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Il Pd ancora ostile a Renzi


Ormai Matteo Renzi forte dell'anno abbondante di governo è il protagonista indiscusso del suo partito; ma questo non vuol dire che l'opposizione interna si è rassegnata. Ma quello che rende comunque forte Renzi è che questa opposizione è d'accordo solo su un giudizio non positivo dell’attuale gestione del partito e sul suo presunto spostamento a destra. Per il resto ognuno marcia diviso.Ad esempio, prendiamo Massimo D'Alema: è sempre stato un nome di alto spicco all'interno del partito (e anche akll'interno dei progenitori di esso); ma da quando l'attuale premier è segretario non conta più niente. E più D'Alema contesta Renzi più è a sua volta contestato da un numero sempre crescente di compagni di partito, anche dell'opposizione interna. Anche il presidente Pd Matteo Orfini, partito politicamente proprio da D'Alema dichiara: "Se ci sono dei difetti nell'azione di governo, e ce ne sono, stanno proprio nella fatica a smaltire fino in fondo le scorie della subalternità politica e culturale degli ultimi venti anni. Difficile che possano riuscire a correggere quegli errori i protagonisti di quella stagione di subalternità, che peraltro continuano a considerarla l'era della meglio classe dirigente". Ma anche Nicola Latorre non le manda a dire: "Gli argomenti con cui D'Alema attacca Renzi sono privi di fondamento: D'Alema ha perso la sua partita, e ritengo che parli così perché non vuole rinunciare alle sue idee, ma in parte anche perché è mosso dai suoi rancori, perché ritiene di non essere stato trattato in modo adeguato alla sua storia". Aggiunge Latorre: "Purtroppo non sento D'Alema da un anno e mezzo, e non per mia scelta, ma da quando feci la scelta di sostenere Renzi".Il vero successore di D'Alema all'interno del partito, secondo me è Stefano Fassina. Certo, però condividendone solo la triste fine e non i fasti del passato. Fassina sostiene che “le continue forzature e la continua delegittimazione morale da parte del premier verso punti divista diversi dei suoi, sono tutti indicatori chiari. Sono dimostrazioni di uno che preferirebbe che un pezzo di Pd se ne andasse, consentendogli di compiere un riposizionamento verso interessi più forti”. Poi c'è Giuseppe Civati, che da sempre cerca di costruire un Pd alternativo a Renzi; ma anche distinto dalla vecchia classe dirigente del partito, che l'emergere di Renzi ha mandato in pensione e che non si rassegna ancora. Ma Civati non ha ottenuto ancora un solo risultato, essendo troppo moderno rispetto alla “ditta”, ma troppo “antico” rispetto Renzi. Minaccia ad ogni occasione di andarsene, ma non lo fa forse perchè consapevole che fuori varrebbe ancora di meno. Come Rutelli.Concludo il post con le parole di Fabrizio Rondolino, che mi sembra fotografi bene la situazione e ritorna sul naufragio di D'Alema, ma che può valere anche per tutti gli altri oppositori interni: "Guerra di guerriglia, simultaneamente dentro e fuori il partito, imboscate, resistenza e attacchi mirati: D'Alema indossa i panni del generale Giàp e indica per la prima volta una linea di condotta coerente a una minoranza prigioniera del piccolo cabotaggio e stordita dall'opportunismo. Ma nessuno ha voglia di stare nella giungla, e tutti invece vogliono un posticino al sole renziano: per questo D'Alema resterà solo in questa, sacrosanta, sbagliatissima, battaglia.