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La bolla cinese


Dalla tragedia greca alla bolla cinese. Le Borse del Vecchio continente si muovono lungo un sentiero sempre più stretto dove domina la volatilità e dove a trarne vantaggio sono solo gli speculatori. D'altra parte per gli investitori la ripresa economica è minacciata a Oriente dalla Cina e a Occidente dalla Grecia. Sullo sfondo, poi, resta l'incertezza sulle prossime mosse della Federal Reserve che fino ad oggi ha sostenuto la crescita americana con tassi fermi a zero da anni: adesso, però, il governatore Janet Yellen vorrebbe iniziare la stretta monetaria. Aumentando l'incertezza dei listini. Lo scoppio della bolla rischia di travolgere gli oltre 90 milioni di cinesi - impiegati, operai e contadini, molti dei quali digiuni di finanza – che si sono buttati sul mercato azionario attirati dalla possibilità di fare soldi facili con la speculazione di borsa. Una prospettiva alimentata dalle politiche di sostegno del governo cinese alla corsa del mercato azionario.A preoccupare gli addetti ai lavori più del rischio di un'uscita della Grecia dall'euro nei prossimi cinque giorni, pare essere il crollo verticale della Borsa cinese che in 12 mesi era cresciuta di oltre il 150% fino al picco del 12 giugno scorso: da allora ha perso quasi il 35%. Il tutto nonostante le misure adottate dalle autorità e la sospensione del 71% dei titoli quotati. Peggio, secondo un'analisi del Daily Telegraph, la Cina è il vero problema rispetto alla "pantomima greca": mentre gli occidentali si stanno concentrando sulla Grecia, una crisi finanziaria potenzialmente molto più significativa si sta sviluppando dall'altra parte del Mondo. Quella che alcuni stanno iniziando a chiamare il "1929 cinese", come la Grande depressione che travolse gli Stati Uniti.Le autorità cinesi hanno annunciato una serie di misure di sostegno per i mercati: il governo di Li Keqiang ha ordinato alle compagnie statali di comprare azioni e ha aumentato la quantità di titoli che può essere acquistata dalle compagnie di assicurazione. La banca centrale cinese Peoples Bank of China, che la scorsa settimana ha tagliato per la quarta volta da novembre i tassi, ha inoltre assicurato che fornirà al mercato “ampia liquidità” per arrestare il crollo dei listini e prevenire rischi sistemici. Secondo l’agenzia Bloomberg quasi 1.400 società, più della metà di quelle quotate a Shanghai e Shenzhen, sono state sospese dalle negoziazioni nel tentativo di contenere le perdite. Altri 710 titoli sono stati congelati dopo la chiusura di lunedì. Sabato scorso, poi, ventotto aziende hanno sospeso l’iter per la quotazione. A chi avesse acquistato i titoli in fase di Ipo verrà restituito quanto investito.Gli operatori si sono poi impegnati a non vendere azioni in loro possesso fino a quando l’indice di Shanghai, sceso a 3.686 punti, non tornerà a quota 4.500. E i 21 principali broker del Paese, riuniti nella Securities Association of China, hanno annunciato la costituzione di un fondo da 120 miliardi di yuan (circa 19,3 miliardi di dollari) per acquistare fondi Etf sulle società a maggiore capitalizzazione. Ma l’avvio dell’operatività del fondo, appoggiato dal governo, non è per ora riuscito a stabilizzare il mercato. Intanto la Consob cinese (Csrc) ha avviato un’indagine per verificare che il mercato non sia stato manipolato, mettendo nel mirino i ribassisti. E così 19 conti sono stati inibiti dallo short-selling sugli indici per un mese. Articoli comparsi su molti media vicini al governo, come la rivista Caixin e il quotidiano Global Times, accusano però la Commissione di aver gestito nel modo sbagliato la crisi, ingannando gli operatori che hanno di conseguenza dato eccessiva fiducia agli interventi “correttivi” delle autorità.