Snorki sarai tu!

Post N° 11


Ci sono giorni in cui la cappa si solleva. Allora il mondo ricomincia a respirare e mi regala libertà. La mente sorride, il cuore è lieve. Dei vostri pensieri non mi interessa, delle vostre azioni nemmeno. Il corpo non mi fa male, in nessun posto. L’hanno esplorato manualmente, con manovre a scatti. Hanno guardato dentro, con strumenti e piccole immagini traslucide. Va tutto bene. Tutto bene. Cinque parole per comporre frasi che si dilatano in ogni direzione. Tipo: la massa si è ridotta. Oppure: non si preoccupi, abbiamo tempo. Bene, è ciò che volevamo. Ma si paga anche questo, inutile fingere che sia un regalo. Qualcuno parla della banalità del male. E’ così. Si combatte con poco, si individua il punto debole e si neutralizza. Che sia nel corpo o nell’anima. Se si è nascosto è stato col nostro avallo, inutile stupirsi. Qualcuno mi ha parlato del quotidiano. Quello che non offre emozioni e spinge a ricercare effetti speciali per sopravvivere, creazioni virtuali e complesse che dall’esterno alimentino sensazioni forti. C’è bisogno di baratri sottili su cui cominciare a scivolare e del gusto feroce dell’adrenalina ogni volta che si conquista uno spazio alla noia e al rischio. L’adrenalina del riuscire a stare in equilibrio ingoiando tutta la falsità che ti porti dentro. Illudendo il vuoto. Rischi controllati per onnipotenze fasulle. Come se il quotidiano da solo non bastasse. Come se esistesse anche una malignità del banale, che uccide lentamente. Ma oggi sono felice e una discussione come questa mi sembra insensata. Il quotidiano è solo un contenitore. Sterile. Senza alcuna cattiveria, senza merito. Il contenuto lo mettiamo noi, lo riempiamo di ciò che siamo. Banale, molto banale. Ma è così. Astenersi maligni e infelici. Sanguisughe del vivere e dell’altrui sentire.