Snorki sarai tu!

Arrestato Provenzano.


Provenzano, identificato grazie a un frammento di Dna  Nel 2003 il boss viene ricoverato in una clinica di Marsiglia sotto falso nome: di qui la possibilità per le forze dell'ordine di reperire il suo Dna e di compararlo con quello di un familiare strettissimoPalermo, 11 apr. (Adnkronos/Ign) - La certezza che il boss superlatitante Bernardo Provenzano fosse vivo gli inquirenti l'hanno tratta da un frammento di Dna. Nel 2003, infatti, il boss si fa ricoverare sotto falso nome in una clinica di Marsiglia per sottoporsi a un intervento chirurgico alla prostata: di qui la possibilità per le forze dell'ordine di reperire il suo Dna, per poi compararlo con quello di un familiare strettissimo, cioè il fratello.A segnalare agli inquirenti il fatto che Provenzano fosse stato ricoverato a Marsiglia sarebbe stato Mario Cusimano, finito in carcere nella retata del 25 gennaio scorso, quando vennero arrestati decine di gregari del boss latitante. Fin dal primo momento, Cusimano decide di 'saltare il fosso' e collaborare, raccontando ai pm appunto del viaggio in auto del boss nel 2003 dalla Sicilia in Francia per sottoporsi all'intervento. Gli inquirenti compiono quindi indagini approfondite per stabilire se il Dna dell'uomo operato a Marsiglia sia appunto quello del boss superlatitante, arrivando all'identificazione.Un'identificazione smentita, a fine marzo, da Salvatore Traina, storico legale del boss, che si era detto convinto che Provenzano fosse morto. ''La mia convinzione - raccontava a 'la Repubblica' - è fondata su elementi solidi''. Per il legale, insomma, non ci sarebbe stata nessuna prova che l'uomo operato alla prostata a Marsiglia nel 2003 fosse davvero Provenzano. E agli inquirenti, che ''sostengono di avere anche il suo Dna'', aveva mandato a dire: ''Io penso invece che non abbiano proprio niente''. ''Loro - aveva detto Traina - sono risaliti al Dna di qualcuno, qualcuno che dicono sia Provenzano, da alcuni frammenti di prostata di un uomo operato in Francia. Un procedimento al contrario. Ma per avere la certezza che quell'uomo fosse il mio cliente avrebbero dovuto prima avere il suo Dna e poi confrontarlo con quello trovato alla clinica. Il fatto è che il Dna di Provenzano gli inquirenti non l'hanno mai avuto''. Di tutt'altro avviso la Procura di Palermo, che appunto in quel frammento di Dna aveva riposto molte speranze di arrivare, dopo quasi mezzo secolo di indagini senza tregua, a individuare il nascondiglio del superlatitante. E da una fonte della Procura arrivava puntuale la smentita al legale: ''Altro che morto. Abbiamo l'assoluta certezza che il boss è vivo e vegeto''.