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Contro il cinismo


Intervista a Pier Luigi CelliDirettore generale della Rai dal 1998 al 2001, Pier Luigi Celli ha lavorato anche all'Eni, all'Omnitel, all'Olivetti e all'Enel. Quindi dell'industria italiana ne capisce qualcosa. Esce questa settimana un suo libro sull'argomento: Impresa e classi dirigenti (Baldini Castoldi Dalai editore)."Ho cercato", spiega Celli, "di dare al libro un taglio antropologico. Che riguarda non solo il capitale in senso economico ma anche il capitale sociale: i valori, i princìpi, i rapporti tra le persone".Il risultato è un libro molto particolare: filosofico più che finanziario. Parla, anche se non in termini espliciti, della condizione postmoderna: cinismo, novità incessanti, decadenza. E parla anche della televisione.Spiega Celli: "Il problema non è l'influenza della politica sulla televisione; il problema è il fatto che oggi si costruisce ogni cosa attraverso i media invece che attraverso i canali istituzionali. Tutto è mediatizzato e questo corrompe le menti. Ciò che si vede su uno schermo in maniera immediata ha sempre meno valore rispetto all'esperienza diretta e in questo modo si indebolisce la capacità di prendere le decisioni".Parla dell'"aria stagnante che attanaglia ogni dibattito politico", perché "la volontà principale è marcare i territori e le distanze reciproche, a riprova della tenace propensione a salvaguardare le posizioni acquisite e gli interessi di parte".Poi, come nei suoi altri libri, se la prende con il cinismo: il cinico, sostiene Celli, è un "perdente soddisfatto". Dice che esiste un cinismo buono e un cinismo cattivo: la differenza è tra "chi cerca di mantenere la propria integrità e chi vuole soltanto salvaguardare se stesso".