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Le vie del comunicare


Intervista a Anna Maria TestaPubblicitaria, scrittrice, docente di scienze della comunicazione, Anna Maria Testa è una figura leggendaria. Cerco di capire perché tutti i ventenni che conosco vogliono studiare comunicazione. "Anzitutto perché sembra portare verso un lavoro moderno e che ha a che fare con la televisione: siamo un paese innamorato della tv. E poi", ride, "sembra più facile di fare ingegneria".Ma gli altri studiosi snobbano un po' questa laurea? "Me ne sono accorta quando ho pubblicato un libro di racconti. L'obiezione dei critici era 'una pubblicitaria non può scrivere', che è come dire 'una prostituta non può fare la maestra'". E la sinistra vede questa disciplina con sospetto? "Più negli anni settanta, quando la pubblicità era vista come una cosa di destra. Oggi meno: si accetta che la comunicazione faccia parte del gioco dell'economia. La pubblicità non è più solo vendere saponette. Fanno pubblicità le chiese e le istituzioni. Inoltre la sinistra, che pensa di essere perfetta", ride ancora, "presume anche di comunicare benissimo. E usa il suo linguaggio contraddittorio con risultati disastrosi. Poi, l'idea che Berlusconi sia un mago della comunicazione! È l'orbo nella terra dei ciechi! Devo ammettere, però, che ha un talento straordinario nel semplificare. E nella comunicazione la complicazione spesso non funziona".Per chi voterà allora? "Io voto sempre a sinistra, spesso con terribili mal di pancia". Sono diverse le pubblicità altrove? "Gli arbitri del gusto sono gli inglesi, i loro spot sono ritenuti di eccellente qualità: ironia, paradosso, understatement. Quando noi pubblicitari italiani andiamo all'estero facciamo sempre una figura modesta".