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Oggi il secondo anniversario della morte di Nino Manfredi


''Un immenso attore popolare, preoccupato di comunicare con la gente semplice, innamorato dei dialetti, portavoce delle vittime, di quelli presi di mira e degli sfortunati'': cosi' in maniera sintetica e perfetta il quotidiano francese Le Monde ricordava due anni fa la morte di Nino Manfredi avvenuta il 4 giugno alle nove di mattino. Con lui se ne andava, dopo una lunga malattia, uno dei 'quattro moschettieri' della commedia all'italiana, con Sordi, Gassman e Tognazzi. Un moschettiere per certi versi atipico, quello piu' 'rustico' e fiero delle sue origini ciociare che aveva sempre rivendicato in quasi tutti i suoi personaggi pieni di umanita' e di quella semplicita', lontana da ogni ingenuita', che e' propria alla cultura popolare. Eppure Nino (Saturnino), nato a Castro dei Volsci (Frosinone) nel 1921, non era affatto di estrazione popolare. Laureato a Roma in giurisprudenza si era iscritto poi all'Accademia d'arte drammatica.
Nel 1947 debutto' in teatro, poi fece parte della compagnia Maltagliati-Gassman e del gruppo di Orazio Costa. E nel '51 inizio' l'attivita' di doppiatore, durata quasi un decennio, dove guadagno' popolarita' alla radio con rubriche di grande ascolto. Poi il ritorno al palcoscenico nella compagnia di Wanda Osiris, per passare alla commedia musicale accanto a Delia Scala e Paolo Panelli, con i quali condusse la storica edizione '59-'60 di 'Canzonissima'. Ma la vera popolarita' gli arriva dal cinema grazie a film come 'Per grazia ricevuta' (in corsa a Cannes nel 1971 e da lui diretto), a interpretazioni storiche come quella del vile-coraggioso emigrato italiano in Svizzera di 'Pane e cioccolata' (1974) di Brusati (il film da lui piu' amato e che vinse l'Oscar Italiano - David di Donatello) o quella del tenace portantino Antonio di 'C'eravamo tanto amati' diretto da Ettore Scola. Arrivano poi nel 1976 personaggi come il vecchio Giacinto Mazzatella, pugliese orbo e ubriacone la cui preoccupazione č solo quella di difendere dai perfidi familiari il milione che ha ricevuto per la perdita di un occhio, protagonista di 'Brutti, sporchi e cattivi', sempre a firma di Ettore Scola, o il rassegnato venditore abusivo di caffe' di 'Cafe' express' di Nanni Loy.
Nino amava definirsi ''un artista drammatico che fa dell'ironia'' su quell'Italia piccola-piccola, ma in continuo cambiamento verso una modernita' da conquistare. Il meno popolare all'estero tra i Moschettieri, fatta eccezione per film come 'In nome del Papa Re' di Luigi Magni (1977) ('Nastro d'argento' e premio per l'interpretazione al festival di Parigi) e per 'Pane e cioccolata' di Franco Brusati e 'Per grazia ricevuta', Manfredi fu un attore versatile, ma come imprigionato dalla sua inossidabile caratterizzazione. Fu cosi' 'L'impiegato' di Gianni Puccini (1960) primo film in cui Manfredi risulta co-sceneggiatore, e protagonista di commedie e film di costume anni '60 e '70: da 'Anni ruggenti' (1962) di Zampa a 'Il padre di famiglia' di Nanni Loy (1966), da 'Vedo nudo' di Dino Risi (1969) a 'Lo chiameremo Andrea' di De Sica (1972), da 'Il giocattolo' di Montaldo (1979) a 'Nudo di donna' (1981), avviato in co-regia con Lattuada e terminato in proprio. Intanto la sua professionalita' a tutto tondo non gli aveva fatto dimenticare il suo amore per il teatro. Ci ritorna nel 1988 con 'Gente di facili costumi' con grande successo di pubblico e con a fianco Pamela Villoresi nella parte di una
prostituta. E ancora 'Viva gli sposi' (1990), nata da un adattamento televisivo e con il racconto di una famiglia sul punto di sfasciarsi, ma che, nonostante tutto, resta unita. E poi, tornando al passato un indimenticabile 'Rugantino' (1963) di Garinei e Giovannini, e, per la televisione, il piu' credibile dei Geppetti nel 'Pinocchio' di Luigi Comencini del 1972 (''Solo tu puoi far parlare un pezzo di legno'', gli aveva detto il regista). Negli ultimi anni le apparizioni di Manfredi sul grande schermo si erano fatte piu' rare (''Sono stufo del cinema'', aveva dichiarato in un'intervista del '90, l'anno dello speciale 'David di Donatello' condiviso con Sordi), spesso destinate a promuovere le opere di giovani autori. Tra le sue ultime prove, 'Colpo di luna' di Alberto Simone, unico film italiano in concorso a Berlino nel '95, in cui era un muratore che aiutava uno scienziato ad entrare in contatto con una comunita' di giovani malati di mente. ''E' il mio primo ruolo serio'', aveva detto con soddisfazione. E poi 'Grazie di tutto', diretto nel '97 dal figlio Luca, dedicato al problema della convivenza tra giovani e anziani. Da lui anche una raccolta di detti romaneschi, un libro di alimentazione e un'autobiografia professionale e umana, 'Nudo d'attore', uscita nel '93 per Mondadori.