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Fausto Bertinotti: «Daremo un governo stabile agli italiani»


Un fiume di domande per Fausto Bertinotti e centomila visitatori alla seconda videochat dell’Unità online moderata dal vicedirettore Rinaldo Gianola. La prima è sul clima di questa campagna elettorale, nella quale molti lettori trovano pochissimi riferimenti ai problemi concreti altri considerano anche «troppo gentleman» il segretario di Rifondazione nei confronti televisivi specie di fronte all’arroganza del premier.  «Sì è disarmante. Ci sono in effetti due campagne elettorali che sembrano persino incomunicabili. Una è la campagna elettorale così come appare nei mass media, nella radio, nella televisione che di fatto segue l’agenda dettata del presidente del consiglio. Oppure si può dire che è trascinata da questa crescita populista nell’impianto della politica di Berlusconi. Poi c’è una seconda campagna elettorale molto più intelligente ed è quella che avviene nel paese reale, negli incontri, nelle conversazioni, nelle iniziative. Questa è molto fatta sul bilancio della propria condizione di esistenza, individuale e collettiva da cui emerge un bisogno di cambiamento diffusissimo, che trascende persino i confini dell’appartenenza politica. Una parte delle persone è arrabbiata, una parte sbigottita, ma certo è che il consenso a questo governo appare ormai in caduta libera». Usciti dalla cappa berlusconiana ci sarà la possibilità di fare dell'Italia un laboratorio sociale di alternative democratiche? Oppure le spinte più avanzate su Pacs, immigrazione, legge sugli stupefacenti saranno normalizzate dalle forze più "centriste" dell'Unione?«Ci sono due aspetti da tenere sempre presenti. Uno è l’esigenza di portare alla sconfitta Berlusconi e le forze che lo sostengono e dare avvio a un nuovo corso. Questo è l’impegno che abbiamo sottoscritto tutti nell’Unione. Poi c’è un secondo aspetto, che non è in contrasto con l’unità delle forze della coalizione e riguarda il contatto nella società, nell’associazionismo con le forze più dinamiche del rinnovamento in una ridefinizione del ruolo della sinistra. Si tratta di raccogliere ciò che hanno seminato i movimenti da quello critico verso molti aspetti della globalizzazione a quello pacifista, ai popoli dell’ambiente che si sono espressi anche in Val di Susa e contro il Ponte sullo Stretto di Messina, alle esperienze delle comunità gay, lesbiche, transessuali e transgender che hanno rivendicazioni che hanno preso la forma dei Pacs. Sto parlando di tutta quella effervescenza di un paese che è cresciuto in questi anni in contrapposizione a Berlusconi e che le forze della sinistra, diversamente collocate tra loro, sono chiamate a dar voce». Lei come intende garantire la stabilità di governo e al tempo stesso la difesa dei principi della sinistra?«Le primarie non sono state solo un episodio bello. Devono diventare una forma di consultazione permanente. Dobbiamo in questo governare all’opposto del centrodestra. Il nostro deve essere come una casa aperta al dialogo e non come una torre d’avorio di sapienti». Come pensa di difendere noi operai italiani dalle concorrenza delle buste paga cinesi di due dollari al giorno ?«È un problema enorme, quello del potere d’acquisto che è precipitato negli ultimi cinque anni. Il potere retributivo degli impiegati è diminuito del 7 percento, quello degli operai con meno di 26 anni con contratti a tempo determinato è crollato del 15 per cento.I metalmeccanici hanno dovuto lottare un anno e mezzo per avere 110 euro lorde d’aumento. Un buon risultato, data la resistenza padronale nel concedere aumenti. A ciò si aggiunge un carico fiscale giudicato intollerabile sul lavoro, che non è ma comprende il problema del cuneo fiscale. Poi c’è una condizione generale della società di precarietà dei servizi che grava pesantemente sul salario complessivo. È un problema enorme che va affrontato con una politica di sostegno ai lavoratori e alle famiglie di lavoratori con l’introduzione di nuove politiche salariali e anche con l’introduzione del salario d’ingresso. Bisogna poi senz’altro favorire i marchi sociali in cui si certifica che la produzione è avvenuta senza sfruttamento dei minori, nel rispetto delle libertà sindacali. Altrimenti si rischia un dumping sociale. Inoltre bisognerà anche cambiare certi tipi di produzione, tra lavori materiali e immateriali, in rapporto con il territorio».