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Professore condannato per abusi sessuali. «Mi molestava mentre la madre girava per casa»


«E da escludere assolutamente che si potesse trattare di toccamenti scherzosi o punitivi o comunque con finalità diverse da quella libidinosa»: a poche settimane dalla condanna a due anni e sei mesi inflitta al professore di matematica accusato di molestie sessuali, il gup Alessandro Chionna ha depositato le motivazioni della sentenza che spiegano punto per punto perché le tesi difensive - tra cui il fatto che in tanti anni di insegnamento nessuno aveva mai lamentato simili condotte - non abbiano retto. La vicenda è nota: l'imputato aveva dato ripetizioni estive alla vittima e durante le lezioni avrebbe allungato le mani su di lui. «Il fatto che altri ragazzi non abbiano avuto questi problemi non è un elemento a discarico o comunque è un dato che può essere letto in senso opposto: come avviene spesso in casi simili, potrebbe anche essere che gli altri studenti non abbiano avuto la forza per denunciare il professore oppure potrebbe anche essere che il professore abbia "scelto" la sua vittima tenendo conto dei risvolti caratteriali del ragazzo - introverso e timido - sul quale ben avrebbe potuto esercitare la sua autorità», scrive il giudice. «Lo stesso imputato nel corso del suo interrogatorio davanti al gip non ha saputo fornire una plausibile giustificazione alle asserite calunnie del ragazzo». Il prof - che è difeso dal penalista Carlo Alberto Cova - avrebbe infatti spiegato: «La mamma del ragazzo mi telefonò dicendomi che il figlio non sarebbe più venuto da me per le ripetizioni lamentando i fatti contestati. Non mostrai né disappunto né negai i fatti. Preferii infatti dirle che era meglio vedersi per chiarire direttamente la questione». Ancor più agghiacciante il fatto che le molestie avvenissero mentre in casa del prof c'era anche l'anziana madre. Lo si apprende dalle parole dello studente: «Un sabato era entrata sua mamma mentre lui aveva la mano dentro ai miei pantaloni. Parlarono un attimo e lui non tolse la mano, poi lei uscì dalla stanza». Il gup non ha dubbi sull'attendibilità del giovane che, tra l'altro, provando forte imbarazzo, all'inizio si era confidato soltanto con la fidanzatina. «Non risulta che il giovane abbia disturbi di personalità tali da renderlo capace di inventare accuse di tale gravità. N o n sono emersi nemmeno elementi di astio o vendetta nei confronti dell'imputato tali da dare origine ad una calunnia così grave». In ogni caso l'avvocato Cova - che da sempre sostiene come un'unica eventuale accusa quella di abuso di metodi correttivi - è pronto a ricorrere in appello.