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Chiediti con brutale onestà: sono felice?


Non siamo più abituati a sentirci chiedere: "Come stai?" E' una domanda bellissima perché manifesta il reale interesse che l'altro ha nei nostri confronti. E forse è proprio per questo che sta scomparendo...Presi come siamo dal pensare ai nostri problemi ed alle nostre situazioni difficili, abbiamo meno spazio (ed ancor meno energie) da dedicare a quelli degli altri. E ci si ritrova a vivere nella più totale indifferenza. Estranei, nel vero senso della parola.Questo ci condiziona a tal punto che, sempre più di frequente, smettiamo di chiedercelo anche tra noi e noi. In questo caso non per indifferenza ma piuttosto perché ci appare come una domanda retorica. In quanto tale, imbarazzante.Finiamo quindi col procedere per forza d'inerzia. Andiamo avanti come se avessimo il pilota automatico innescato. E riusciamo a prendere contatto col nostro vero stato di benessere solo nei rari momenti in cui ci assale quell'inspiegabile senso di frustrazione (misto ad una generosa dose di insoddisfazione) che ci fanno sorgere qualche legittimo dubbio su come realmente possiamo sentirci...Oggi però ti chiedo di fare un ulteriore passo in avanti e di andare ancora oltre. Vorrei tu potessi esplorare quella dimensione che per sua natura ci apparteneva di diritto quando eravamo bambini: la felicità.Hai mai fatto caso che i bambini sanno perfettamente se son tristi o meno? Quando sono concentrati sulle loro cose e tutto il resto scompare, quando giocano con gli amichetti, quando trascorrono del tempo coi genitori, i nonni, i pelosetti a quattro zampe, sanno perfettamente di essere felici. Lo sanno perché è tutto perfetto. Perchè sono esattamente in quella dimensione che sentono loro. Allo stesso modo quando si stanno annoiando a casa di persone tristi e lamentose, quando non possono giocare perché messi in castigo, quando salta la gita fuori porta o la passeggiata al parco perché diluvia, sanno perfettamente di essere tristi. Ed insofferenti. Quella condizione non gli piace per niente. E che fanno? Si ingegnano a trovare qualcosa di alternativo che li riallinei alla loro felicità. Ecco che si fanno dare fogli e colori e si immergono in un disegno che li estranea dal contesto triste. Si fanno leggere una favola che permetta alla loro fantasia di volare in alto. Si mettono a giocare con un cucciolo che gli faccia dimenticare tutto il resto...Evidentemente crescendo c'è qualcosa che smarriamo... Oltre all'abitudine di chiederci se siamo felici (e alla consapevolezza di dovercelo chiedere per sapere se lo siamo o meno...) In qualche modo finiamo col credere che non ci sia più posto per la felicità in un mondo di adulti caratterizzato da responsabilità, doveri, fatica... Quasi fosse una cosa da bambini, un gioco a cui devi rinunciare se vuoi deciderti a crescere. Ci sembra strano poi che i bambini ci additino per persone spesso noiose e pesanti? Forse lo diventiamo davvero...E qual è la conseguenza del dimenticarsi della felicità? Che si ritiene sia normale una vita che ruota in una dimensione che ne segnali la totale assenza. Pensa alle relazioni di coppia infelici che vanno avanti da anni per abitudine, pensa a quei rapporti che trasmettono noia solo a guardarli. Sono all'insegna dell'"importante è stare insieme". Ma può bastare davvero così poco? Oppure pensa a chi è costretto a svolgere un lavoro che non gli piace per niente. Quante di queste persone hai incontrato nei vari uffici, studi, negozi in cui ti sei imbattuto in gente acida e seccata pronta a darti risposte maleducate senza scrupolo alcuno... E potrei continuare con altri esempi simili.Non è vero che la felicità sia una cosa secondaria che se c'è, bene. Se non c'è, è uguale. La felicità è davvero quell'energia in grado di cambiare radicalmente una realtà. E' quella spinta vitale che trasforma in piacere cose che, diversamente, verrebbero svolte nella più totale indifferenza e mancanza di entusiasmo (con le conseguenze che si possono facilmente immaginare).Chiediti con brutale onestà: sono felice? Ed abbi il coraggio di darti una risposta quanto più onesta possibile. Non importa se magari all'inizio potrà disorientarti, quando non spaventarti, la consapevolezza di non esserlo per niente. La buona notizia è che possiamo sempre correggere il tiro. Come? Tornando con la mente indietro nel tempo a quando, da bambini, felici lo eravamo davvero. Per poi recuperare quel che abbiamo smarrito, ciò che è andato perso e ci ha portato fin qui.Abbiamo diritto alla felicità per stare bene. Non dobbiamo legarla a cose, persone, situazioni esterne, ma riscoprirla in noi e in tutto ciò che riesce a farci sorridere spontaneamente. Che si tratti di trascorrere più tempo con le persone che amiamo, o di tornare a dedicarci ad attività che per noi sono importanti, o di spezzare le noiose catene dell'abitudine per dare nuova vita a quegli aspetti della nostra esistenza che non ci è più possibile cambiare. Non sottovalutare mai l'importanza della felicità. E rifiutati di credere che sia un privilegio esclusivo dei bambini e delle persone senza problemi. Perchè la felicità è realmente a portata di mano. Magari abbiamo solo perso l'abitudine di coglierla e la voglia di ricercarla. Correggiamo il tiro