Snorki sarai tu!

Turchia al voto, islamici grandi favoriti


Aiuto! I sondaggi sono impazziti. Quattro giorni fa il premier turco Recep Tayyip Erdogan, turbato dagli umori che le scoraggianti previsioni segnalavano, aveva avvertito: «Senza la maggioranza assoluta, me ne vado». Sfogo comprensibile, perché il termometro indicava retromarcia per il partito islamico moderato della Giustizia e dello Sviluppo (Akp). Adesso, alla vigilia del voto per oltre 42 milioni di elettori, il primo ministro è quasi baldanzoso: anche gli istituti di ricerca più cauti lo danno vincente con un discreto margine di vantaggio per governare in solitudine l'immediato futuro della Turchia. Ma sarà davvero così? In realtà questo consenso emotivo e altalenante è lo specchio di un Paese incerto e confuso, combattuto fra le promesse di benessere, del quale si sono già visti non pochi risultati, e il rischio di perdere la propria identità. I commentatori islamici accusano i laici di affidarsi a «demagoghi sciovinisti », e di non volere un'autentica democrazia. I laici accusano gli islamici di voler distruggere l'anima secolare della Turchia. Di sicuro, lunedì 23 luglio il Paese si sveglierà cambiato. Perché almeno su un risultato non esistono dubbi: in parlamento entreranno non due, ma tre partiti, con qualche possibilità che ne entri un quarto, se sarà capace di superare la soglia-capestro del 10 per cento. Ma con tre partiti, è escluso che l'Akp di Erdogan possa ottenere due terzi dei seggi, come accadde nel 2002, quando gli islamici moderati annichilirono la concorrenza con un modesto 34,6 per cento dei consensi. La maggioranza assoluta pare invece un obiettivo abbordabile, anche se Erdogan teme l'alleanza parlamentare tra lo storico partito repubblicano del popolo (Chp), fondato da Ataturk e collocato a sinistra, con gli estremisti di destra dell'Mhp, versione riveduta e corretta dei Lupi Grigi. Un accostamento ardito per molti, ma non per i laici più battaglieri. «Lo so bene che con un eventuale governo Chp-Mhp l'economia può peggiorare. Ma io sono pronto a pagare una tassa alla laicità», è il pensiero di uno dei più noti editorialisti. Una dirigente d'azienda rincara: «Cambiare il mio stile di vita? Mai. Preferisco diventare più povera ». Elezioni importanti ma anche strane. Per esempio, al negoziato sull'adesione all'Ue, che Erdogan aveva trasformato nella bandiera della sua vittoria di cinque anni fa, è stato messo il silenziatore. Non una parola, né dalla maggioranza né dall'opposizione, entrambe turbate dal fatto che l'euro-passione sia svanita, e ora soltanto 30 turchi su 100 continuino a crederci.