Snorki sarai tu!

Lodo Alfano annullato


La giornata a Montecitorio per gli uomini del Pdl si era aperta con un brindisi. Si festeggiava quella che ormai era ritenuta una partita vinta, il Lodo sarebbe uscito dalla Consulta con qualche ritocchino da fare, ma nulla di più. Attesa una sentenza di mediazione, un colpo al cerchio ed uno alla botte. Poi, poco dopo le 13, il clima cambia drasticamente. La Corte sospende la camera di consiglio, i giudici vanno a pranzo. Trapela qualcosa. E improvvisamente cambia l’umore di tutti gli uomini del presidente. A partire dai suoi avvocati. Niccolò Ghedini sorride amaro, ricorda di non essere mai stato ottimista, di non aver mai avuto fiducia in quei giudici. 
Diversamente da Pecorella che invece si era lasciato andare a dichiarazioni positive. Poi ci pensa il previtiano Donato Bruno a dire che il verdetto sarà negativo. La voce inizia a circolare velocemente per Montecitorio e da Palazzo Chigi confermano: «Ce lo bocciano». Umberto Bossi è a pranzo con Fini. Entrando aveva minacciato la piazza contro il Palazzo, l’ira dei popoli. Poi, tra una portata e l’altra, viene a sapere dell’imminente bocciatura. Si placa. Esce e dice: «Né io, né Fini vogliamo le elezioni anticipate». Si svela così il bluff del Cavaliere. Nei giorni scorsi aveva fatto dire a tutti i suoi che senza Lodo ci sarebbero state le urne. Invece no, era solo una pressione nei confronti della Corte. Inutile.Berlusconi non dispone della legislatura. È ancora una prerogativa del Presidente della Repubblica, così come la nomina del presidente del Consiglio. Sostenere, come ha fatto Gaetano Pecorella, che l’articolo 92 della Costituzione è cambiato e che il premier è un «primus super pares» perché il suo nome è stampato sulla scheda elettorale, non ha aiutato. Di fatto si chiedeva di ratificare con sentenza costituzionale l’elezione diretta del premier introdotta in modo surrettizio con il «porcellum». Un sistema, quello del premierato, che ha portato non pochi problemi in Israele, come ha spiegato due giorni fa a un interessato Gianfranco Fini il presidente della Knesset Rivlin. Il Cavaliere adesso teme per il suo esecutivo. Rischia una condanna nel processo Mills e non può minacciare le urne. Ha perso la sua sfida alla Costituzione e per questo ne attacca il supremo garante, il presidente Napolitano.