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Israele, vince Kadima


Vittoria di Kadima alle elezioni israeliane. Il partito fondato dall'ex premier Ariel Sharon, alla prima prova elettorale, ha conquistato la maggioranza relativa. A spoglio praticamente concluso (l'affluenza è stata del 63,2%, più bassa rispetto alle precedenti elezioni), Kadima ha ottenuto 28 seggi, i laburisti 20, gli ultraortodossi dello Shas 13, i nazionalisti russofoni di Israel Beiteinu (estrema destra) 12 e la destra rappresentata dal Likud 11. Ai partiti arabi vanno complessivamente 10 deputati così distribuiti: Hadash 3; Raam-Taal 4; Balad 3. Dati che hanno fatto proclamare la vittoria al primo ministro ad interim, Ehud Olmert. Anche se Kadima si ferma abbastanza lontano dall'exploit che tutti i sondaggi avevano pronosticato, attribuendogli come minimo trenta seggi o più. Il successo, comunque, assume un grande significato politico, visto che, di fatto, la consultazione popolare era diventata un referendum sul piano di pacificazione con l'obiettivo di fissare in via definitiva le frontiere fra Israele ed il futuro stato palestinese. E rivolgendosi direttamente al presidente palestinese Abu Mazen, per rassicurarlo sulla propria disponibilità a scendere a compromessi, Olmert ha tuttavia ammonito che, in assenza di un interlocutore che voglia la pace, Israele adotterà le proprie decisioni da solo. Olmert ha poi aggiunto di essere pronto a rinunciare "al sogno del Grande Israele" e a smantellare nuove colonie, per permettere la creazione di uno Stato palestinese. Ma, ha ammonito, i palestinesi devono essere pronti "a rinunciare al sogno di distruggere" Israele. "Se non lo fanno, prenderemo il nostro destino nelle nostre mani e agiremo senza il loro accordo. E' giunto il tempo di agire", ha affermato ancora Olmert.   Sul fronte interno, adesso si apre la fase di costituzione del governo. E la strada più probabile è un governo composto da Kadima, cui ha aderito anche l'ex leader laburista Shimon Peres, e dal Labour. Non a caso il capo dei laburisti Amir Peretz ha definito il suo partito come "l'asse centrale del prossimo governo".