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Pisanu si allontana dal Pdl e si avvicina al Terzo Polo


Beppe Pisanu si presenta alla convention romana del Terzo Polo. Qualcuno gli urla: «Torna a casa», Fini aggiunge: «Sei già idealmente in questa famiglia che, in molti casi, è la tua famiglia». Lui si schermisce: «Ci siamo capiti». Perché ieri, all’Eur, Pisanu è stato molto chiaro. Occorre un passo indietro di Berlusconi e un governo di solidarietà nazionale. Poi l’invito a Casini, Fini e Rutelli ad andare avanti e allargare «agli scontenti e alle forze del mutamento». Con un sasso tolto dalla scarpa e lanciato in faccia ai tanti censori: «Chi nel Pdl vede le cose che succedono nel Paese e le denuncia e vuole cambiare non è un traditore, semmai un tradito». «A Berlusconi chiediamo — ha detto Pisanu — di contribuire con il suo peso politico a un governo di unità e salvezza nazionale. Più lui si arrocca nella fortezza del Pdl più cresceranno le sue responsabilità per l’inasprimento della crisi». Una crisi reale che si manifesta «non nei ristoranti affollati, che non sono un parametro, ma nelle mense della Caritas piene di nuovi poveri». La richiesta di un passo indietro di Berlusconi rappresenta il motivo conduttore della kermesse che, però, ha messo in evidenza sfumature diverse. Per Pier Ferdinando Casini lo scenario ipotizzabile dopo le eventuali (e non scontate) dimissioni non può escludere il Pd. «Pensare ad un governo — ha detto il leader Udc — che emargini una parte del mondo politico più largamente rappresentativo della sfera operaia e sindacale, significherebbe essere irresponsabili». Gianfranco Fini ha utilizzato una metafora calcistica per suggerire a Berlusconi di farsi da parte «se non un passo indietro, almeno uno di lato». Perché «capita anche ai grandi campioni di essere sostituiti, di finire in panchina, se questa è l’esigenza della squadra. Ora quello che serve alla squadra Italia è un altro presidente del Consiglio». Altre possibilità non ce ne sono. «Si può governare — si chiede Fini — appesi a un voto? Governare un Paese così complesso, stando sotto questo giogo della fragilità numerica e politica della maggioranza?». Il problema, per il presidente di Fli, non è quello che accadrà domani con le prime votazioni, ma la prospettiva politica di «credibilità» dell’esecutivo anche di fronte all’Europa. «La priorità — ha aggiunto Francesco Rutelli dell’Api — è che si tolga Berlusconi. Poi che ci sia una convergenza nazionale su una personalità che dimostri all’Europa quanto l’Italia sia solida e in possesso di strumenti per esprimersi».