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NUOVE DIPENDENZE

Post n°1 pubblicato il 27 Gennaio 2010 da tanaba

                                   NUOVE DIPENDENZE IN PUGLIA

Una ricerca epidemiologica in alcuni Istituti Scolastici Superiori

Dott.Gaetano Vavalle Psicologo Psicoterapeuta specialista in psicodiagnosi delle Nuove Dipendenze Dipart.Dipen.Patologiche AUSL Bari

 

1. Cenni teorici e metodologici

Il concetto di dipendenza nel gergo comune sta a significare un ambito di tipo squisitamente relazionale, dinamico, psichico. In grammatica si intende una relazione di subordinazione logico-sintattica tra due o più proposizioni. Relazione di causa effetto, nella seconda accezione linguistica, ne apre il significato ad altri ambiti anche in rapporto con oggetti, prodotti, elementi esterni all’individuo. Di converso, il rapporto di specifica subordinazione gerarchica o di lavoro invece, ne riporterebbe in forma restrittiva alla relazione esclusivamente in ambito umano; essere in potere, in facoltà di qualcuno, rientrare nella sfera di competenza di una persona o di un ente… ecc.. ecc.. In somma dal punto linguistico la categoria della dipendenza apparterrebbe in forma prevalente all’alveo umano e personale, all’area dei legami. Se andiamo ad osservare e studiare la dipendenza dal punto di vista psichiatrico, psicologico ci accorgiamo che le idee forti e le proposizioni dominanti, consistenti, pesanti, istituzionalmente riconosciute e condivise, rientrano in prevalenza,  in un alveo  relativo al rapporto fra l’individuo e le sostanze tossiche; a questo, fanno eccezione solamente l’ambito del gioco d’azzardo e l’ambito della alimentazione, per i quali la psichiatria accademica ha anche  individuato criteri e modalità di riconoscimento. Il DSM IV  TR manuale

dei disturbi mentali catalogati dall’Associazione America di Psichiatria e il manuale  ICD-10 descrittore dei disturbi mentali dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, definiscono la dipendenza patologica  allorquando l’individuo entra in contatto con un prodotto tossico in forma persistente e continuativa tanto da non poter più averne un controllo nell’assunzione. Le ragioni per le quali la Psichiatria e la Medicina circoscrive la dipendenza patologica esclusivamente ad un rapporto distorto o eccessivo con  prodotti tossici sono facilmente comprensibili e condivisibili e, rientrerebbero anche nella difesa e nel limite democratico nei confronti di una facile  stigmatizzazione a cui andremmo incontro se tali proposizioni non avessero il limite circoscritto relativo al rapporto con le sostanze tossiche; contrariamente, sarebbe facilmente e possibile attribuire patologia relazionale di tipo dipendente a molteplici proposizioni comportamentali.

Dunque quando parliamo di dipendenze con risvolti patologici senza sostanza il nostro atteggiamento deve necessariamente essere cauto, circoscritto e portato avanti con l’ausilio di strumenti altamente scientifici che tendano senza grandi margini di incertezza a poter definire la dipendenza partendo da categorie precise, certe e sicure. Quando partiamo nell’esamina della dipendenza patologia altra, dovremmo partire dalla considerazione di trovarci in campo del pensiero scientifico ‘debole’ ‘morbido, e che richiede ancora notevole mole di lavoro prima di raggiungere affermazioni sufficientemente condivisibili e sicure.

Il discorso relativo all’origine o all’innesco di tali situazioni rimane ancora complesso; tuttavia, una prima definizione potrebbe riguardare un ambito di tipo antropologico, sociale, culturale, etico che ne costituirebbe la prima matrice prossimale. Una dinamica micro e macro sociale che incentiva, mantiene, istiga, giustifica e valorizza specifiche strutture e particolari circuiti relativi alla dipendenza e che non costituisce ogni volta una modalità patologica. Il legame di dipendenza a seconda della intensità propositiva, può  però diventare interdipendenza, dipendenza verso qualcosa, dipendenza contro qualcosa, dipendenza passiva, dipendenza fusionale acritica e simbiotica.

Dunque la condizione del pensiero, del comportamento e dell’emotività umana risente dei tempi culturali e sociali e si incastona a seconda delle fasi storiche (Fromm1971), i processi storici condizionano le funzioni psichiche superiori (Uznadze e Altri 1972), la configurazione dei comportamenti di sofferenza a seconda dei momenti antropologici, economici,  ambientali assume sembianze ed evidenze diverse e multiformi e quello che poteva essere un modo di esprimere la sofferenza solo qualche decennio fa non rappresenta oggi dato considerabile. L’isteria che nel corso dell’inizi del novecento si evidenziava con certa frequenza, oggi non si manifesta quasi più, almeno nelle forme all’epoca descritte; così come una delle più insidiose forme di angoscia moderna quale l’anoressia mentale  fino a qualche decennio fa non aveva la consistenza come quella di questi ultimi anni. D’altra parte anche i nuovi assetti economici strutturali, culturali, educativi e tecnologici, comportano un rinnovato e perpetuo  adattamento da parte della umanità. Spesso l’impatto con le nuove proposizioni strutturali e tecniche comporta per l’individuo momento complesso e di difficile superamento.

In questa epoca storica stiamo assistendo al manifestarsi ad alcune forme di disagio, legate ad una modalità di relazione dipendente distorta, precaria a volte eccessiva nei confronti di alcune merci o di alcune situazioni; il pensiero, il comportamento, l’emotività delle giovani generazioni risentono di una precaria condizione, inevitabilmente legata ad aspetti di transizione culturale, economica e tecnologica, e tale sottile condizionamento determina in alcuni soggetti spiccate difficoltà esistenziali; le così dette Nuove Dipendenze senza droga, disturbi direttamente correlati all’uso delle nuove tecnologie, alle modalità di acquisto delle merci, al rapporto con il cibo, ai rapporti sessuali, all’esercizio fisico, al gioco.

 

 

 

 

 

 
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