Snorki sarai tu!

Un magnate egiziano istituisce il premio per il miglior leader africano


Pro e contro. La semplicissima idea di Ibrahim basterà per risolvere le tare del sistema politico ed economico africano? Molte personalità di spicco si sono dette entusiaste del progetto: dall’ex-presidente sudafricano Nelson Mandela al segretario generale dell’Onu Kofi Annan, dall’ex-capo di stato statunitense Bill Clinton al leader della Commissione dell’Unione Africana Alpha Oumar Konaré. A detta loro il premio ha il pregio di essere un’idea innovativa e un progetto africano che mira a risolvere i
problemi africani, ma non tutti sono dello stesso avviso. Pur riconoscendone le buone intenzioni, i critici si basano su alcune considerazioni elementari: prima di tutto, i proventi derivanti dalla corruzione garantiscono ai politici somme molto più consistenti di quelle elargite dalla Mo Ibrahim Foundation. Perché doversi sforzare senza avere alcuna garanzia di vittoria (il premio andrà solo al primo classificato su 53 capi di stato dell’Africa sub-sahariana) invece di sfruttare il commercio di materie prime quali il petrolio, i diamanti e i minerali, che garantiscono entrate sicure?  Perplessità. Oltre a ciò, c’è chi teme che il premio possa non essere esente da pressioni e interessi politici internazionali, che porterebbero le nazioni più potenti del pianeta a sostenere i propri “cavalli” africani a discapito della trasparenza nella redazione della graduatoria. Per ultimo, una considerazione di carattere più generale: i presidenti africani vengono eletti dal popolo perché servano gli interessi della nazione come un dovere. Per molti media africani, il premio sottolinea la scarsa fiducia verso l’Africa e la sua capacità di risolvere i problemi senza ricorrere a incentivi di sorta. Premiare con somme così alte leader che hanno semplicemente fatto il loro dovere non è etico, e alla lunga potrebbe minare lo sviluppo di una vera coscienza civile. Al premio, la cui prima edizione è fissata per il 2007, il compito di fugare queste legittime perplessità.