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Elogio di Ciampi che sa rinunciare


Poche parole. E da quel che si intende, pronunciate con animo sereno e sgombro da qualsivoglia retropensiero. Dice Carlo Azeglio Ciampi: «Per fortuna l’anagrafe è dalla mia parte e in un certo senso scongiura l’eventualità di una riconferma da Presidente. E poi sono convinto che sette anni quassù siano già tanti. Raddoppiarli significherebbe... sì, forse una specie di monarchia repubblicana».Quantunque le parole del Presidente riportate ieri dal Corriere della Sera siano «una libera ricostruzione di un incontro privato tenutosi il 3 aprile scorso» - come ha chiarito il Quirinale - ecco, nonostante questo, qui non si può che celebrare l’elogio, certamente l’ennesimo, della saggezza di Carlo Azeglio Ciampi e del sintetico ragionamento da lui sviluppato.Che cosa trasmettono, infatti, le parole del Capo dello Stato? Intanto, un’esplicita consapevolezza: egli annota come sette anni al Quirinale «siano già tanti» e come un nuovo mandato rischierebbe di configurare il suo ruolo (o quello di qualsiasi altro Presidente) quasi come una «una specie di monarchia repubblicana». In queste affermazioni sembra evidente l’emergere di una valutazione circa la già congrua durata di un solo settennato e addirittura di un possibile rischio - quello, appunto, sintetizzato in un ossimoro: «monarchia repubblicana» - che potrebbe sottintendere un rinnovo del mandato.E’ vero che la lettera della Costituzione italiana non impedisce in alcun modo la rielezione del Capo dello Stato: ma è un fatto che questo, nella prassi, non sia mai avvenuto. E’ solo un caso o la spiegazione è, appunto, in quel rischio democratico di «monarchia repubblicana» onestamente indicato da Carlo Azeglio Ciampi?Non basta. Al di là delle riflessioni sull’abnorme arco temporale che sarebbe coperto da un doppio mandato (quattordici anni, che in politica sono un’era geologica...) è infatti proprio Ciampi a mettere esplicitamente in primo piano un dato che altri - per discrezione o per opportunismo - hanno fin qui finto di ignorare: «L’anagrafe è dalla mia parte», avverte il Presidente. Nato nel dicembre del 1920, il Capo dello Stato veleggia serenamente verso l’ottantaseiesimo compleanno. Si può far finta di niente? Si può considerare irrilevante quel che lo stesso Ciampi considera, al contrario, rilevante? Il Presidente compirebbe novant’anni più o meno a metà dell’eventuale secondo mandato, e nel pieno di una legislatura che si profila come una delle più difficili della storia repubblicana: si può davvero far finta che questo non costituisca un problema?Su quest’ultima questione, anzi, è possibile che il Presidente abbia voluto offrire l’ennesima utile indicazione al Paese ed alla sua litigiosa e confusa classe politica: operare in direzione di un deciso rinnovamento e ringiovanimento dei gruppi dirigenti. E’ un’esigenza avvertita all’interno, certo: ma riproposta e ripetutamente consigliata anche, se non soprattutto, dall’estero. Naturalmente, si può far finta che anche questo non costituisca un problema: ma andrebbero ricordate le perplessità e le sottili ironie con le quali sono state commentate le ultime elezioni italiane, che hanno visto fronteggiarsi (e per la seconda volta in un decennio!) candidati premier di 67 e 70 anni.Non è certo colpa di Romano Prodi e di Silvio Berlusconi, se è questo il film andato in onda fino a qualche giorno fa. Ma potrebbe - anzi, dovrebbe - esser loro cura contribuire, di qui in avanti, alla soluzione del problema. Carlo Azeglio Ciampi, con le affermazioni rese nel suo «colloquio privato», ha provato a farlo senza infingimenti, fornendo un’ulteriore prova di lealtà, di saggezza e di coraggio. di Federico Geremicca (Stampa)