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Intervista a Rosy Bindi: "Appoggio Bersani"


Rosy Bindi, come le sembra il risul­tato elettorale? «Sconfitta con onore a Milano. Perdi­ta dolorosa di Prato. Recupero del Pd rispetto al primo turno delle ammini­strative. Forse è iniziata la fine dell’era Berlusconi; ma la destra è radicata nel paese, l’assioma per cui noi siamo ca­paci di governare mentre loro non han­no classe dirigente non è più sostenibi­le. Il Pd è vivo. Ma i toni trionfalistici mi sembrano davvero fuori luogo».Che giudizio dà della segreteria Franceschini?«La sua linea di competizione all’in­terno dell’opposizione era giusta. Non mi pento di averlo sostenuto. Ma sareb­be troppo generoso dire che il bilancio è positivo. Abbiamo perso quattro mi­lioni di voti e molte amministrazioni locali. Non me la sento di bocciare Franceschini, ma neppure di promuo­verlo ».Giuliano Amato vi chiede di evitare divisioni, e di rinviare le primarie.«E perché mai? Noi non ci stiamo di­videndo. Ci sarà una sana competizio­ne. Dopo due anni di prova, e dopo tre tornate elettorali concluse con una sconfitta, è tempo di decidere sul ruo­lo del partito, sulla sua identità, sul suo progetto di società. Per questo il Pd ha bisogno di un congresso vero e di primarie vere, non come quelle del­­l’altra volta».L’altra volta lei si candidò. Perché dice che non erano vere?«Per il motivo che indicai già allora: Veltroni era sostenuto da tutto e dal contrario di tutto. Infatti tentò di segui­re più di una linea politica, la propria e quelle degli altri. Abbiamo usato le pri­marie da apprendisti stregoni, rischian­do di buttarle via. Ora dobbiamo con­solidarle ad ogni livello e usarle bene. Io non mi candiderò, ma concorrerò con le mie idee a far emergere un nuo­vo segretario».Lei quindi sosterrà Bersani? «Sì. È un sostegno non improvvisa­to, bensì costruito e preparato nel tem­po; anche perché mi è stato richiesto. Sosterrò Bersani con un gruppo di per­sone che due anni fa appoggiò la mia corsa alle primarie, insieme abbiamo scritto un documento con le proposte che qualificano la nostra scelta».Proprio lei, prodiana e ulivista, si schiera con l’uomo di D’Alema?«A parte il fatto che sono un’estima­trice di D’Alema, anche se talvolta non ne condivido idee e fatti, Bersani è di Bersani. Sono testimone dell’autono­mia della sua candidatura e a Bersani chiedo proprio di fare la sintesi tra lo spirito dell’Ulivo e l’idea di partito radi­cata nella cultura politica italiana. Il Pd come lo intendo io è un partito davve­ro plurale».Ma perché non va bene il segreta­rio che c’è già? Perché non France­schini?«Perché Bersani mi pare più adatto a costruire un partito che si presenti co­me alternativo a questa destra, a rico­struire il centrosinistra, e a restituirgli la credibilità di una forza di governo. Non possiamo permetterci un partito che stia anni a bagnomaria. I voti si prendono se ci si presenta come un partito capace di aggregare e di gover­nare. E anche di porre con forza, nel momento più cupo del berlusconi­smo, la questione morale: sapendo che il conflitto di interessi l’abbiamo an­che dentro casa nostra».A cosa si riferisce? «Il voto ci ha rivelato più di un caso in cui il nostro modello di governo ne­gli enti locali è stato rifiutato dagli elet­tori. A cominciare dalla Campania».Franceschini propone un rinnova­mento del gruppo dirigente. E molti giovani, dalla Serracchiani in giù, gli sono vicini.«Non c’è dubbio che il nuovo segre­tario dovrà costruire il Pd con i giova­ni e per i giovani. Non dobbiamo avere timore di mettere al centro i grandi te­mi della sinistra: la dignità del lavoro, la mobilità sociale, l’uguaglianza, le nuove generazioni, e anche le donne, così umiliate dal comportamento del presidente del Consiglio. Ma dico no al nuovismo. Non si può dire 'tutti a ca­sa, tranne me'. Le novità non si inven­tano, né si costruiscono ad arte. Le no­vità emergono dalla battaglia politica, dall’esperienza, anche dagli errori e dalle sconfitte, non dalla scelta di volti accattivanti che vengono bene in tv; che poi così nuovi alla politica non so­no. Né mettendo in lista gente simpati­ca che passa per caso, come si è fatto alle elezioni del 2008. Franceschini è stato il vice di Veltroni; non può chia­marsi fuori da quella stagione».Lei è molto severa con Veltroni, che ora sta per rientrare in campo a due anni dal Lingotto. «Il suo ritorno non mi convince per­ché al Lingotto si è sbagliato tutto. Vel­troni di fatto si candidò a presidente del Consiglio, quando c’era già un pre­sidente del Consiglio del suo partito. E la 'vocazione maggioritaria' si è tra­sformata in vocazione alla solitudine».Bersani le ha chiesto anche di farle da vice?«No. Un altro errore di Veltroni fu il ticket. Non è in questa fase che si deci­dono queste cose».Anche Letta appoggia Bersani, a condizione che mandi in archivio la socialdemocrazia.«La socialdemocrazia è già stata ar­chiviata dalle elezioni europee. In Ita­lia poi un vero partito socialdemocrati­co non c’è mai stato, e da certi punti di vista è una fortuna. Piuttosto, nessuno pensi ora di fare la Cosa 4, cioè l’ennesi­ma evoluzione del partito storico della sinistra italiana».Però lei, cattolica, sostiene un uo­mo che viene da quella storia.«Proprio perché vengo dal cattolice­simo democratico, scommetto sulla contaminazione delle culture; come avevo fatto già due anni fa, quando la mia candidatura fu sostenuta da un gruppo che andava da Franca Chiaro­monte a Giovanni Bachelet. Voglio un partito che non si limiti a innestare il liberalismo sulla socialdemocrazia, ma sia il compimento dell’Ulivo. La diffe­renza la fa proprio la presenza dei cat­tolici ».L’accordo con l’Udc è indispensabi­le? Che farà Casini secondo lei?«Indispensabile è ricostruire un nuovo centrosinistra. Il Pd ha vinto con l’Udc, come a Bari e Torino, senza l’Udc, come a Bologna, e con l’Udc schierata dall’altra parte, come a Pado­va. Il Pd si deve porre il problema del centro e della sinistra; ma anche l’Udc si deve porre il problema del proprio futuro, fin dalle prossime regionali. Credo che Casini coltivi ancora il so­gno di essere protagonista di un cen­trodestra di tipo europeo, senza Berlu­sconi. Ma credo pure si stia rendendo conto che la fine di Berlusconi passa attraverso una sconfitta politica, che Casini può infliggergli solo alleandosi con noi. A quel punto vedremo se ri­nuncerà al suo antico sogno e se, accet­tando il bipolarismo, la presenza del­l’Udc nel centrosinistra sarà duratu­ra ».Per Berlusconi è davvero l’inizio della fine?«Il declino è cominciato, e credo lo sappia anche lui. Di sicuro lo sa il suo partito».E Prodi? Anche lui sosterrà Bersa­ni?«Il padre fondatore è una risorsa e un patrimonio per tutti. Da Prodi ci si attende un grande contributo di idee e di passione»