Creato da valentina.g il 20/06/2007
Informazioni per tesi su Sogliano al Rubicone (tesi conclusa con successo in Architettura)
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Il carattere dei romagnoli

"Il Romagnolo ricorda, per molti tratti del suo carattere, il cittadino del Comune.
I Romagnoli sono voraci mangiatori dotati di stomaci formidabili, amanti dei pranzi succulenti e delle buone libagioni, non meno attivi nelle funzioni amorose, come testimoniano i matrimoni spesso celebrati in età molto giovanile e, non di rado, per legalizzare nozze già consumate di fatto.
Il linguaggio rozzo e triviale, modi brutali, tendenza agli scherzi grossolani, suscettibilità traducentesi nel frequente ricorso alla violenza muscolare, impulsività sono tutte espressioni di una certa primitività, tanto spontanea quanto incontrollata.
Non mancano tuttavia, le qualità francamente positive: il coraggio personale, la laboriosità, il vivo senso dell'ospitalità, il carattere franco, aperto, allegro."
G. Ferrerò (1893)

 

 

Post N° 97

Post n°97 pubblicato il 12 Novembre 2007 da paola.pieri
 
Foto di valentina.g

via pietra dell'uso: vista di Montetiffi

 
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Post N° 96

Post n°96 pubblicato il 12 Novembre 2007 da paola.pieri
 
Foto di valentina.g

Pietra dell'Uso

 
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Santi in romagna

Post n°95 pubblicato il 12 Novembre 2007 da paola.pieri
 
Tag: LIBRI

Mario Tabanelli: Santi, Orazioni e Santuari in Romagna

[Per un esposizione completa e particolareggiata di tutti i santi venerati in Romagna si veda Umberto Foschi: la poesia popolare religiosa in Romagna]

 

S. Romualdo: nato da nobile famiglia a Ravenna nel 907 (oppure 951), da giovane vide il padre Sergio, uomo violento, uccidere un cugino. Ne fu colpito e si rifugiò nell’abbazia di Classe imponendosi 40 giorni di penitenza, successivamente si fece monaco di San Benedetto. Fu nel Veneto sotto la guida del rigido monaco Marino; e venne presentato al doge Orseolo che restò affascinato dalla sua parola. Andò in Spagna ove fece proseliti, e poi in Russia. Tornato in Italia ed eletto abate di Sant’Apollinare in Classe fondò alcuni monasteri fra i quali quello dell’isola del Pereo (Sant’Alberto) a nord di Ravenna, e l’altro più conosciuto di Camaldoli sulle montagne del Casentino che fu il primo dell’ordine benedettino camaldolese. La tradizione vuole che San Romualdo, saputo che nell’eremo di San Michele di Verghereto i monaci conducevano una vita non castigata si recò ivi per richiamarli all’ordine; ma questi lo fecero bastonare sì che egli tornò nei suoi passi. Scomparve a 120 anni nel monastero di Val di Castro nel 1027. San Pier Damiano ne scrisse la vita. La sua festa ricorre il 7 febbraio o il 19 giugno.

 

Santi particolarmente venerati in romagna

S. Giuliano, patrono di Rimini, protegge i pellegrini
Santa Barbara: patrona dei minatori
Santa Caterina

San Lorenzo, quello rapito nella culla
San Cristoforo (nella dizione romagnola è diventato Santo Stefano): traghettatore
San Martino (legato a Tours)
Sant’Antonio Abate: rappresentato con animali o maiali. Col grasso di maiale curava l’herpes zoster, detto anche fuoco di Sant’Antonio
Santa Eurosia: venerata nella vallata del rubicone ed è invocata dai contadini contro i temporali

Accanto alla Madonna del Monte a Cesena c’era un ospizio per pellegrini

Orazioni: espressioni più pure e ingenue della religiosità dei romagnoli. Traggono origine dalle laudi o da quei misteri medievali che nel 1200 e nel 1300 furono diffusi dalle compagnie degli ordini religiosi Disciplinati.

Romito di Santa Maria: orazione del pellegrino di bassa romagna:

Rumì, rumì ‘d Santa Marêia
Chi mi dà la bona veia
Bona veia e bona andî,
chi mi dà la bona stré
chi mi dà la sanité?
La sanité u m’la dà Idio
Parché a j epa e’timor di Dio.
La Madôna la v’abraza
La vi dà la su man dreta
Parché a siva banadeta
Banadet l’é San Pir
Ch’l’à al cev d’arvir e’ zil
E’ zil us va arvend
La Madôna la va ciàmend
E su fiol in Gerusalem
Chi c’la sa e u la dis tré volt
Int un fié
E paradis l’à guadagné

 
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Post n°94 pubblicato il 03 Novembre 2007 da paola.pieri
 
Foto di valentina.gMontetiffi: l'ombra dell'abbazia sul podere "la teglia"
 
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S. Ellero e il suo monastero

Post n°92 pubblicato il 29 Ottobre 2007 da paola.pieri

S. Ellero e il suo monastero, di F. Zaghini, Cesena 1988, in Studia Ravennatensia 3
La potente abbazia bidentina era l'unica posta tra Ravenna e Firenze, prima che le fondazioni Romualdine e Gualbertiane trasformassero l'appennino in una sorta di res publica monastica; aveva probabilmente costruito vari ospizi per i suoi monaci in viaggio e per i pellegrini che transitavano lungo la direttrice appenninica che andava da Ravenna a Firenze (Galeata, Campigna, Casentino, Val d'Arno).
La fondazione del monastero è dovuta a S. Ellero nel VI secolo; successivamente il complesso crebbe e si organizzò fino ad avere alle sue dipendenze diverse curtes, massae, fundi. Dal momento che la sede vescovile era distante viene costruita una cappella nel piccolo borgo di Galeata, che diventerà la pieve di San Pietro in bosco.
Nel VII secolo i longobardi avevano ormai in loro potere l'esarcato e intendevano avvicinarsi al ducato romano; il pontefice Stefano II sentendosi minacciato invoca l'aiuto di Pipino il breve re dei Franchi. Ne consegue un attrito fra il papa e l'arcivescovo di Ravenna, che nega accoglienza a Stefano di ritorno dalla Francia. Il pontefice viene accolto a S. Ellero dal vescovo di Forlimpopoli: per ripagarlo lo nomina abate di S. Ellero, ma al contempo, rivendica a Roma la giurisdizione di tale monastero. Negli anni seguenti la giurisdizione viene restituita a Ravenna, ma S. Ellero acquista un'importanza anche politica crescente.
Nel IX secolo il monastero accoglie la regola benedettina e incrementa gli scambi e le relazioni con città anche molto lontane.
Nel X secolo gli Ottoni rafforzano il potere della chiesa ravennate e ne sanciscono il dominio sulla Romagna. Per le dipendenze dell'abbazia si veda l'opera del Mambrini: Galeata nella storia e nell'arte (1973).
Già nel XI secolo emerge la difficoltà dei monaci di gestire questa complessa realtà economica, sociale, politica e militare e si fanno avanti ricche famiglie di laici, che si ritagliano anche sfere di dominio diretto. Nello stesso tempo le riforme di Romualdo inducono i monaci a rendere più austera la loro vita e accolgono la regola cluniacense.
Nel XIV secolo iniziano i primi segni di decadenza, dovuti all'istituto della commenda e alla nascita delle signorie rinascimentali, tra le quali quella di Firenze in particolare va ad assorbire gran parte dei possedimenti dell'abbazia. Nemmeno il riconoscimento di giurisdizione vescovile all'abate può ormai frenarne la crisi.

 
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