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I Gay in Iran? Non ci sono!, parola del dittatore Ahmadinejad


Sull’Olocausto ha esordito chiedendosi perché "se è davvero una realtà, non vengono permesse più ricerche". Inoltre, se l'Olocausto è avvenuto in Europa, "perchè devono pagarne le conseguenze i palestinesi?". Il presidente iraniano, che sarà al Palazzo di Vetro per partecipare all’Assemblea generale dell’Onu, ha sostenuto la discussione davanti agli studenti con una certa abilità, replicando che nei suoi confronti  “non è stato un trattamento amichevole” e rappresentando l’Iran come “il paese più libero del mondo”.   Se non lo conoscessimo, si potrebbe pensare ad autoironia. Purtroppo però quando Ahmadinejad sostiene che “la condizione femminile è eccellente”, e che in Iran “non ci sono omosessuali” il pensiero va alle crudeltà quotidianamente denunciate da organismi internazionali come Reporters san frontieres, e a casi di cronaca  di cui il dittatore ha abilmente evitato di parlare. L’ultimo in ordine di tempo quello di Pegah, la giovane lesbica costretta a chiedere asilo in Inghilterra, per evitare la forca nel “paese illuminato” di Ahmadinejad.   Il presidente iraniano non ha mai perso il sorriso e la calma, che ama sfoggiare in occasione degli incontri con la stampa. Non teme i giornalisti, dimostrando capacità comunicative che evidentemente produrranno anche in questa occasione nel suo popolo gli effetti propagandistici e nazionalistici che lo hanno portato al potere. Come dimostra l’ostentata serenità parlando del diritto al nucleare “pacifico”, e ricordando che “i tecnici dell’Aiea non hanno trovato nulla”.  Vedremo se il novello “principe” machiavellico sarà altrettanto sicuro delle sue garanzie di libertà e democrazia davanti all’Assemblea delle nazioni Unite, o se dovremo assistere all’ennesimo proclama di un dittatore a cui il mondo riconosce visibilità. Un blitz mediatico per Mahumd Ahmadinejad, il presidente iraniano che da New York ha proclamato con i soliti toni autoritari i dubbi sull’olocausto, ribadendo nei confronti di Israele che è “un regime basato sulla discriminazione e l’occupazione”. Il dittatore, presentato in questa veste anche dal presidente della Columbia University Lee Bollinger, che ha introdotto il dibattito chiarendo subito di sentire sulle proprie spalle “il peso del mondo civilizzato che anela a esprimere la repulsione” verso quello che Ahmadinejad rappresenta, è stato un fiume di dichiarazioni, tutte discutibili.