Snorki sarai tu!

Il Vaticano riconosce la Palestina. Israele deluso.


Il Vaticano ha riconosciuto ufficialmente lo stato palestinese, nominandolo per la prima volta in un trattato bilaterale. Il Vaticano aveva già aderito alla decisione presa nel 2012 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, in cui si promuoveva la Palestina da “entità non statuale” a “stato osservatore non membro”. Il trattato di oggi è comunque il primo documento legale in cui il Vaticano parla di “Stato di Palestina” anziché di “Organizzazione per la Liberazione della Palestina” (Olp): si tratta di fatto di un riconoscimento ufficiale. L’annuncio è stato diffuso al termine della riunione plenaria della Commissione bilaterale tra Santa Sede e Palestina. “La Commissione ha concluso il suo lavoro – ha spiegato il portavoce Vaticano, padre Federico Lombardi -, c’è un testo che sarà presentato alle autorità e sarà stabilita la data della firma”.La riunione, svoltasi in un “clima cordiale e costruttivo” – come si legge in un comunicato ufficiale – ha riconosciuto il lavoro svolto in precedenza a livello informale dal gruppo tecnico congiunto, dopo l’ultimo incontro tenutosi a Ramallah il 6 febbraio 2014. In particolare, si precisa nella nota, la Commissione ha “preso atto con grande soddisfazione dei progressi compiuti nella stesura del testo dell’accordo, che si occupa di aspetti essenziali della vita e dell’attività della Chiesa cattolica in Palestina“. I punti principali riguardano “libertà di azione della Chiesa, giurisdizione, statuto personale, luoghi di culto, la sua attività sociale e caritativa, i mezzi di comunicazione sociale e le questioni fiscali e di proprietà”.Ma il testo dell’accordo, ha sottolineato monsignor Camilleri, esprime in particolare “l’auspicio per una soluzione della questione palestinese e del conflitto tra israeliani e palestinesi nonché delle risoluzioni della comunità internazionale, rinviando a un’intesa tra le parti”. Sarebbe “positivo – conclude il capo della delegazione vaticana – che l’accordo raggiunto potesse in qualche modo aiutare i palestinesi nel vedere stabilito e riconosciuto uno Stato della Palestina indipendente, sovrano e democratico che viva in pace e sicurezza con Israele e i suoi vicini, nello stesso tempo incoraggiando in qualche modo la comunità internazionale, in particolare le parti più direttamente interessate, a intraprendere un’azione più incisiva per contribuire al raggiungimento di una pace duratura e all’auspicata soluzione dei due Stati”.“Sì, è un riconoscimento che lo Stato esiste“, ha risposto ai giornalisti padre Lombardi, generando la reazione di Israele, che si definisce “deluso” attraverso le parole del portavoce del ministero degli esteri: “Questa decisione non contribuisce a riportare i palestinesi al tavolo delle trattative”. Ma l’Autorità nazionale palestinese ha voluto precisare, tramite Majdi Khaldi, consigliere diplomatico: “Non si tratta di un riconoscimento. Il riconoscimento palestinese come entità diplomatica, da parte del Vaticano, è già avvenuto anni fa e si è consolidato con l’ammissione della Palestina come stato non membro all’Onu“.Di per sé, l’accordo Vaticano-Palestina non presenta tratti particolarmente innovativi: esso ha lo scopo, così come i precedenti, di favorire la vita e l’attività della Chiesa cattolica in Cisgiordania (a Gaza è praticamente assente, rappresentando i cristiani di tutte le confessioni meno dell’1% della popolazione) e di promuovere la tolleranza religiosa, ed in particolare di difendere la libertà di fede e di praticare la propria religione della piccola comunità araba cattolica, in un momento particolarmente difficile nei rapporti tra cristiani e musulmani in Medio Oriente. Parti più prosaiche dell’accordo riguardano anche il regime fiscale e la tutela dei luoghi di culto in Palestina, ovvero un aggiornamento dell’Accordo sulla personalità giuridica delle istituzioni cattoliche siglato nel 1997 e un avanzamento dell’accordo economico in corso di negoziazione da oltre 16 anni e ancora non finalizzato. Il Segretario di Stato vaticano, Monsignor Camilleri, smentisce anche il fatto che l’accordo possa costituire un precedente utile per negoziati con altri Stati arabi e musulmani della regione, con l’obiettivo di tutelare le minoranze cristiane ivi residenti: non vi sono, infatti, negoziati attualmente in corso con altri governi musulmani e quello con la Palestina rappresenterebbe un caso particolare, in ragione del ruolo eccezionale “della Chiesa nella terra dove è nato il cristianesimo”.Naturale, dunque, che l’attuale governo israeliano percepisca la mossa vaticana come un attentato alla propria sovranità e un gesto non motivato dalla ricerca di pace, ma dall’attribuzione della responsabilità dell’attuale stallo nei negoziati ad Israele. E questo sullo sfondo di un clima già teso – in cui molti in Israele e Palestina pensano che gli Accordi di Oslo siano ormai “lettera morta” e l’attuale governo israeliano appena uscito dalle urne non inserisce la questione dei “due Stati” nemmeno più nell’agenda politica- e di una storia vaticana controversa nei confronti dello Stato sionista. Il Vaticano, infatti, ha riconosciuto lo Stato d’Israele soltanto nel 1993 e in questo mancato riconoscimento dello Stato sionista Israele ha letto una tradizione di antisemitismo manifesta e il desiderio vaticano di minimizzare la creazione di uno Stato sovrano ebraico per la prima volta dopo duemila anni. In questo scenario globalmente contraddistinto dall’inerzia e dal trascinarsi sterile di scelte diplomatiche che scarso o nullo impatto hanno sulla vita quotidiana delle persone, il riconoscimento vaticano, più che coraggioso, appare quasi tardivo gli occhi delle comunità cattoliche di Palestina e Israele – in tutto 210.0000 fedeli-, che si rendono perfettamente conto di non esserne le principali beneficiarie.