in forma di farsa. Ma la storia di Beppe Grillo che si vuol candidare alla guida del Pd è, più semplicemente, tragicomica. O, per essere più precisi, è il Pd che, a cento giorni dal suo congresso, si dibatte in una tragicommedia. E non sembra avere gran­di idee su come uscirne. Si potrebbe, certo, riderci su, magari, se il cuore batte, nonostante tutto, a sinistra, un po’ amaramente. Ma non è proprio il caso. Nemmeno chi nel progetto del Pd non ha creduto mai (lo riconosco: è il mio caso) ne avrebbe potuto immaginare un esito così devastato e devastante. E in ogni caso c’è di che preoccuparsi, perché non va molto lontano una democrazia in cui l’opposizione non solo non dà segnali di ripresa, ma sembra votata in primo luogo a testimoniare la propria inutilità e a dare liberamente sfogo alle proprie pulsioni sui­cide, senza avere nemmeno la capacità, e la voglia, di fermarsi un attimo prima di varcare la soglia del ridicolo: quasi non sa­pesse che, di ridicolo, si può anche morire. Non resta, quindi, che invocare, spes contra spem, uno scatto d’orgoglio, un col­po d’ala. O, più prosaicamente, un sopras­salto di ragionevolezza e di buon senso, per cercare di raddrizzare la barca, sempre che sia ancora possibile, prima che affon­di. Visto come si sono messe le cose, persi­no Beppe Grillo potrebbe paradossalmen­te tornare utile alla disperatissima impre­sa. A quel che si capisce, prevale di gran lunga la tendenza a negargli l’iscri­zione al partito: meglio qualche giorno di roventi proteste che Grillo in liz­za per la leadership del Pd, magari invocando per sé (eccola, stavolta sì, la tragedia che si fa farsa) nientemeno che l’eredità di Enrico Berlin­guer. C’è chi si arrampica su per lo statuto, alla ricerca dell’articolo utile a sbarrargli il passo, e chi parafrasa una celeberrima bat­tuta di Enrico Mattei, per ricordare, osten­tando il proprio sdegno, che un partito è una cosa seria, non un taxi su cui salire a proprio piacimento, e poi discenderne a corsa conclusa. Ai primi si può obiettare che tanto chiaro in materia lo statuto non deve poi essere, se il boom delle iscrizioni (tutte regolarissime, assicurano) il Pd lo ce­lebra a Napoli. Ai secondi, che il Pd, di esse­re un partito, e quindi una comunità in cui valgono non solo regole, ma anche valori comuni, deve ancora dimostrarlo, prima di tutto a se stesso. Al momento, somiglia di più al circo Barnum di gramsciana me­moria. Fosse un partito (di tipo tradiziona­le o di tipo nuovo, a que­sto punto poco importa), certo il Pd non avrebbe paura del primo Grillo che bussa alla sua porta. E magari a Grillo non pas­serebbe per l’anticamera del cervello di bussare. Certo, a prendere le parti di Grillo anche chi sa che la politica è fatta pure di paradossi si sente un po’ in imbarazzo. Ma stavolta ha ragione Ignazio Marino, che pure aveva più di un torto appena pochi giorni fa, quando tirava in ballo a sproposito la que­stione morale per il coordinatore del Torri­no presunto stupratore seriale: meglio, molto meglio (nel senso di molto più ra­gionevole) aprire subito a Grillo, e senza fare troppe storie, la porta in questione, e lasciarlo libero di gareggiare con le sue idee, per peregrine che siano, come si con­viene peraltro a un partito (o presunto ta­le) che si dichiara aperto, senza eccezione alcuna, alla cosiddetta società civile. Ben difficilmente il comico predicatore potreb­be turbare il sonno di Dario Franceschini, di Pierluigi Bersani e dello stesso Marino: per sconclusionato che sia, il Pd non è ri­dotto al punto di dover temere una segrete­ria Grillo. Ma molto utilmente (forse per la propria candidatura, di sicuro per le sorti del proprio partito) Franceschini, Bersani e lo stesso Marino, combattendo le sue po­sizioni, che sono in ultima analisi quelle di Antonio Di Pietro, nonché di una parte non indifferente dell’elettorato democrat, potrebbero infine ingaggiare, se lo volesse­ro, quella battaglia politica e culturale sul­l’identità del Partito democratico che, tra tante chiacchiere a proposito della vocazio­ne maggioritaria del medesimo, non è sta­ta mai data. E anzi è stata coscientemente elusa sin da quando, nelle elezioni politi­che del 2008, Walter Veltroni si concesse una deroga alla decisione di correre in soli­tudine solo per apparentarsi all’Italia dei valori. Non capiterà. Ma, se capitasse, toc­cherebbe persino ringraziare Grillo. Paolo FranchiCome ho detto sopra non sono d’accordo con le posizioni di Franchi, ma le rispetto in quanto rappresenta il giornalista che forse conosce meglio la sinistra e la sua storia in questi ultimi anni.Il problema è che secondo me il PD ora non ha bisogno certo di dividersi ancora su discussioni e litigi perenni.C’è bisogno di una forte leadership che possa unire e non dividere. In caso contrario occorrerebbe veramente un Signor Wolf  “che risolve i problemi” …. come il video che vedete qui sotto: