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Messaggi del 29/01/2013

Salvatore Sardo: Eni al primo posto fra le imprese più amate dai giovani laureati

Post n°730 pubblicato il 29 Gennaio 2013 da social.phinet
 

Eni best employer 2013. Nella classifica Best employer of choice 2013, l’indagine condotta da Cesop Communication sulle aziende più ambite dai neolaureati, Eni si conferma al primo posto. “I ragazzi sanno che lavorare per una realtà solida che permette di avere esperienze internazionali diventa una garanzia per la loro carriera”, spiega Salvatore Sardo, Chief Corporate Operations Officer di Eni.

Eni Best Employer of Choice 2013_Repubblica.it

Altro che “bamboccioni”. Oggi i giovani si laureano presto e bene sognando il posto fisso. Sanno perfettamente che per trovare un lavoro devono puntare tutto sull’eccellenza, perché la crisi non lascia scampo e la concorrenza è spietata. Chiedono stabilità, non solo contrattuale ma anche aziendale, motivo per cui preferiscono grandi realtà solide e sicure come Eni, Ferrovie dello Stato e Bnl - Gruppo Bnp Paribas.

Questo è quanto emerge dal Best Employer of Choise 2013, l’indagine condotta da Cesop Communication sulle aziende più ambite dai neolaureati. I giovani di oggi sono allergici alle piccole imprese e al lavoro autonomo, ma anche al settore pubblico che forse rappresenta un percorso troppo lungo e burocratico. Ed è stato loro il compito di dare le “pagelle” a 150 imprese: la prima della classe resta Eni, seguita da Ferrovie dello Stato, Bnl-Bnp Paribas (salita di undici posizioni in un anno), Apple e Banca d’Italia (entrambe quarte), Google e Mondadori (entrambe quinte). Perdono invece appeal sui laureati Intesa Sanpaolo (passata dal secondo al settimo posto), Ferrero, Enel, Ferrari, Roche e Angelini Farmaceutici. La scelta ricade dunque su multinazionali e grandi imprese italiane: «Ad essere premiate sono soprattutto le aziende che investono sui giovani assumendo - spiega il direttore della ricerca Giuseppe Caliccia – ma anche quelle che garantiscono maggiore stabilità contrattuale e di assetto aziendale e che forniscono opportunità formative più concrete rispetto ai competitor».

Proprio come Eni, presente in 85 paesi con 79 mila dipendenti in tutto: «Questi ragazzi conoscono bene la nostra azienda e sanno che, in un momento in cui tante certezze vengono meno, lavorare per una realtà solida che permette di avere esperienze internazionali diventa una garanzia per la loro carriera - spiega Salvatore Sardo, Chief Corporate Operations Officer di Eni – La percezione positiva che i neolaureati hanno di noi dipende anche dagli investimenti che facciamo sulla formazione (70 milioni di euro l’anno e 3,5 milioni di ore). Ormai sono tutti consapevoli che entrare in una azienda senza avere la possibilità di una formazione continua significa restare fuori dal mercato». Dunque solidità e formazione, ma non solo: «Eni assume 300-400 giovani laureati ogni anno - continua Sardo –. Tra l’altro, le assunzioni femminili sul totale sono passate dal 20% di cinque anni fa al 23% attuale, con l’obiettivo però di arrivare al 28%”.

Oltre alla solidità dell’azienda, a fare la differenza sono anche le strategie di comunicazione e di employer branding, come ha dimostrato la scalata in classifica di Bnl–Gruppo Bnp Paribas (2 miliardi e 400 milioni di euro di fatturato in Italia nei primi nove mesi del 2012 e circa 13.500 dipendenti): «Negli ultimi due anni abbiamo sviluppato una relazione diretta con i giovani, con focus su canali social, attività innovative e dedicate all’orientamento al lavoro e job meeting nelle università», sottolinea Stefano Colasanti, responsabile organici, costi, mobilità e recruiting Direzione Risorse Umane di Bnl. Oltre a questo la banca ha lanciato i “Recruiting Day Bnl”, ovvero giornate durante le quali i candidati entrano in banca e sostengono prove e colloqui. Alla fine, i migliori ricevono una lettera d’impegno di assunzione: «Siamo arrivati alla settima edizione, con 300 partecipanti dei quali 150 assunti». E poi: «Noi puntiamo sempre a scovare i talenti. Quello che chiediamo in più ai giovani - conclude Colasanti - è un’ottima capacità di reazione e di adattamento».

Ma l’impresa che ha scalato più posizioni in assoluto è Unilever (14 in tutto, arrivando settima), azienda internazionale di beni di largo consumo che opera anche in Italia, dove ha 3 mila dipendenti e un fatturato di 1,1 miliardi di euro nel 2011: «Per noi è una bella sorpresa perché premia tutto il lavoro fatto negli ultimi anni – dice Constantina Tribou, Human Resources Vice President Unilever Italia, Grecia e Portogallo - Abbiamo implementato la nostra strategia di comunicazione rendendola più chiara e ampliato anche l’employer branding. In particolare, siamo andati più spesso nelle università per farci conoscere illustrando alcuni progetti come l’Agile Working, ovvero permettere ai dipendenti di organizzare le ore di lavoro in base alle loro esigenze per ottenere risultati più efficaci, come nel caso delle madri. Alla fine, i ragazzi apprezzano la nostra meritocrazia nello sviluppo delle persone, le politiche di Work Life Balance, ma anche il carattere internazionale dell’azienda ». E le assunzioni? «Per vincere in un mercato in crisi, noi cerchiamo i migliori talenti e puntiamo a farli crescere». Nel grafico qui sopra, a graduatoria delle imprese più richieste dai giovani laureati sia nel 2012 che nel 2011, con i relativi cambiamenti di posizione.

FONTE: Repubblica.it

 
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Paolo Scaroni Mozambico: scommessa vinta in Africa orientale (NyTimes)

Per l’amministratore delegato di Eni, Paolo Scaroni, le scoperte sono giunte dopo cinque anni di studi di Eni nell’Africa dell’Est, dove si era finora trovato poco gas e altrettanto poco petrolio. “Pur essendo il Mozambico un paese giovane, ci è sembrato che le possibilità di trovare qualcosa fossero ragionevoli, circa del 20 per cento”, ha detto Scaroni nel corso di un’intervista a Milano. “Ovviamente è una situazione di alto rischio/alto rendimento”.

 

Richard Carson/ReutersPaolo Scaroni è l’amministratore delegato di ENI SpA, che ha trovato grandi campi di gas naturale in Mozambico, nell’Africa orientale.

Richard Carson/Reuters
Paolo Scaroni è l’amministratore delegato di ENI SpA, che ha trovato grandi campi di gas naturale in Mozambico, nell’Africa orientale.


MILANO — In una zona appartata di un edificio alla periferia di Milano c’è la “stanza del nirvana”, così chiamata, forse, per le buone notizie che cela. Qui, i geologi che lavorano per Eni, l’azienda petrolifera italiana, inforcano gli occhiali 3-D per contemplare le immagini fluorescenti delle formazioni geologiche sotterranee, cercando di scoprire quale potrebbe meritare delle perforazioni esplorative da decine di milioni di dollari.

 

Lo stato d’animo in Eni è stato prossima al nirvana ultimamente, dopo alcune preziose intuizioni dei suoi ricercatori. A partire dal 2010, Eni e una società concorrente, la Anadarko Petroleum, con sede a Houston, in Texas, hanno realizzato una serie di scoperte al largo del Mozambico, nell’Africa orientale, che si aggiungono alla più grande scoperta in termini di gas naturale degli ultimi anni, equivalente a circa 16 milioni di barili di petrolio.

Eni controlla la quota più grande delle scoperte in Mozambico, con il 70 per cento di una zona off shore nell’Oceano Indiano chiamata Area 4, in quello che è noto come bacino di Rovuma.
L’amministratore delegato di Eni, Paolo Scaroni, ha detto che le scoperte sono giunte dopo cinque anni di studi di Eni nell’Africa dell’Est, dove si era finora trovato poco gas e altrettanto poco petrolio. Quando il Mozambico rese disponibili le zone di ricerca, nel 2006, Eni vinse la gara d’appalto e ebbe quella che voleva.

Ora la sfida è quella di sfruttare appieno questa opportunità. Per farlo, la società dovrà aiutare il Mozambico a gestire la transizione nel diventare un importante paese esportatore di energia. Inoltre, la costruzione di impianti da miliardi di dollari in zone isolate, dove trasformare il gas naturale in liquidi da trasportare su apposite navi dedicate, metterà alla prova le capacità di Eni.
Attualmente, quello della ricerca di gas naturale e di petrolio è un settore pieno di rischi geopolitici oltre che geologici, come ha dimostrato chiaramente il recente attacco e la cattura di ostaggi in un impianto in Algeria. Eni è consapevole, come lo sono tutte le aziende europee che lavorano nel settore dell’energia, dei pericoli che comporta l’instabilità politica del Nord Africa, considerando le sue notevoli attività in Algeria e in Libia.

Almeno per ora, tuttavia, il Mozambico non è uno dei paesi africani più problematici. E comunque, le compagnie petrolifere tendono a seguire le opportunità ovunque ne trovino.
“Pur essendo il Mozambico un paese giovane, ci è sembrato che le possibilità di trovare qualcosa fossero ragionevoli, circa del 20 per cento”, ha detto Scaroni nel corso di un’intervista a Milano. “Ovviamente è una situazione di alto rischio/alto rendimento”.

Dopo l’annuncio dato da Anadarko, un’azienda indipendente statunitense, di una scoperta in un tratto adiacente, Eni, che si preparava a trivellare in’altra parte dell’area a lei assegnata, decise di mettere il suo primo pozzo nei pressi del tratto di competenza di Anadarko.

Scaroni, laureato presso la Columbia Business School di New York con un master in gestione aziendale, ottenne l’incarico più importante in Eni nel 2005 dopo aver speso una buona parte della sua carriera all’estero e in settori diversi da quello petrolifero. Ha gradualmente riorganizzato l’azienda facendone qualcosa di più che una macchina per la ricerca e la produzione di petrolio e di gas naturale e qualcosa di meno rispetto al pesante conglomerato statale di imprese che arrancava al secondo livello tra i giganti petroliferi globali..

Scaroni, che ha 66 anni, ha anche il delicato compito di mantenere i rapporti di Eni con un gruppo di paesi ospiti tanto ricchi di combustibili fossili quanto problematici come Iraq, Libia, Russia, Venezuela e, in Africa, l’Angola e la Repubblica del Congo. Si reca regolarmente in luoghi come Baghdad o Brazzaville, dove altri dirigenti esitano ad andare.
Nel corso dell’intervista, aveva in mente il giacimento di Zubair in Iraq. “Abbiamo un’azienda con 150 espatriati in Iraq, con un grande sforzo per la sicurezza, e il risultato economico per noi è minimo, dato che siamo pagati 2 dollari a barile”, ha detto. “A volte ci chiediamo: ne vale la pena?”

Eni è il più grande produttore straniero di petrolio e gas tanto in Algeria che in Libia. I dirigenti dell’Eni dicono di essere rimasti sorpresi e colpiti da ciò che è accaduto a BP e a Statoil, partner nell’impianto algerino recentemente attaccato, e stanno a loro volta aumentando le proprie misure di sicurezza. Dicono che l’Eni ha già un numero consistente di militari nel perimetro dei suoi siti algerini, mentre in apparenza non c’erano soldati assegnati all’impianto di In Amenas che ha subito l’aggressione.

Fin qui, Scaroni ha guidato senza problemi l’Eni facendole attraversare la caotica transizione libica dal regime del colonnello Mu’ammar Gheddafi al nuovo governo ancora alla ricerca del proprio equilibrio. A differenza della maggior parte delle altre compagnie petrolifere, Eni ha prosperato sotto il regime di Gheddafi, creando nuovi giacimenti e costruendo un impianto da 9 miliardi di dollari a Mellitah, a ovest di Tripoli, per trasportare il gas naturale sotto il Mediterraneo.

Scaroni si affrettò ad andare a Bengasi nell’aprile del 2011 per incontrare la leadership dei ribelli, ancor prima della caduta del colonnello Gheddafi. Da allora, Eni ha ripreso la maggior parte della sua produzione libica, che rappresenta il 14% della sua produzione di petrolio e di gas naturale.

Scaroni sa, però, di non potersi sentire soddisfatto. Il giacimento di Wafa, un importante sito dell’Eni in Libia, si trova a 35 chilometri, 0 22 miglia, ad est di In Amenas. I libici hanno un particolare incentivo a proteggere il giacimento, che tiene accesa l’illuminazione in quel paese, e produce il 50% del gas che alimenta gli impianti elettrici libici.
Nell’ottenere subito un accesso in Mozambico, l’Eni ha battuto altre grandi compagnie petrolifere che sono rimaste fuori dal paese, che pure è stato protagonista di quattro su cinque dei più grandi ritrovamenti avvenuti l’anno scorso a livello mondiale.

“Ci siamo persi l’Africa orientale”, ha lamentato in una recente conferenza Mike Daly, direttore delle ricerche della BP. “Gli uomini dell’Eni sono quelli che hanno avuto più successo in quella zona”.

Con i ritrovamenti in Mozambico, e quelli nel mare di Barents e al largo dell’Indonesia, Scaroni ha un ampio margine di manovra per fare ciò che uno dei grandi azionisti dell’Eni, la Knight Vinke Asset Management, un gestore di fondi attivisti con sede a Monaco, ha raccomandato: concentrarsi sull’esplorazione e la produzione e liberarsi degli altri assets.

FONTE: Nytimes.com

 
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