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Chirac: sì alla legge ma la cambieremo


Il coniglio uscito dal cilindro presidenziale non è stato di gradimento di studenti e sindacati. «Non siamo stati ascoltati», ha detto Bruno Julliard, presidente dell'Unione degli universitari. «La risposta di Chirac non è limpida. Non ha capito che noi non vogliamo negoziare il Cpe. Inevitabilmente il movimento si indurirà», ha concluso. «Manteniamo l'appello per il 4 aprile - ha detto Bernard Thibault, segretario generale della Cgt - perché Chirac è come de Villepin. Non c'è neanche l'accenno di una risposta alle nostre richieste, che poi erano una: il ritiro del Cpe». «La soluzione saggia e ragionevole - dichiarava il socialista Laurent Fabius - era di rinviare la legge al parlamento per una ridiscussione. Promulgandola, Chirac introduce un motivo di crisi supplementare: è ormai crisi sociale, democratica e anche istituzionale». Il segretario François Hollande era sulla stessa lunghezza d'onda: «Chirac ha reso complicato quello che era semplice: rimandare il Cpe in Parlamento». Da destra si aveva facile gioco nel respingere le accuse: «C'è un problema di democrazia - replicava Jean Louis Debré, presidente dell'Assemblea - che va rispettata: la legge è stata discussa, votata e dichiarata conforme alla Costituzione. La sua promulgazione è la naturale conclusione di questo iter. Ma Chirac ha dato prova di non essere affatto sordo alle inquietudini manifestate da così tanti giovani. Per questo sarà mia cura garantire un rapido e nuovo iter legislativo». Nicolas Sarkozy, da parte sua, rinnovava l'appello già lanciato al «compromesso» e al «senso di responsabilità delle organizzazioni sindacali». Da ministro degli Interni, teme che le prossime manifestazioni possano degenerare.