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Reazioni al Decreto Bersani. Unione sì. Cdl divisa.


Il deceto Bersani spacca la Cdl e ricompatta l'UnioneNeppure una critica dallo schieramento di maggioranza alle misure per favorire la concorrenza. In ordine sparso l'opposizione, con giudizi che passano dal sostegno pieno, all'invettivaROMA - Il duo Prodi-Bersani con la mossa del decreto sembra aver raggiunto sicuramente due obiettivi politici: ricompattare l’Unione e creare divaricazioni nella Cdl. Non viene infatti neppure una critica dal variegato schieramento della maggioranza alle misure per favorire la concorrenza. Da Rifondazione all’Udeur, tutta la maggioranza plaude all’iniziativa, con la manifesta speranza che possa realmente servire a rendere più dinamici molti settori dell’economia nazionale. In ordine sparso va invece l’opposizione, con giudizi che passano dal sostegno pieno all’invettiva, con promessa di battaglia all’ultimo sangue in Parlamento. Una varietà di posizioni che passa non solo tra i partiti della Cdl, ma all’interno delle singole forze politiche. Gli estremi sono rappresentati dall’Udc Marco Follini, che apprezza il decreto Bersani, e invita la Cdl a non difendere interessi corporativi, e dall’ex ministro di An Francesco Storace, che attacca a testa bassa il merito e il metodo dell’iniziativa del governo. E Storace non nasconde neppure la sua meraviglia per certe reazioni concilianti di esponenti della Cdl verso le «odiose misure proposte dal governo». Simile, ma più morbida, la posizione di Ignazio La Russa, che vede nel provvedimento «un tentativo di punire alcune categorie, tassisti e farmacisti su tutti": una sorta di «vendetta elettorale». E il sospetto che il governo abbia scelto di colpire la base elettorale della Cdl non è solo di La Russa. Lo hanno anche coloro che vedono aspetti positivi nell’iniziativa del governo. Adolfo Urso, ad esempio, che critica sì la concertazione «a giorni alterni», ma poi riconosce che «la strada delle liberalizzazioni è certamente da condividere». E anche Gianni Alemanno accompagna le critiche al riconoscimento che «questa riforma contiene delle innovazioni che dovevano essere fatte già durante il governo di centrodestra». Ed è la posizione di Urso e di Alemanno che sembra rispecchiare più fedelmente la linea del partito, nonostante le numerosissime proteste, in particolare a difesa della categoria dei tassisti considerata la più vicina al partito. Il portavoce di An Andrea Ronchi critica infatti il metodo adottato dal governo ("i processi si guidano e non si impongono per decreto"), ma riconosce anche che «certi tabù bisogna romperli, per rendere sempre più competitivo, moderno e vicino al cittadino il sistema Italia». Ed è improbabile che Fini fosse all’oscuro di questa presa di posizione di Ronchi. Anche Forza Italia va a ranghi sparsi. Non si conosce la reazione del leader Berlusconi, ma il suo portavoce Paolo Bonaiuti parla di «provvedimento solo all’apparenza scintillante», che produrrà «scarsi effetti e l’irritazione di molte categorie». Il vice-coordinatore azzurro, Fabrizio Cicchitto, denuncia «l’estremismo» del governo contro il ceto medio che nasconde la difesa degli interessi delle «grandi lobby». Critici anche i parlamentari Guido Crosetto ("la sinistra paga debiti elettorali") e Antonio Tomassini ("una picconata alle farmacie"). Fuori dal coro l’ex ministro Stefania Prestigiacomo, che parla di misure «coraggiose» e «positive», salvando anche le misure a danno dei notai, lei che ha il marito che fa questo mestiere. Favorevole anche il riformatore-radicale, Benedetto Della Vedova, che «aderisce incondizionatamente» al provvedimento, pur sottolineando che nel giudizio complessivo non si potrà prescindere dal valutare le misure su pensioni, mercato del lavoro e infrastrutture. E la sfida di Della Vedova viene lanciata anche da un altro gruppo di parlamentari eletti nelle liste di Forza Italia: Renato Brunetta, Stefania Craxi, Maurizio Sacconi, Giorgio Stracquadanio, Sergio Pizzolante, Giuliano Cazzola. Il leghista Roberto Castelli condivide invece il sospetto della «piccola vendetta» contro le categorie che votano Cdl, ma non dà nessun riconoscimento al decreto Bersani. Ma solo la Lega non manifesta diversità di posizioni. Anche nell’Udc, infatti, si avvertono differenze di accenti. Se Follini, ma anche il capogruppo al Senato Francesco D’Onofrio, o la rivista ’Formichè vicina alle posizioni dell’ex segretario del partito, non esitano a manifestare disponibilità a sostenere la trasformazione in legge del decreto, l’ex ministro Carlo Giovanardi attacca senza tentennamenti il governo per aver fatto ricorso allo strumento del decreto legge, in assenza delle condizioni di necessità e urgenza prescritte dalla Costituzione. In posizione mediana il segretario dell’Udc, Lorenzo Cesa, che manifesta «grande interesse» per le misure predisposte da Bersani, ma insieme alla delusione per la modestia della «manovra-bis», e a un timore: che «le liberalizzazioni annunciate da Bersani (che l’Udc seguirà senza pregiudiziali e con grande interesse) rischiano di essere soltanto uno specchietto per le allodole, il modo per distrarre l’attenzione dell’opinione pubblica dai veri obiettivi del Governo».