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Polemiche light - 17° - Sandro Bolchi, il padre della fiction tv


E' morto ieri a Roma Sandro Bolchi. Era nato a Voghera nel 1924.Laureato in lettere, ha esordito come attore al teatro Guf di Trieste. Si è teasferito poi a Bologna dove ha iniziato l'attività giornalistica e approfondito quella di regista. Nel 1950 ha fondato con alcuni amici uno dei primi teatri stabili d'Italia, La Soffitta. I funerali del regista, 81 anni, si svolgeranno domani mattina alle 10.Domenica 13 gennaio 1963, ore 21.05, programma nazionale: dal piccolo schermo - appannaggio ancora di pochi fortunati - si irradiano le prime immagini di Il mulino del Po. Nessuno lo sa ancora, ma muove così i primi passi quello che diventerà il genere più popolare della tv: la fiction. Padre fondatore è un regista che arriva dal teatro e che non ha ancora 40 anni: Sandro Bolchi. Quella saga ambientata nell'Oltrepo pavese - con Raf Vallone nei panni di un ex soldato napoleonico che vuol costruire il suo mulino nonostante la mafia locale - si chiama “sceneggiato” e per cinque puntate - oltre alle successive serie - porta nelle case degli italiani la grande letteratura. Sandro Bolchi si costruisce così una solida fama che gli consentirà di divulgare, grazie alla tv, le grandi opere della cultura italiana ed internazionale. Per la verità, Bolchi ci aveva già provato nel 1956 - agli albori della tv - esordendo con la commedia di Ugo Betti La frana dello scalo nord, ma è la trasposizione della trilogia di Riccardo Bacchelli (che collabora alla sceneggiatura televisiva) a dargli quel successo che gli garantisce carta bianca da parte di Sergio Pugliese, potente direttore centrale dei programmi televisivi della Rai di allora. E Bolchi non delude: nel 1967 bissa il successo con il top della letteratura italiana, I promessi sposi di Alessandro Manzoni. Otto puntate (per un costo record di 500 milioni di lire) che consegnano in prima serata la storia di un sì contrastato e da allora, per gli italiani, Lucia avrà per sempre il viso di Paola Pitagora e Renzo sarà Nino Castelnuovo. E la Pitagora oggi dice: «un uomo di una sincerità spietata» che dirigeva gli attori «in maniera musicale». Fedele alle sue origini teatrali - che si riflettevano nella sua regia - Bolchi prima di Manzoni aveva portato in tv I miserabili di Victor Hugo. Nel 1968 era stata la volta di Le mie prigioni, epica risorgimentale di Silvio Pellico; l'anno successivo tocca un capolavoro russo I fratelli Karamazov di Dostoevskji. E poi: Il cappello del poeta (1970), I Demoni (1972). Subito dopo porta sul piccolo schermo un'altra sua passione: la lirica e lo spunto è una biografia di un grande musicista romantico come Puccini. E ancora: Anna Karenina (1974), Camilla (1976), Disonora il padre da un romanzo di Biagi nel 1978, Bel Ami di Maupassant (1979). Per arrivare nel 1988 a La coscienza di Zeno di Italo Svevo. Una televisione dunque “pedagogica”, tanto da far dire a Sandro Curzi del Cda Rai che «l'azienda gli deve molto», sottolineando il suo contributo «all'evoluzione del paese». Lo stesso tenore del commento di Sergio Zavoli, altro grande della tv di allora, che ne ricorda «la pensosità non severa, ma incline alle forme durevoli... del teatro popolare». Professionista di «altissimo livello» - come rammenta Ottavia Piccolo che lavorò nella seconda serie di Il Mulino del Po - Bolchi ha diretto con la stessa intensità la “tv minore” come gli spot pubblicitari per Carosello, altro mitico esempio della televisione dei primi 50 anni. Suo, ad esempio, quello della Cynar con Ernesto Calindri, imperturbabile nella fretta della vita moderna. Ma l'omaggio di oggi non va solo al regista, anche alla stoffa dell'uomo: «una persona meravigliosa», dice Lea Massari protagonista della sua Anna Karenina. http://www.liberta.it/asp/default.asp?IDG=508037001&H=