Somewhere in time...

Il perdono: facile a dirsi, ma a farsi?


"Hurt" - Christina AguileraQuesta canzone è terribile...smuove qualcosa dentro che mi provoca un fiume di lacrime, sono troppe le persone che mi mancano...con cui sento di essere in debito...sono momenti come questo che vengono a galla tutti i rimorsi e i rimpianti per cose non fatte o fatte in maniera affrettata, senza accorgermi dei colossali sbagli e manchevolezze che stavo compiendo.La riflessione a questo punto è d'obbligo: come perdonare sè stessi e gli altri, dopo torti subiti o inflitti senza volerlo alle persone che più amiamo?Dicono che è inutile piangere sul "latte versato", un esame di coscienza non risolve le cose anche se ci aiuta forse a capire un po' meglio noi stessi e gli altri....Ma non poter ricucire una ferita con una persona che non c'è più o ci ha tagliati fuori senza possibilità di riscatto, crea una lacerazione profonda a livello dell'anima.Spesso le persone più vicine a noi affettivamente sono quelle che ci feriscono di più (e viceversa)  perché noi abbiamo "investito" maggiormente il nostro "capitale affettivo" e perché da queste persone ci aspettiamo un amore "infinito" e "non intaccabile" e ogni volta che non lo riceviamo ci provoca una ferita. Spesso tendiamo a rifiutare le ferite minimizzando i fatti dolorosi, ignorandoli e distraendoci con cose futili. Quando invece sarebbe meglio "vivere" le nostre ferite senza nasconderle, portare a galla il malessere e reagire, meglio che si può.Molte volte diciamo di non essere capaci di perdonare e questo è del tutto normale perché il perdono è un atto divino. Se talvolta abbiamo cercato di perdonare con un atto di volontà abbiamo visto come il nostro cuore è rimasto pieno di collera. Il punto focale è proprio questo: il perdono è rinnovamento di sè, con umiltà e amore, è deporre l'orgoglio una volta per tutte.Il problema non è quindi dire se posso o non posso perdonare ma se voglio.Se vogliamo farci accoglienza del dono di grazia. Se vogliamo comprendere che perdonare non significa sopportarsi o chiudere un occhio sulle offese ricevute, ma è un dono di sé nella vita spirituale. Prevede cioè che noi rinunciamo a ciò cui teniamo di più e che gli altri non mi danno, prevede che noi rinunciamo ai nostri interessi, ma questo solo la grazia può concederlo.Gli uomini nutrono sempre una attesa verso l'altro, una attesa che gli altri cambino. Ma questa è una maschera velata affinché noi possiamo rimanere vittime e gli altri gli offensori. Non si capisce quindi che quando perdoniamo non è l'altra persona che cambia ma siamo Noi che ricostruiamo noi stessi.Se non si concede il vero perdono nasce un indurimento del cuore che rende incapaci di rallegrarsi con la persona che ci ha offeso e ricucire la ferita.Il perdono non è uno stato ma è un cammino che a volte può impegnare tutta la vita.Una volta concesso il perdono non abbiamo finito ma ogni giorno dobbiamo perdonare chi ci ha feriti perché il perdono non fa dimenticare ma custodisce la ferita nella memoria. Il problema non è perdonare una volta ma camminare verso un perdono sempre più profondo. Dobbiamo riconoscere la nostra vulnerabilità e dobbiamo comprendere che le ferite, certamente dolorose, devono aprire alla fede, alla speranza e all'amore.Perdonare non significa scusare l'offensore comprendendo le motivazioni del fatto accaduto. A volte facciamo confusione e la scusa rimpiazza la richiesta del perdono; noi possiamo perdonare senza minimizzare l'atto compiuto: il fatto compiuto è grave e tale rimane, però il nostro cammino spirituale ci porta ad accogliere l'offensore nel dono della grazia. Ancora il perdono non è un sentimento. Bisogna darsi del tempo per abbattere tutte le resistenze interiori. Si deve anche considerare che la ferita non verrà dimenticata ma solo disinnescata. Arrivare anche a perdonare sè stessi, ma chi siamo noi veramente? Siamo essere divisi in due perché in noi convivono due personalità: il virtuoso e il miserabile. Perdonare se stessi significa trovare una riconciliazione tra queste due personalità. Chi riesce in questo, raggiunge la sua pace e capisce che per perdonarsi deve rinunciare ad avere rabbia contro i suoi insuccessi, le ferite, la propria vulnerabilità. Come virtuoso accetterò che dentro di me ci sia un miserabile con i suoi insuccessi e i suoi peccati. Come miserabile dò il perdono al virtuoso e rinuncio a distruggere gli slanci verso il bene. Questo duplice perdono mi riconcilia con me stesso, riottenendo quella pace che abbatte il muro di divisione facendo delle due personalità una sola unità.Se avrò misericordia con me, l'avrò anche con gli altri. Nei confronti delle ferite che gli altri ci provocano, nella misura in cui diamo un senso ad esse scopriamo che le ferite diventeranno per noi un motore potente per una conversione di Vita. Inoltre, perdonando riceviamo molto più di quanto abbiamo perso con l'offesa, e cioè la pace interiore.Bisogna anche considerare che quando chiediamo perdono ad un'altra persona, dobbiamo permettergli di rifiutarlo perché deve avere il tempo per fare un cammino così come noi stessi lo abbiamo fatto. Noi potremmo essere pronti a chiedere perdono ma l'altro potrebbe non essere pronto a concederlo. Il perdono è un movimento interiore e la riconciliazione è una liturgia esteriore. Dare tempo al tempo, e tenere a mente che non tutto il male viene per nuocere.Ciò che non ammazza fortifica, e quella che apparentemente può sembrarci una grave perdita od offesa, col tempo perde di spessore, si attenua perchè con la forza di volontà e col cambiamento riusciamo ad essere nuovamente positivi nei confronti degli altri e di noi stessi.Notte, Eva :)