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Maroni: «La Lega non vota i democristiani»


Il ministro del Carroccio: «Dura convincerci, decideremo giovedì, alla riunione dei nostri gruppi di Camera e Senato. Presente Bossi» MILANO - «Marini e Andreotti? Non esiste che la Lega voti un democristiano. A meno che...». A meno che, ministro Maroni? «Sarà dura convincere Bossi. La candidatura al Senato di Andreotti, nella quale non siamo coinvolti, non ci appassiona». Si diceva che Berlusconi avesse il vostro via libera. «Il nome di Andreotti è stato fatto da Casini. Ma non è stato concordato». E dunque non lo voterete? «Decideremo giovedì. Alla riunione dei nostri gruppi di Camera e Senato. Presente Bossi». Le opzioni? «Di Andreotti ho parlato con Bossi e Giorgetti: non c’è nessun entusiasmo». La «Padania» lo chiama Belzebù. «Già una volta dicemmo no. Era la vigilia di Natale del ’91. Io e Bossi andammo a incontrarlo. Era candidato a presidente della Repubblica. Già allora a Bossi non piaceva. E da quel giorno non ha cambiato idea. Anzi». Dunque è un no? «Per convincerci ce ne vorrà. E poi, grande vecchio per grande vecchio, da parte mia ci sarebbe stato più entusiasmo per Giorgio Napolitano». Ma come, un ex comunista? «Nel ’92 fu un presidente della Camera molto equilibrato. E politicamente è un riformista». E l’ipotesi Calderoli? Secondo l’ex ministro, la Lega lo candiderà. «Vedremo se candidare un leghista, Calderoli o Castelli. Però così ci tireremmo fuori dai giochi. Invece vogliamo essere determinanti. Se ci sarà il grande inciucio conteremo poco, ma spero che non sia così. Perché è giusto che chi ha vinto elegga i suoi candidati. Come facemmo nel ’94 con Spadolini e Scognamiglio. Senza inciuci: vincemmo di un voto». Berlusconi cercherà di avere il vostro voto. «Ci sono tante partite importanti che ci condizionano, come il referendum, o che ci indirizzano, come il dopo il referendum. Siamo pronti a giocare la nostra partita. In modo spregiudicato ma coerente con il nostro progetto: che non è avere posti». Dunque non è questione di nomi? «Siamo adulti e vaccinati. Non ci chiamiamo fuori e nessuno può decidere per conto nostro». La partita del Colle? «Dura. Ricordo nel ’92 il mio amico Gerardo Bianco dirmi: "Ho la matematica certezza che verrà eletto Forlani". Fu bocciato per sette voti, tutti interni alla maggioranza». Bertinotti propone un ex comunista. «Difficile che D’Alema possa aspirare a questa carica. E non credo che voglia esporsi a un tiro al piccione. C’è ancora odore di trappola». Condivide la pregiudiziale sugli ex comunisti? «Per noi va bene chiunque, non spetta a noi proporre i nomi». Un ex comunista alla presidenza della Camera non la disturba? «Bertinotti avrà il mio voto di stima, virtuale. È di Novara, milanista e ho fatto tre confronti con lui, con share da record. Poi ha sempre avuto un buon rapporto con Bossi: chiamava spesso per avere notizie sulla sua salute». Meglio Bertinotti di Belzebù? «L’unica certezza è che vogliamo essere determinanti. Del resto in una legislatura in cui si deciderà per un voto di scarto, i nostri 14 senatori non potranno che essere decisivi».