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La Valeri 60 anni fa: "Che festa il primo voto"


FRANCA Maria Norsa il 2 giugno del 1946 aveva 26 anni meno unmese. Senza lo pseudonimo di Franca Valeri, con cui sarebbe diventatacelebre, come milioni di donne italiane votava per la prima volta.«Abitavamo in zona San Babila e il seggio era in una scuola elementare in
via Vivaio. Scelsi la Repubblica. Avevamo già sofferto abbastanza a causa del fascismo, la monarchia era un macigno da rimuovere». Anche la sua famiglia era repubblicana «Si sarebbe rivelata tale. Fino ad allora il problema non si era posto ma in casa nessuno aveva particolare simpatia o devozione per i Savoia. Inoltre, la mia famiglia era sempre stata antifascista. Non che servisse a granché. Se ci si esponeva, si veniva mandati al confino. Dunque, si sopportava. Il guaio è che mio padre non solo detestava il duce, era pure ebreo». Come andò «Lui e mio fratello riuscirono a riparare in Svizzera. Mia madre e io, scioccamente, restammo a Milano, e rischiammo moltissimo. Bastava un nonno ebreo per essere deportati. Così igiorni della Liberazione sono i più belli che io ricordi». Con laLiberazione arrivò il suffragio universale. «Milano era piena di fervore.Rinasceva la politica, con personalità di rilievo. Uscivamo da una guerramassacrante e che avevamo perso. Un fatto, quest'ultimo, dimenticato, einvece era importante. Dopo vent'anni di fascismo si voleva cambiare tutto e
per le donne fu una certa emozione poter votare. Tornavano la libertà e la possibilità di avere opinioni. Chi non ha vissuto quegli anni ha persoqualcosa di grande». Il 2 giugno si votò anche per la Costituente. «I miei erano per i repubblicani di La Malfa. Io preferii il partito socialista, che sosteneva le classi meno abbienti e aveva alle spalle una storia importante.Ascoltavo Nenni alla radio e speravo che il Paese sarebbe rinato dall'oscura voragine in cui era precipitato». Un socialista... nessuno cercò di farle cambiare idea «Come capita spesso ai giovani, ci piaceva la sinistra. Avevo molti amici comunisti. Altri votavano democristiano ma non era una cosa avvilente, c'erano persone di valore anche lì». C'era prevenzione nei confronti del voto femminile «Non ho mai riscontrato prevenzione verso alcuna attività femminile, forse perché ero sicuradelle mie opinioni, dei miei ideali e dei miei desideri. Che le donne in generale ci abbiano messoun po'a rendersi conto di questa nuova situazione è possibile, credo che neiprimi anni siano state molto influenzate dal voto degli uomini di casa. Va
anche ricordato il contesto particolare di quel cambiamento». Qual era, signora Valeri «La vita sociale stava già evolvendo lentamente. Però nel '46 ci fu un salto. Le donne avevano partecipato attivamente alla Resistenza, avevano vissuto la guerra in modo eroico. Il diritto di voto non lo ricordocome una cosa imprevedibile ma come una cosa normale, che ormai ci spettava. Tutti avevamo cominciato, o ricominciato, a votare e lo facevano anche le donne. In fondo, per anni gli uomini avevano condiviso la condizione femminile di non poter esprimere il proprio pensiero. A scuola il professore di italiano e storia, un emiliano molto simpatico, quando giunse all'ultimo capitolo che parlava del fascismo, chiuse il libro e disse: questo ve lo studiate da soli». Lei cosa faceva nel '46 «Cominciavo a recitare. In tre o
 quattro anni sarei emersa alla radiocon il personaggio della signorina snob». Cosa pensa delle quote rosa «Se mi dicessi contraria mi ammazzerebbero. È un colore che in politica mi sembra improbabile. Non lo giudico un grande problema, oggi non ci sono più imposizioni e la donna oggetto non esiste più. Fatta salva la tendenza, che rimane, di considerarsi lei stessa, avolte, un oggetto». Oggi la sua Milano ha il primo sindaco donna, Letizia Moratti. «Perché me ne volete far parlare? Non mi entusiasma, ma non certo perché sia una donna. La sua non è la parte politica per la quale ho palpitato». In questo anniversario come ricorda quel 2 giugno di  sessant'anni fa «In casa facemmo festa. Eravamo contenti e un po' impauriti dal futuro. Votai repubblica pur non essendo contro la monarchia. Quella inglese, anzi, mi piaceva molto. Aveva combattuto dalla parte giusta».Repubblica 02.06.06 Pag. MI 5