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Ogm si? no?


Con il termine Organismo Geneticamente Modificato (ogm) si intendono soltanto gli organismi in cui parte del genoma sia stato modificato tramite le moderne tecniche di ingegneria genetica. Non sono considerati "organismi geneticamente modificati" tutti quegli organismi il cui patrimonio genetico viene modificato a seguito di processi spontanei (modificazioni e trasferimenti di materiale genetico avvengono infatti in natura in molteplici occasioni e tali processi sono all'origine della diversità della vita sulla terra), o indotti dall'uomo tramite altre tecniche che non sono incluse nella definizione data dalla normativa di riferimento (ad esempio con radiazioni ionizzanti o mutageni chimici). Gli ogm vengono spesso indicati come organismi transgenici: i due termini non sono sinonimi in quanto il termine transgenesi si riferisce all'inserimento, nel genoma di un dato organismo, di geni provenienti da un organismo di specie diversa. Sono invece definiti OGM anche quegli organismi che risultano da modificazioni che non prevedono l'inserimento di alcun gene (es. sono OGM anche gli organismi dal cui genoma sono stati tolti dei geni), così come gli organismi in cui il materiale genetico inserito proviene da un organismo "donatore" della stessa specie. In questo secondo caso alcuni studiosi parlano di organismi cisgenici, la tecnica in questione si chiama "miglioramento genetico assistito da marcatori molecolari e la cisgenesi", per velocizzare il lento progresso del breeding ed è pronta ad introdurre piante cisgeniche nel mercato. (Wikipedia)
Ogm si? no?In ogni cosa c'è il lato positivo e quello negativo. Negli ogm il lato positivo è variando geneticamente un prodotto lo si può rendere più resistente sconfiggendo malattie e carestie; ma proprio per questo (il lato negativo) distrugge e conquista ogni altra forma vegetale con cui entra in contatto distruggendola per sempre.Io dico di no. La ragione principale si chiama sovranità alimentare, ed è una bellissima espressione, coniata per indicare il diritto di ogni Paese (e dunque dei suoi cittadini, del suo popolo) ad avere il controllo politico su quel che si coltiva e si mangia sul proprio territorio, cioè a decidere le proprie politiche agricole in base alle proprie necessità nutrizionali, economiche, culturali ed ecologiche. Questo diritto è fondamentale per il benessere di un popolo, quel benessere che non si misura con il Pil ma con strumenti ben più accurati e – lasciatemelo dire – scientifici: si misura andando a rilevare la quantità di glifosato presente nelle acque di falda, si misura monitorando le incidenze di determinati tipi di tumori, si misura rilevando le competenze alimentari diffuse tra le giovani generazioni, si misura in termini di identità, quella stessa identità che rende così economicamente rilevante il nostro Made in Italy, il quale non si valuta all'atto della vendita o della degustazione, non inizia quando ci si siede a tavola davanti a un piatto. Il Made in Italy quando un agricoltore decide cosa seminare e sceglie un seme che a sua volta ha una storia, un'identità e un legame con un luogo.