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Aborto: obiettori di incoscienza


Abbiamo una legge sull'aborto ultra trentennale, conquistata a suon di manifestazioni e non solo da donne e anche da uomini che hanno lottato per i diritti di tutti. Ma quella legge è ormai boicottata da un esercito di medici che decidono di decidere per le pazienti e si rifiutano di fare il loro mestiere. Perchè non proibire a questi obiettori la possibilità di svolgere il loro lavoro, visto che lo fanno solo quando vogliono?Molte donne hanno riscontrato difficoltà pratiche circa la richiesta di interrompere la gravidanza, sia perché l’alto numero di obiettori assume una valenza simbolica che può portare a lasciar intendere l’opposizione dei medici alla pratica. Pur riconoscendo che i problemi concreti sono quelli più tangibili e che più richiamano l’attenzione dell’opinione pubblica, credo che questi vadano intesi come stimolo o sollecitazione alla disamina della questione teorica, per vedere meglio le ragioni che stanno alla base della pretesa avanzata dai medici di obiettare all’aborto. Si tratta di esaminare se l’obiezione di coscienza sia o no razionalmente giustificata, ossia se essa possa contare su buone ragioni oppure no.Ma come mai la legge riconosce al medico la facoltà di obiezione di coscienza a un servizio la cui erogazione essa stessa prevede come esplicitamente dovuto? La legge oggi prevede che tra i compiti del medico ci sia anche l’aborto. Un giovane che sceglie di fare il medico sa già sin dall’inizio che l’aborto è un intervento sanitario previsto dalla professione. Ove in coscienza fosse contrario a tale pratica, semplicemente sceglierà una professione diversa (analogamente a quanto avviene col servizio militare elettivo). Anzi, l’analogia si rivela interessante perché ci porta a chiarire un ulteriore aspetto: il soldato che ha scelto di arruolarsi non ha titolo a obiettare alle azioni militari normali ma può ancora essere indisponibile a svolgere le azioni speciali riservate a gruppi scelti. Ove tuttavia optasse di far parte di un gruppo scelto, perderebbe anche il titolo di obiettare alle eventuali azioni speciali. Analogamente, un medico che sceglie la professione sanitaria non ha titolo all’obiezione generale all’aborto, ma potrebbe essere indisponibile a attuare l’intervento. Tuttavia, se opta di far parte del gruppo scelto di chi è specializzato al riguardo, in forza dell’analogia sopra ricordata è perlomeno dubbio che possa poi vantare un titolo per alla pratica specifica.Avendo preso sul serio le sollecitazioni derivanti dalle difficoltà pratiche generate dall’alto numero di obiettori all’aborto, ho esaminato con attenzione le premesse teoriche addotte dai sostenitori del diritto all’obiezione di coscienza. L’analisi svolta ha mostrato che esse conducono a conclusioni molto diverse da quelle comunemente affermate. Può darsi che il ragionamento fatto sia incappato in qualche errore e sono pronto a ricredermi. Se è corretto, allora non ci sono ragioni valide che sostengono l’obiezione del medico all’aborto, per cui auspichiamo che presto la clausola sia tolta dalla legge 194/78.I ginecologi obiettori sono passati dal 58,7% nel 2005, al 70,5% nel 2007, e arrivano al 70,7% nel 2009, stabilizzandosi intorno a questa quota negli anni successivi e raggiungendo picchi dell’80% nelle regioni meridionali.