Snorki sarai tu!

Direzione Pd su Jobs Act


Il 29 settembre si è tenuta una direzione del Pd dedicata al Jobs Act. Era molto importante perchè serviva per trovare un accordo che unisse tutto il partito perchè, come è noto se Renzi ha oltre il 60% della direzione dalla sua parte; in Parlamento è in minoranza. Le situazione diventa ancora più grave avendo tutti presenti che se il governo crollasse a causa di questa legge non solo non ci sarebbe un governo renzi II in questa legislatura; ma non si sarebbe proprio nessun altro governo in questa legislatura. E questo vorrebbe dire che a prescindere dal risultato delle urne molti di quelli che adesso ostacolano Renzi non sarebbero nemmeno candidati o non passerebbero oltre le primarie. Nonostante tutto Renzi ci tiene a precisare che non teme di essere sfiduciato e i suoi oppositori ci tengono a specificare che non hanno nessuna intenzione di fare una scissione comunque vada. Tutti meno uno, poichè Giuseppe Civati ha dichiarato che questa sarà provabilmente la sua ultima direzione.Il Jobs Act è un contratto a tutele crescenti secondo il quale si toglie al giudice il potere di reintegro (tranne che nei casi di discriminazione) e lo si affida al datore di lavoro, che a seconda dei periodi può avere bisogno di minore o maggiore manodopera. Allo stesso tempo però si eliminano tutti i tipi di contratti interinali come co.co.pro, progetto ecc. Il lavoratore licenziato avrà una buonuscita da parte dell'ex datore di lavoro e lo Stato gli garantirà dei corsi di formazione e un nuovo lavoro (che però non potrà essere rifiutato) entro un anno).Alla fine non si è trovato l'accordo unitario, anche se alla fine ci sono delle piccole apertute. Non tanto sull’articolo 18, il cui diritto alla reintegra resta in vigore solo per i licenziamenti discriminatori e disciplinari, che però verranno specificati solo nei decreti attuativi della legge delega. Piuttosto, Renzi è costretto a dirsi disponibile a “riaprire la sala verde” di Palazzo Chigi, che è la sala usata per le riunioni tra governo e sindacati per quella ‘concertazione’ che finora il premier ha sempre negato. Non a caso lo fa nella relazione iniziale: è l’estremo tentativo per far rientrare i dissensi. Non funziona. Susanna Camusso della Cgil pur non convinta della bontà della legge si dice displonibile al confronto. Il segretario uscente della Cisl, Raffaele Bonanni, giudica "interessante" l'apertura al dialogo del premier. "La Cisl è pronta a discutere - dice Bonanni - anche dell'articolo 18 se ci sarà una svolta sulla precarietà e l'abolizione di tutte le forme di flessibilità selvaggia come false partite Iva, co.co.co della Pa, co.co.pro e associati in partecipazione". Anche la Uil si dice "disponibile" al confronto con il governo.Massimo D'Alema cita Stiglitz, che “ha vinto il Nobel, di cui i giovani qui non sono mai stati insigniti…". Sguardo rivolto con sorriso sprezzante alla presidenza. E ancora: Stiglitz che dice che “le riforme del lavoro si fanno in periodi di crescita, non di recessione”. Quando Renzi prenderà le parole gli risponderà che è d'accordo con Stiglitz; ma che lui si trova a fare il presidente del Consiglio in epoca di decrescita e che invece nel periodo in cui lo è stato Massimo D'Alema si era in crescita. E in fatti proprio in quel periodo - continua Renzi - Schroeder e Blair, in germania e Uk hanno fatto la riforma del lavoro. In Itaia no. Pierluigi Bersani dichiara: “Noi sull'orlo del baratro non ci andiamo per l'articolo 18. Ci andiamo per il metodo Boffo, perché se uno dice la sua, deve poterla dire senza che gli venga tolta la dignità. Ma vogliamo andare a raccontare in giro che è colpa dell'articolo 18 se non ci sono gli occupati? Che abbiamo perso il 25 per cento di produzione industriale? 9 punti di Pil?”. Giuseppe Civati paventa il rischio scissione: "Ho l'impressione che Renzi voglia rompere", dice il deputato dem a Radio Monte Carlo poco prima dell'inizio della direnzione. "La scissione è un rischio se Renzi non si rende conto di essere anche il segretario di un partito che può avere legittime differenze al proprio interno e che è stato eletto per difendere l'articolo 18 così non certo per abolirlo".Poi ci sono le critiche specifiche. Francesco Boccia: “La delega non chiarisce dove verranno trovate le risorse per gli ammortizzatori sociali universali”. . Stefano Fassina: “Perché si fa questa operazione sull’articolo 18? E’ scritto nei documenti della commissione Ue: dobbiamo ridurre le retribuzioni in termini reali. Giochiamo a carte scoperte. Io non voglio essere umiliato con la storia falsa che la precarietà dipende da quelli che hanno qualche residua tutela…”.Ma alla fine, dopo ore di dibattito e dopo che Renzi aveva chiuso alla possibilità di un documento unitario, Bersani e D'Alema si sono persi una parte delle proprie truppe. La direzione Pd ha approvato il documento finale sulla delega lavoro. La minoranza (dopo le Primarie circa il 30% dei partito) si è infatti divisa in tre tronconi: i pragmatici “giovani turchi”, guidati da Matteo Orfini (un tempo braccio destro di D’Alema) e dal ministro Andrea Orlando sono definitivamente entrati in maggioranza votando il documento Renzi; una parte dei dalemiani e dei bersaniani si sono astenuti, mentre hanno votato no Massimo D’Alema, Pier Luigi Bersani, una parte dei bersaniani e di dalemiani e naturalmente la componente che fa capo a Civati.  I sì sono stati 130, i no 20, 11 astensioni.