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2.La simbologia biblica del fuoco


Il fuoco come elemento reale o simbolico è costantemente presente nelle narrazioni delle grandi teofanie dell’Antico Testamento. Quando Dio discende sul Sinai per rivelarsi e donare le sue leggi a Mosè, l’evento avviene in uno sconvolgente scenario della natura. L’autore ispirato, per rendere l’idea dell’avvenimento, non trova di meglio che appellarsi a tre fenomeni: il terremoto, la tempesta e l’eruzione vulcanica: «Vi furono tuoni, lampi e una densa nube; il monte Sinai era tutto fumante, perché su di esso era sceso il Signore nel fuoco e il suo fumo saliva come il fumo di una fornace: tutto il monte tremava molto» (Es19,16.18). Dio inoltre interviene prodigiosamente con un segno di fuoco nell’offerta dei sacrifici per esprimere il gradimento: così nel sacrificio offerto da Abramo (Gn15,17), da Gedeone (Gdc6,21), da David (1Cor21), da Salomone (2Cor7), da Elia (1Re18,38); come la fiamma consuma l’oblazione, così Dio accetta l’omaggio dell’offerente. Il fuoco diventa il segno della benevolenza con la quale Dio visita l’uomo e lo accoglie nella sua amicizia. Talvolta il fuoco è simbolo della misteriosità, grandezza e trascendenza divina. Così quando Ezechiele è chiamato alla missione profetica ha una visione di Dio, il quale gli appare circondato da fuoco da ogni parte e tutto risplendente (Ez1,26-28). Anche la visione riservata a Daniele è assai misteriosa: appare un solenne vegliardo con una veste candida come la neve e i capelli bianchi come la lana (indice della trasparenza e dell’appartenenza alla sfera celeste), il suo trono è costituito da «vampe di fuoco con ruote come fuoco ardente. Un fiume di fuoco scende dinanzi a lui» (Dn7,9-11). La descrizione solenne e impressionante della visione e la ripetizione del termine “fuoco” confermano la misteriosità di Dio: Dio non ha lineamenti come d’uomo, non ha figura o sembianze verificabili, non lo si può rendere in immagine. Egli è l’essere misterioso, trascendente, invisibile, inaccessibile. La santità di Dio trova in questo elemento igneo il simbolo di tutte le espressioni e le forme di purificazione richieste all’uomo. È pur vero che è soprattutto l’acqua che lava e purifica, ma è altrettanto vero che il rito della semplice abluzione non basta, occorre il fuoco, perché l’acqua può asportare le macchie, le scorie, le deturpazioni, ma non riesce a distruggere il peccato. Di qui la necessità del fuoco che simboleggia l’intransigenza di Dio nei confronti del male e del peccato e che risulta come una potenza irresistibile e distruttrice. Ed è proprio la tradizione deuteronomistica a evidenziare, prima d’ogni altro, la portata simbolico-religiosa del fuoco in questa particolare ottica: «Il Signore tuo Dio è fuoco divorante, un Dio geloso». (Dt4,24). Il profeta Isaia si fa portavoce della collera di Dio per i peccati del popolo e ricorre alla metafora del fuoco divoratore: «(Egli) brucia l’iniquità come fuoco, che divora rovi e pruni, divampa nel folto della selva, da dove si sollevano colonne di fumo. Per l’ira del Signore brucia la terra e il popolo è come un’esca per il fuoco» (Is9,17-18). Il fuoco infine simboleggia il giudizio inappellabile di Dio, il quale raggiunge il peccatore incallito, che non vuole retrocedere dalla via della perdizione. «La Rivelazione esprime così quel che può essere l’esistenza di una creatura che rifiuta di essere purificata nel fuoco divino». In questo contesto drammatico, i profeti si presentano come appassionati messaggeri del giudizio escatologico: «Si, ecco, sta per venire il giorno rovente come un forno» annuncia il profeta Malachia. «Allora tutti i superbi e tutti coloro che commettono ingiustizia saranno come paglia, quel giorno venendo li incendierà in modo da non lasciar loro né radice né germoglio» (Ml3,19). Il giorno del giudizio del Signore sarà «come il fuoco del fonditore» (Ml3,2;Sof1,18), che «purifica come si purifica l’argento e prova come si prova l’oro» (Zc13,9), sarà «come fuoco che mai si spegnerà» (Is66,24).