Snorki sarai tu!

Schifani è presidente del Senato


Banchi vuoti a sinistra sia alla Camera che al Senato. E tutta la geografia politica si ridefinisce. A Montecitorio è l'ex ministro della Famiglia Rosy Bindi a mettersi seduta in terza fila all'estrema sinistra, in quei posti che prima erano occupati da Rifondazione Comunista. Al Senato l'unica nota di "rosso" tra molti completi blu, neri e grigi è il tailleur corallo della senatrice Emma Bonino che subito si caratterizza per un intervento di forte opposizione. La seduta è presieduta da Giulio Andreotti che nel suo intervento si dilunga nel celebrare la lunga presidenza del Senato di Amintore Fanfani. A sorpresa la neo senatrice radicale eletta nelle file del Pd, Emma Bonino, prende la parola in aula per candidarsi alla presidenza del Senato subito dopo il discorso di apertura di Andreotti. «Da tanti anni chiediamo che queste candidature vanno parlamentarizzate, non si decidono sui giornali nè nei caminetti», dice la ex ministro. E con gli altri eletti radicali si va a posizionare nell'estrema sinistra dell'emiciclo. Tra i «buu» di numerosi senatori Giulio Andreotti cerca di stoppare la candidatura di bandiera della Bonino dicendo che nuove candidature non sono ammesse al voto. Ma comunque il passo è fatto. E quando viene messa ai voti la candidatura Schifani, 13 voti vanno a lei. Gli altri senatori dell'opposizione si conformano alla decisione del Pd e l'Idv di votare scheda bianca anziché presentare una candidatura alternativa a quella della maggioranza. «Per non creare rotture», come spiega Anna Finocchiaro. Schifani viene eletto con 178 voti, cioè 4 in più di quelli di cui dispone la maggioranza. Pdl, Lega e Mpa che a Palazzo Madama può contare su 174 senatori (i presenti essendo 319 su 322 il quorum era di 162). Le schede bianche sono dunque 117. Due voti sono andati a Beppe Pisanu e, sparsi, per Marini, Casellati, Lumia, Thaler, Zavoli, Paolo Rossi. Ma l'Udc chiarisce di aver votato scheda bianca.Per il leader democratico Walter Veltroni l'elezione di Schifani è il segno che dal Pdl «non ci sono segni di una politica del dialogo. Per una legislatura dal carattere costituente - osserva - ci vuole la volontà politica di chi ha vinto e per ora non si è registrata». L'opposizione, comunque, «resta disponibile».