Creato da valentina.g il 20/06/2007
Informazioni per tesi su Sogliano al Rubicone (tesi conclusa con successo in Architettura)
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Il carattere dei romagnoli
I Romagnoli sono voraci mangiatori dotati di stomaci formidabili, amanti dei pranzi succulenti e delle buone libagioni, non meno attivi nelle funzioni amorose, come testimoniano i matrimoni spesso celebrati in età molto giovanile e, non di rado, per legalizzare nozze già consumate di fatto.
Il linguaggio rozzo e triviale, modi brutali, tendenza agli scherzi grossolani, suscettibilità traducentesi nel frequente ricorso alla violenza muscolare, impulsività sono tutte espressioni di una certa primitività, tanto spontanea quanto incontrollata.
Non mancano tuttavia, le qualità francamente positive: il coraggio personale, la laboriosità, il vivo senso dell'ospitalità, il carattere franco, aperto, allegro."
G. Ferrerò (1893)
Sogliano al Rubicone, teatro comunale
Opportunità di sviluppo e riqualificazione dei centri minori: l'apporto dell'Albergo Diffuso
Presentazione [Paolo Lucchi, Enzo Baldazzi]
Nel giugno scorso la regione ha accolto l'Albergo Diffuso, una forma di turismo innovativa che richiede un impegno imprenditoriale e dell'amministrazione comunale, soprattutto nei turismi non maturi. Con la delibera regionale 916 sono stati approvati gli standard da rispettare in ossequio alla legge 16, che andranno verificati dopo un breve periodo di prova.
In Italia i piccoli comuni rappresentano il 72% delle amministrazioni comunali.
In Emilia-Romagna sono 160 i comuni, inferiori ai 5000 abitanti, che possono avere le referenze per realizzare un albergo diffuso; 15 di questi sono nella provincia di Forlì-Cesena: Borghi, Civitella, Dovadola, Galeata, Modigliana, Montiano, Portico e S.Benedetto, Premilcuore, Rocca San Casciano, Roncofreddo, Santa Sofia, Sarsina, Sogliano, Verghereto, Tredozio.
Giancarlo Dall'Ara
L'albergo diffuso è un progetto di sviluppo di un territorio.
E' un albergo "orizzontale", composto di strutture preesistenti, distanti meno di 300 m l'una dall'altra (in modo da dare la possibilità di vivere l'albergo), che vengono messe in rete; ma questo non è sufficiente. E' un albergo, quindi deve avere almeno 7 camere e devono essere presenti i relativi servizi: accoglienza, assistenza, spazi comuni. La gestione inoltre deve essere unitaria.
E' un'offerta turistica tipicamente italiana, che trova le sue radici nella locanda medievale e nell'ospitalità della casa romagnola.
E' una forma di turismo che inevitabilmente comporta diseconomie, ma non provoca speculazioni immobiliari.
Sii adegua ad una domanda che è cambiata: il turista oggi cerca sempre più esperienze autentiche, e non pacchetti standardizzati (vedi ricerca dell'IPK per la regione Emilia-Romagna, in cui si cerca di definire le nuove aspettative dei turisti stranieri in Italia). L'offerta deve essere elastica, per valorizzare le peculiarità di ogni territorio. Per avere successo è importante che il gestore sia in linea con le richieste del mercato e che dia una forte personalizzazione alla propria struttura, in modo che attiri ospiti a lui affini; se riesce a creare quindi una nuova domanda di offerta riesce a lavorare 12 mesi all'anno.
L'albergo diffuso vuole essere quindi una struttura compatibile e sostenibile, vuole valorizzare le peculiarità di un territorio, e per fare questo la "risorsa umana" ha un ruolo chiave.
Laura Schiff
Nella domanda turistica si sta verificando l'aumento dei viaggiatori, dovuto anche alla globalizzazione del mercato; vi sono nuovi player dell'offerta, nuovi standard, nuovi turismi; si assiste ad un boom up territoriale e a maggiori complessità territoriali.
L'Emilia-Romagna, in questo quadro, viene percepita come un territorio caratterizzato da qualità di vita e dal gusto dei piaceri. Questo si riflette sugli standard turistici della regione. Occorre riprogettare attraenza, e non solo posti letto. Siamo di fronte ad un "umano racconto" e dobbiamo essere "la dolce vita".
L'accoglienza deve combinarsi con l'identità del territorio e deve offrire sicurezza, alta qualità di vita, efficienza delle infrastrutture e degli aereoporti, qualità urbana e ambientale. Il turismo del futuro dunque salvaguarda e valorizza l'ambiente, propone un'offerta integrata e autentica, è più accessibile, sicuro, a misura d'uomo, con più glamour e meno nevrosi.
Il percorso legislativo della regione in ambito turistico:
- legge regionale del 1984 n 38: turismo = reddito
- legge regionale del 1993 n 3: turismi (al plurale) = reddito
- legge regionale del 2002 n 48: sviluppo sostenibile, vocazioni turistiche, diversificazione dell'offerta
Fino al 1989 quando si parla di ricettività si parla di alberghi, ristoranti, campeggi.
Dal 1990 si parla anche di qualità urbana e ambientale, mentre dal 2005 si inizia a parlare di turismo dell'emozione.
Programmi regionali di riqualificazione:
- 1992/98: per la qualità urbana (verde pubblico, arredo urbano, piste ciclabili, parcheggi, sentieri montani) sono stati dati dalla regione 300.000.000 di euro, di cui 30.000.000 alla provincia di Forlì-Cesena.
- 2000: quattro temi (verde pubblico costa e terme, linea gotica, rocche e castelli, luoghi verdiani) e programmi speciali d'area (foreste casentinesi, ...)
- Oggi: turismo accessibile (progetto C.A.R.E.)
certificazione di qualità ISO-14000
bandiere arancioni TCI
gestione ecologica costa (progetto LIFE)
circuito terre malatestiane del montefeltro
circuito paesaggi d'autore
borghi fioriti
Progetto interregionale di sviluppo turistico L. 135/01
Maurizio Droli
L'albergo diffuso è un territorio, è la sua qualità.
Ha bisogno di una cooperazione tra pubblico, privato, volontariato, associazioni di categoria; inoltre è importante la sussidiarietà orizzontale, tra persone.
E' un'offerta che possiede attrattività economica e ha fascino per i buoni risultati a fronte di piccoli investimenti. Ultimamente se ne è parlato in molte riviste di settore.
- Conoscenza: è una tipologia di offerta riconosciuta dall'Unione Europea. Occorre far conoscere i risultati che si possono ottenere e i vantaggi provenienti dalle rotte low cost, che rendono globale la possibilità di domanda.
- Sensibilità locali: qualità del vivere in un piccolo paese; specialmente chi vive nelle grandi città apprezza il silenzio, i colori, i profumi, la limpidezza del cielo, e altre caratteristiche che non può trovare dove abita. Questo tipo di domanda cresce in modo esponenziale.
- Negli ultimi anni è aumentato esponenzialmente il numero di "alberghi diffusi", anche se pochi di loro possono veramente dirsi tali. Si assiste ad una polarizzazione dell'offerta: i turisti cercano sempre più o il lusso, o l'economicità.
- Remuneratività degli investimenti: nel borgo devono esserci anche ristoranti, negozi, ...
- Comunicazione efficace nei gruppi di lavoro; spesso è difficile ragionare di obiettivi. E' importante il concetto di utili perduti.
- Dimensionamento della struttura: è possibile individuare il numero giusto di camere in fase di progettazione con il calcolo del fatturato potenziale.
- Unicità: occorre svilupparla ovunque esiste e "vendere" tutto quello che c'è nel territorio; bisogna trovare l'identità del luogo.
- Per funzionare non deve portare via clienti alle altre strutture ricettive, ma deve creare una domanda nuova, potenziale.
- L'albergo diffuso è equo: coinvolge un gran numero di operatori e distribuisce a molti buona parte del reddito prodotto.
- L'albergo diffuso è sostenibile quando crea servizi aggiuntivi per i residenti.
- Organizzazione: tra l'albergo e il tour operator; l'albergo diffuso deve contrattare ogni cosa con operatori e collaboratori. Sono necessarie nuove competenze.
- Tecnologia: per gestire il rapporto con i soci occorrono nuovi software, diversi da quelli dei normali alberghi, strumenti più flessibili, che ancora non esistono.
- Occorre migliorare la gamma dei servizi offerti senza incidere sui costi fissi.
- Il suo tallone d'Achille può essere individuato nelle fasi di collaborazione e cooperazione.
- L'albergo diffuso è una fucina di metodi nuovi.
- L'albergo diffuso è improntato al "just in time".
Esempi di alberghi diffusi
- Locanda Senio (FI)
Il proprietario della struttura considera il suo albergo diffuso come una casa.
L'Italia ha una storia millenaria che deve essere valorizzata nell'offerta turistica, per farla conoscere. Se non si fa aggregazione, rete, non si riesce a fare turismo per tutto l'anno.
E' importante che il borgo sia abitato e che ci siano strutture come bar, edicola, il medico, e altri servizi che non fanno parte dell'albergo diffuso.
- Al Vecchio Convento (FC)
Anche questo proprietario considera l'albergo come la sua casa. Ci sono il ristorante, le stanze comuni per gli ospiti e altri servizi. Inoltre ha un accordo con alcuni abitanti del territorio che mostrano ai turisti le attività tipiche del luogo.
- Casa Oliva (PU)
L'ospitalità non si fa solo con un buon ristorante, una buona camera; occorre offrire al turista attività da svolgere durante la giornata, e collegare le diverse peculiarità del territorio, con un misto di tradizione e innovazione; cercano di creare rapporti con i festival e le sagre dei dintorni (anche della costa).
I clienti dell'albergo sono soprattutto stranieri.
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LA LINEA E LA RETE
Formazione storica del sistema stradale in Emilia-Romagna
di Pier Luigi Dall'Aglio e Ilaria Di Cocco
I PRECEDENTI DELLA VIA EMILIA
"La strada, così come la intendiamo noi, cioè un qualcosa costruito dall'uomo con il preciso intento di unire due località tra loro lontane, è soprattutto un portato dell'età romana, anche se comunque delle strade dovevano già esistere nelle epoche precedenti e soprattutto in quel periodo che vede la presenza etrusca nella pianura dell'Emilia-Romagna. Prima, più che di strade è meglio parlare di piste e sentieri, cioè di percorsi aperti dal continuo passaggio, ma con tracciati soggetti a mutare nel tempo in seguito a eventi atmosferici come, per esempio, piene, o all'innesco di fenomeni di dissesto, per esempio frane e impaludamenti.
Per quanto riguarda il periodo etrusco, per il quale è possibile supporre la presenza di strade, i dati archeologici, pur facendoci intravedere l'esistenza di una rete di collegamenti che doveva essere abbastanza articolata e che doveva consentire collegamenti tra vari centri della pianura, non ci permettono di costruire con precisione una struttura che possa essere vista come un diretto precedente della via Emilia." [pag. 37]
"...con i centri dell'Etruria vera e propria a sud e l'importante emporio spinetico nella zona del delta del Po, sembrano suggerire una viabilità principale impostata nel senso dei meridiani, più che un asse di attraversamento della regione da est a ovest. L'ubicazione di Spina e il suo legame con il Po,infatti, suggeriscono di vedere nell'idrovia padana la vera via di penetrazione verso ovest, più che in una strada che partiva da Rimini. Ciò non toglie he dovesse esserci una via pedemontana che dalla costa raggiungeva Bologna e da lì proseguiva verso ovest." [pag. 37-38]
[...]
"Nel 187 a.C., comunque, i due consoli, Marco Emilio Lepido e Gaio Flaminio, ottengono due importanti, anche se tutt'altro che decisive, vittorie. Esse consentono di scongiurare le continue incursioni in pianura e prmettono ai Romani di rafforzare tutto il settore con l'apertura di due strade, destinate a unire quelle che erano divenute con la guerra annibalica le due piazzeforti a controllo degli accessi all'Italia peninsulare, cioè Rimini ed Arezzo, con le nuove colonie di Bologna e Piacenza, in modo da consentire un più rapido e sicuro spostamento degli eserciti verso il teatro delle operazioni. Nascono così la cosiddetta Flaminia minore, che unisce Arezzo a Bologna, e la via Emilia, che da Rimini arriva a Piacenza passando per Bologna.
La via Emilia nasce dunque con lo scopo di collegare tra loro le tre colonie esistenti e, allo stesso tempo, come linea destinata, a ovest di Bologna, a controllare gli accessi alle varie vallate appenniniche." [pag. 77]
"La strada consolare è dunque un asse che taglia diagonalmente tutta la regione, correndo sostanzialmente parallela al margine dell'Appenino da un lato e al Po dall'altro. A sud della strada consolare si aprono le varie vallate appeniniche, tutte parallele l'una all'altra, risalendo i valichi che consentono di scendere sul versante meridionale. Le direttrici transalpiniche, seguendo il corso dei diversi fiumi, vanno tutte a inserirsi sulla via Emilia là dove la strada consolare incrocia appunto il fiume. Qui, come è naturale, nasce dapprima un piccolo agglomerato, un forum , cioè un centro di mercato, che poi in molti casi si trasformerà, nel corso del I secolo a.C., in uma vera e propria città, dotata di un territorio e delle strutture indispensabilialla vita di un centro urbano." [pag. 78]
"... questa sua aderenza alla situazione geografica e al suo andamento sostanzialmente parallelo sia al Po che all'Appennino fanno sì che la via Emilia costituisca l'asse portante del popolamento e dell'organizzazione del territorio. Si è già detto che i vari centri urbani nascono, nella gran maggioranza, lungo la strada consolare e sono appunto questi che, nella quasi totalità, sopravvivono al calo demografico tardoantico. Oltre però a condizionare la distribuzione dei centri urbani, la via Emilia, là dove la geografia lo consentiva, venne assunta dagli agrimensori come decumano massimo della centuriazione." [pag. 81]
CENTURAZZIONE E VIABILITA'
(Carlotta Franceschelli)
La centuriazione romana
"In epoca romana la rete stradale era costituita, oltre che dalle strade consolari, la quali generalmente assolvevano funzioni itinerarie su larga scala, per collegamenti regionali o interregionali, anche da una rete capillare di percorsi di importanza secondaria, strettamente connessi con gli assetti del territorio e utilizzati soprattutto per gli spostamenti locali.
In particolare, nei territori di pianura, la viabilità secondaria si poneva spesso in stretta connessione con il sistema della centuriazione, una ripartizione del territorio in riquadri di dimensioni regolari (le centurie), definiti mediante strade, canali e confini di proprietà ad andamento ortogonale tra loro, entro i quali venivano ricavati i lotti da assegnare ai coloni." [pag. 141]
"... quests ripartizione regolare delle campagne sia stata generalmente attuata mediante l'applicazione di un modulo costante, con centurie di forma quadrata di 20 actus di lato, corrispondenti a circa 710 m, per una superficie complessiva di circa 50 ha ciascuna." [pag. 142]
"...il primo rettifilo di un acerta importanza è quello
di quasi 7 km, a nord-est di Faenza, che attualmente costituisce parte
della via per Ravenna e per il quale si potrebbe forse supporre una
certa cronologia analoga a quella del rettifilo di San Giovanni in
Persiceto. Pur essendo stato generalmente datrato all'età romana,
infatti, non ne è stata sino a ora trovata una sicura attestazione
archeologica, e anche la distribuzione del popolo di questa'epoca,
quale è emersa da recenti studi sulla zona, non sembra essere stata
particolarmente influenzata da quello che, invece, sarebbe dovuto
essere un asse di transito di una certa rilevanza. L'insediamento
romano, infatti, sembra piuttosto essere stato attratto da un elemento
dell'antico assetto idrografico, in via di ipotesi attribuibile a un
paleoalveo del Lamone di età romana e riconoscibile, in sinistra del
fiume odierno, tra la località di San Silvestro e Pieve Cesato. E'
quindi probabile che, lungo questa via d'acqua , i epoca romana
presumibilmente non pensile e quindi idonea a forme di navigazione
almeno stagionali, si sia sviluppata una viabiliyà terrestre ad
andamento irregolare che, tra l'altro, andava a sfruttare il relativo
alto morfologico del suddetto dosso fluviale, di formazione sicuramente
preromana.
Circa la creazione del reticolo odierno, pur mancando riferimenti
precisi. si potrebbe suggestivamente pensare alla notizia riferita dal
cronista faentino Tolosano, in merito all'attuazione di interventi di
bonifica e riorganizzazione territoriale di una certa portata, da parte
del comune Faentino, nel 1217" [pag. 151-152]
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La strada che da Santarcangelo risale il corso dell’Uso è una strada di cave; a ponte rosso però, a causa della conformazione geologica, la strada ricalca precisamente l’antica via di fondovalle.
Montetiffi: nel corso della storia e fino all’ottocento è stato terra di confine fra la Romagna papale, il Granducato di Toscana e San Marino.
“Sul piazzale di lato alla chiesa, da cui ancora oggi si raggiungono gli orti sullo strapiombo, si svolgevano le attività stagionali legate all’agricoltura, la cordatura, e la filatura delle fibre, la cottura del pane nel forno comune”; qui l’acqua, importantissima, veniva raccolta nella grande cisterna.
- Chiesa: nel 1089 trenta capofamiglia costruiscono la chiesa e la donano all’Ordine Benedettino. Il soffitto a capriate ha sostituito nel XVII secolo la volta a botte crollata a seguito di un incendio, rimasta invece integra nel presbiterio.
- Abbazia: “affacciato sul precipizio, l’edificio è collegato alla chiesa, ma questo innesto è stato più volte modificato nei secoli. “Posto a difesa, verso ponente, dai venti settentrionali, il fabbricato è disposto su tre piani abitabili, mentre gli spazi più bassi, aperti a botola sulle cantine e ancor oggi non completamente esplorati, sono scavati nel ventre della montagna”.
- Castello: nel 1371 Anglico ci dice che c’erano 35 focolari (ovvero famiglie); un numero considerevole, se si pensa che Sarsina ne aveva 40. Presenta ancora resti di una cinta muraria a cui si addossavano le case. Più in basso, sul versante orientale, più favorito climaticamente, nel XV e XVI secolo si insedia il borgo rurale. Nel settecento e nell’ottocento attorno alle chiesette della cella si sviluppano alcune abitazioni.
Nel paese vi erano molti mulini per fabbricare polvere pirica, con lo zolfo proveniente da Perticara.
Vi era anche un arco di accesso al castello, ma è stato demolito (quando???)
Luoghi di interesse progettuale: cinta muraria, cimitero, mulino.
- Cella: nel medioevo vi era già una chiesetta legata al cimitero, e probabilmente vi era anche una struttura di ristoro, sopravvenuta nei secoli successivi sull’incrocio delle strade che collegavano i borghi di Perticara, Sogliano e Rontagnano. All’esterno lo smembramento dell’antico cimitero della comunità, avvenuto all’epoca della realizzazione dell’attuale via d’accesso al borgo, ha lasciato in essere, sul fianco della chiesa di S. Luca, un brano dell’area cimiteriale, costituito da terreno fortemente calcificato denominato “l’ossario” per la forte presenza di ossa umane che fino a poco tempo fa emergevano per dilavamento della pioggia.
La Piscaglia: nucleo di origine medievale. Gli edifici sono articolati a creare uno spazio protetto volto a meridione. Potrebbe aver avuto un ruolo di raccordo funzionale con l’incastellamento abbaziale, sulla scorta di vari esempi delle valli romagnole e del montefeltro. Forse aveva funzione di avvistamento e di controllo.
Pietra dell’Uso: di origine medievale. I terrazzamenti in muratura fanno propendere per l’ipotesi che in loco esistesse un edificio militare (torre di guardia e recinto). Anche l’Anglico, nel descriverla, parla di una “torre forte”. In asse al primitivo ingresso vi è una cappella quadrangolare, mentre il campanile,a cui si accede dall’esterno, è del settecento. Attualmente è pericolante e, in seguito al crollo del tetto è stata oggetto di spoliazioni, in particolare del pavimento (1985).
Aspetti naturalistici e biovegetativi della valle dell’Uso: per la flora che presenta sembra essere l’ultima valle che, procedendo verso il nord, appartiene alla fascia climatica cosiddetta supramediteranea. Per questo motivo l’autore propone di inserire nei pressi del mulino tornani un centro per la didattica ambientale.
Occorre agire con interventi mirati alla sinergia fra i valori del territorio per una loro valorizzazione reciproca, per raggiungere sviluppo e armonica crescita delle opportunità economiche, concepita nella tutela dei beni culturali e ambientali.
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Inviato da: iduecupido
il 20/07/2008 alle 11:06
Inviato da: cesenatico.blog
il 13/08/2007 alle 16:14