Snorki sarai tu!

Fini-Berlusconi a pranzo tra ultimatum e minacce


Il primo ultimatum l’ha dato il Cavaliere. «Mi fai sempre il controcanto, basta remarmi contro...». Mentre Fini gli elencava gli «sgarbi» del Giornale, dello stesso premier o dei suoi fedelissimi, Silvio si è prodotto in uno dei più classici «o con me o contro di me» di un faccia a faccia che non prometteva trattati di pace. Rottura, quindi. Superabile o meno si vedrà nelle prossime 48 ore. Bocchino, che si è chiuso nello studio di Fini quando il premier ha lasciato Montecitorio, riporta ciò che il Presidente della Camera ha rinfacciato al Cavaliere: «Non è possibile che il co-fondatore e il co-leader del Pdl apprenda per ultimo di una bozza di riforma presentata in una cena tra canti e festeggiamenti per il figlio di Bossi e per Cota. Non è questo il metodo per costruire un grande partito...». «La Lega è un alleato strategico per le riforme», ha ribattuto Berlusconi. Se ne son dette da orbi. Senza che Berlusconi cedesse di un millimetro o desse «una ragione una» all’ex leader di An. «Se vuol lasciare il Pdl faccia pure, le porte sono aperte - ha commentato il premier con i suoi - Ma il bilancio politico si trae a fine legislatura, dopo le riforme. E se la maggioranza non è coesa meglio andare al più presto al voto e si vedrà lì se la gente sta con me o con Fini». Se il 15 aprile sarà ricordato come il giorno della scissione di un Pdl appena nato è ancora presto per dirlo. Nel centrodestra, però, c’è chi giura che «è interesse di Fini tenere aperta la conflittualità senza rompere», e che Berlusconi, alla fine, sarà costretto «a concessioni» perché «senza incassare risultati di governo e con il Carroccio che marca da vicino meglio evitare le urne». «RIENTRI NEI RANGHI» Ieri, però, è accaduto qualcosa di diverso dalle consuete sfuriate seguite dall’irritato ritrarsi di Fini. E la formalizzazione di un «coordinamento dei finiani» ne è prova evidente. Mentre dai piani alti della Camera si fa sapere che solo se il Cavaliere dovesse rispondere picche «alle questioni politiche poste da Gianfranco» si darebbe via libera alla fase due. Alla nascita, cioè, «di gruppi parlamentari autonomi» di deputati e senatori vicini a Fini. «Il presidente Berlusconi e il Pdl non debbono dare nessuna risposta - spiegano nei dintorni di Palazzo Chigi - è Fini che si è riservato di darla la prossima settimana». Rientra nei ranghi senza tentennamenti, questo - in sostanza- l’ultimatum del Cavaliere. Che a fronte delle indiscrezioni che fioccavano nel dopo pranzo di Montecitorio, si è affrettato a far smentire di aver richiesto le dimissioni del presidente della Camera. A dare ascolto ad altre ricostruzioni, tuttavia, al menù politico di ieri si è aggiunta la considerazione tutta berlusconiana che «gruppi parlamentari autonomi», contrasterebbero con il voto dato a Fini dal Pdl per lo scranno più alto di Montecitorio. «Se vai avanti su quella strada ti metti fuori dal partito», avrebbe esclamato - in realtà - il Cavaliere. La partita tra i cofondatori, in ogni caso, si gioca anche intorno al destino del governo ed è Berlusconi che sembra volerla drammatizzare facendo balenare il voto anticipato. «Quando una maggioranza si divide non resta che ridare la parola agli elettori», fa eco il presidente del Senato, Schifani. «Berlusconi deve governare fino al termine della legislatura», mette in chiaro Fini, delimitando gli ambiti del pranzo amaro di ieri. Nessun pretesto, quindi, perché Palazzo Chigi «parli d’altro» rispetto al chiarimento chiesto dal cofondatore: sui rapporti con la Lega, sull’accondiscendenza alle pretese di Bossi, sull’organizzazione del Pdl. BRACCIO DI FERRO Ma il Cavaliere sembra attratto dal braccio di ferro e mostra i muscoli sperando di vincere evitando, però, la rottura definitiva. Riunisce i coordinatori Pdl, tra essi l’ ex An La Russa, e trasmette l’ennesimo ultimatum per interposta persona. Gli italiani hanno premiato il governo con il voto - spiegano i tre all’uscita di Palazzo Grazioli - nasce da questo «la nostra profonda amarezza per l’atteggiamento di Fini che appare sempre più incomprensibile rispetto ad un progetto politico comune». Messaggio per «Gianfranco»: o ti adegui o te ne vai.