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Pensieri e parole...

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IL BUE CHA DA’ DEL CORNUTO ALL’ASINO!

Post n°1933 pubblicato il 07 Ottobre 2024 da scricciolo68lbr

Riccardo Pacifici, a lungo Presidente della Comunità Ebraica di Roma, ora membro EJA, European Jewuish Association, sta compiendo il giro delle "sette chiese", ospite di tutte le trasmissione televisive delle reti mainstream, non fa altro che attaccare e giustificare tutti i comportamemti e le decisioni del governo ebraico sionista.

Si lamenta delle forte presenza in Europa, secondo la sua visione, della retorica nazi-fascista, che, sempre a suo dire, dovrebbe essere combattuta ed eliminata. Quando non si accorge, o fa finta di non accorgersene, che i veri nazi-fascisti sono proprio loro, i sionisti.

Il conflitto tra Israele e Palestina – in particolare l’occupazione israeliana della Cisgiordania e di Gaza – continua, oltre a provocare strage di esseri umani, donne e bambini soprattutto, a generare anche gravi bisogni umanitari tra le popolazioni palestinesi della Cisgiordania e della Striscia di Gaza; i più vulnerabili neanche a dirlo, sempre i bambini. 

Dopo l’attacco di Hamas (definita da Joseph Borrell una creazione di Israele), al Sud di Israele il 7 ottobre 2023, che ha causato più di 1.300 morti, si sta svolgendo un’operazione militare delle forze israeliane contro gli abitanti della Striscia di Gaza che al momento (dati al 13/10/2023 ore 9 am) ha già registrato oltre 1.300 morti tra cui centinaia di minori.

Prima di questo attacco si stimava che:

Il conflitto prolungato, l’occupazione militare israeliana, il blocco di Gaza, le "violazioni delle leggi internazionali in materia umanitaria e di diritti umani", le divisioni politiche interne palestinesi e i frequenti periodi di escalation delle ostilità, continuano a peggiorare le condizioni di vita dei poveri civili palestinesi. 

Già prima dei fatti di ottobre, il 2023 si è caratterizzato come un anno di violenze senza precedenti, assimilabile a uno scenario di guerra vera e propria, con cinque pesanti attacchi militari a Jenin, oltre a numerosi altri attacchi nel resto della Cisgiordania, in particolare nell’area di Nablus e a Gerusalemme Est, e a Gaza che hanno portato ulteriore devastazione e morte in territori già gravemente compromessi.

La prolungata crisi umanitaria in Palestina ha provocato gravi conseguenze per i civili, tra cui:

  • la mancanza di accesso ai servizi di base;
  • lo sfollamento di migliaia di famiglie dalle loro case;
  • la riduzione delle opportunità di lavoro;
  • la restrizione di movimento. 

Infatti i palestinesi più vulnerabili devono fare ogni giorno i conti con la mancanza di un’adeguata assistenza sanitaria, a causa di un sistema sanitario sovraccarico e con scarse risorse, alloggi inadeguati, insicurezza alimentare e aumento della povertà e della disoccupazione. 

Anche il diritto all’istruzione dei bambini palestinesi è minacciato: gli ultimi tre anni scolastici sono stati difficilissimi, segnati dalla pandemia, dalle frequenti interruzioni delle lezioni a causa delle continue escalation di violenza e dai numerosi scioperi causati dalla crisi finanziaria che il sistema educativo palestinese sta attraversando ormai da tempo.

In Cisgiordania i palestinesi devono affrontare gravi problemi di sicurezza a causa della guerra Israele-Palestina, tra cui minacce alla vita, alla libertà, alla sicurezza, alla proprietà e alla libertà di movimento, da parte delle forze armate israeliane. 

  • Nel solo 2022 sono state demolite abitazioni di proprietà palestinese che ospitavano 28.450 persone, per i piani di espansione delle residenze israeliane a Gerusalemme Est.
  • Nei primi sei mesi di quest’anno i soldati e i coloni israeliani hanno ucciso 192 Palestinesi, tra i quali ci sono 31 bambini e bambine: questo numero è superiore a quello registrato in tutto il 2022. 

A questi gravi episodi di crimini umanitari, generalmente non seguono indagini di parte, imparziali e i responsabili delle violenze e degli omicidi stanno godendo insolitamente, d’impunità.

Inoltre cosa ancora più riprovevole, sono centinaia e centinaia (il numero esatto non viene diffuso dalle autorità penitenziarie) i minori arbitrariamente detenuti nelle carceri israeliane

Il reato che viene loro contestato è per lo più il "lancio di pietre", la cui pena può arrivare fino a 20 anni di reclusione. 

Il diritto all’istruzione non è garantito a questi minori detenuti, mentre lo è per i minorenni israeliani in carcere.

La Striscia di Gaza è sotto blocco israeliano dal 2007, il che causa molti problemi alla popolazione civile:

  • difficoltà di importare carburante (indispensabile per la produzione di energia elettrica e l’accesso all’acqua potabile) e altri beni di prima necessità
  • difficoltà di esportare prodotti che consentirebbero di migliorare il reddito delle famiglie. 
  • Il movimento delle persone dentro e fuori l’area è fortemente limitato. 
  • I malati con patologie gravi non possono farsi curare negli ospedali al di fuori della Striscia se non dopo lunghe pratiche burocratiche.

Nella prima metà del 2023 non sono mancati gli episodi di guerra Israele Palestina, in particolare dal 9 al 13 maggio durante i quali i raid aerei israeliani hanno colpito i centri abitati della Striscia, compresa una scuola e varie strutture sanitarie, uccidendo 12 civili, 6 dei quali bambini. 

In risposta a questi attacchi il movimento della jihad islamica palestinese ha lanciato dei razzi verso il territorio d’Israele, che sono stati, a detta di Israele, per lo più intercettati e resi inoffensivi. Fino ad arrivare ai fatti di ottobre 2023 e le sue tragiche conseguenze per la popolazione civile.

Israele ha annunciato ufficialmente cosa intende fare della Palestina quando si concluderà la guerra contro Hamas. Nonostante le pressioni dell’intera comunità internazionale e andando esplicitamente contro alla Carta delle Nazioni Unite, che sancisce il principio di autodeterminazione dei popoli, Tel Aviv ha affermato di voler assumere il controllo di tutti i territori della Cisgiordania e di Gaza e impedire la creazione di uno stato autonomo palestinese.

Il documento con il piano relativo al dopo guerra, riportato da Reuters, è stato presentato al gabinetto israeliano dal leader Benjamin Netanyahu il 22 febbraio 2024. Si tratta del primo testo ufficiale sulla questione e sembra essere destinato non solo a fallire, ma anche ad aggravare la crisi diplomatica tra Israele e i vicini paesi arabi, che sostengono la cosiddetta soluzione a due stati già proposta negli anni Novanta e approvata dalle organizzazioni internazionali e dagli Stati Uniti, maggiore alleato di Israele.

Il piano nega infatti qualunque riconoscimento di uno stato palestinese e il controllo israeliano su tutte le terre a ovest del fiume Giordano, compresa Gaza e la Cisgiordania, oggi governata da Mahmoud Abbas, presidente dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina e dell’Autorità nazionale palestinese, gruppo politico avversario di Hamas, che invece governava a Gaza.

Per Netanyahu, Israele deve anche prendere il controllo del confine tra Gaza ed Egitto, il cosiddetto Philadelphi corridor o Philadelphi route nel sud dell’enclave, che oggi è gestito dalle autorità egiziane e palestinesi. Questa richiesta incontrerà sicuramente l’opposizione del Cairo, che ha minacciato la possibilità di annullare i trattati di pace con Israele se Tel Aviv dovesse spingersi a tanto, come riporta France 24.

A Gaza, il piano prevede la smilitarizzazione della zona e la “deradicalizzazione” della popolazione nel medio termine, ma non specifica né in cosa consista la “deradicalizzazione”, né quando inizierà o si concluderà questa fase. Infine, Netanyahu ha attaccato anche le Nazioni Unite, chiedendo la chiusura dell’Agenzia per i rifugiati palestinesi (Unrwa), che da anni si occupa di offrire aiuti umanitari e programmi educativi e di formazione ai civili palestinesi.

Come riporta Reuters, Netanyahu ha spiegato che l’accordo sarà esaminato attraverso negoziati diretti con i palestinesi, ma non ha indicato chi dovrebbe rappresentare il popolo palestinese in questa trattativa. L’unica autorità riconosciuta è infatti Abbas, il cui portavoce ha però già dichiarato che il piano israeliano è destinato a fallire, come ogni altra proposta volta a modificare la realtà geografica e demografica di Gaza.

“Se il mondo è veramente interessato ad avere sicurezza e stabilità nella regione, deve porre fine all’occupazione israeliana della terra palestinese e riconoscere uno stato palestinese indipendente con Gerusalemme come capitale”, ha detto il portavoce Nabil Abu Rudeineh a Reuters.


 
 
 
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