Pensieri e parole...

Ecuador: rivolta popolare contro Lasso.


“Fuera Lasso, fuera!”. Migliaia e migliaia i manifestanti per le strade di tutto il paese. Indigeni e meticci, neri e bianchi, in tanti sono scesi a manifestare contro le politiche neoliberali di Guillermo Lasso. Siamo al quattordicesimo giorno di proteste in Ecuador. Mezzo paese è bloccato e le principali vie di comunicazione dei trasporti sono chiuse, anche all’interno delle stesse città. Sassi, terra, pneumatici e legni in fiamme: qualsiasi strumento viene utilizzato per sbarrare le strade. Mancano gli approvvigionamenti. Le comunità indigene dell’Amazzonia hanno chiuso più di mille pozzi petroliferi, causando perdite per 186.000 barili diari. Si contano quindi più di 96 milioni di dollari di perdite dirette. Il presidente di Petroecuador dichiara che se continua così, nel giro di qualche giorno potrebbe paralizzarsi completamente la produzione. Mercoledì notte in Tungurahua è stata occupata e chiusa una centrale elettrica, di fondamentale importanza per l’approvvigionamento energetico del paese.Bloccare l’economia. Bloccare tutto, queste le parole d’ordine dello sciopero. E in tanti hanno risposto. Ora migliaia di manifestanti provenienti dalle comunità di tutte le nazionalità indigene dell’Ecuador si sono radunati a Quito, nella capitale, per esigere risposte concrete alle loro rivendicazioni. Quando il popolo si ribella, la politica inizia ad avere paura. Ed è ciò che sta succedendo per le strade dell’Ecuador. Il governo ha risposto aumentando la repressione. Poco prima dell’inizio del Paro aveva approvato una legge “sull’uso progressivo della forza”, che di fatto legittima le forze dell’ordine a sparare “se in pericolo”. Ossia, gli arroga il diritto di uccidere. Inoltre, il presidente Lasso ha emesso due decreti di stato di eccezione – derogati sabato 25 in serata – prima coinvolgendo tre province, e poi allargando a sei i territori toccati. Lo stato di eccezione prevedeva un aumento dei poteri dell’esercito e della polizia, che, abbinato al coprifuoco imposto dalle 22 alle 5 del mattino, cercava inutilmente di sedare le proteste. Per ora si parla di 6 morti tra i manifestanti, 300 feriti (alcuni dei quali in terapia intensiva), almeno 106 detenzioni. Varie persone sono scomparse. La polizia dichiara varie decine di feriti, più di 40 poliziotti e militari “sequestrati” per uno o più giorni dai manifestanti (tutti rilasciati senza violenza), vari mezzi della polizia e dei militari incendiati. Dopo l’assassinio di un manifestante indigeno nella regione di Pastaza, nel Puyo, ucciso da un lacrimogeno che gli è penetrato nel cranio, la protesta si è radicalizzata nella zona arrivando a bruciare numerosi mezzi e stazioni di polizia e la sede del Banco di Guayaquil, di cui il presidente Lasso è uno dei maggiori azionisti. La stessa cosa è successa vicino a Quito, alla Mitad del Mundo, dove la rabbia scaturita dall’omicidio di due manifestanti ha fatto bruciare un intero convoglio militare.