La solennità dell’Epifania ci spinge a proporre alcune osservazioni di carattere “simbolico-scientifico”, le quali intendono contribuire innanzitutto al chiarimento di un evento evangelico che pare non aver trovato ancora, a tutt’oggi, una piena e soddisfacente comprensione: l’Astro dei Magi.Tuttavia, ci sia concesso di auspicare parimenti il perseguimento di alcuni ulteriori obiettivi.Il soffermarci infatti su tale evento risponde, altresì, tanto alla necessità di mostrare una volta di più la realistica e rigorosa pregnanza ermeneutica che è propria della cosiddetta “scienza sacra”; quanto di invitare il “pensiero umano” (logos) al ripristino dell’attuazione di una “conoscenza” dal carattere più puramente tradizionale, per controbattere in tal modo le moderne insidie “trans-umanistiche” che vorrebbero snaturarlo.Secondo la prospettiva di verità perseguita dalla scienza sacra, il logos non può e non deve autolimitarsi ad una profana e superficialmente “orizzontale” attività di indagine dalle finalità meramente tecniche (τεχνη): pena la sua degenerazione ontologica. Piuttosto, il suo atto “conoscitivo” deve attuarsi tramite un impegno che colga “verticalmente” le simboliche implicazioni sacrali, latentemente eppur ordinatamente inerenti al creato: il che altro non è, poi, se non l’espressione della evidente presenza attiva ed operante, in esso creato, del Cristo-Logos Creatore. Tutto ciò, insomma, affinché, nella pienezza di tale consapevolezza, il logos umano si ponga in “dia-logos” con il Logos divino, beneficiando così della Sua sapienziale grazia santificante attraverso il reintegro ontologico in Esso.In tal modo, mantenendo veramente integra la propria natura fatta ad “immagine e somiglianza” di Dio, il credente potrà vivere oltretutto con maggior pienezza anche la propria vita religioso-sacramentale; senza cioè quelle cadute fideistiche e devozionalmente emotive che purtroppo, indebolendone lo spessore e invero allontanandola dalla Verità, caratterizzano la confessionalità così come oggi esercitata da gran parte dei componenti della Ecclesia Christi. Premessa astronomicaNel dibattito concernente la natura del fenomeno astronomico narrato nell’episodio evangelico di Mt 2,1-12, comunemente noto come la “stella di Bethleem”, la tesi più accreditata rimane quella che lo relaziona ad un’eccezionale congiunzione avvenuta tra i pianeti Giove e Saturno: fenomeno particolarissimo che avviene, peraltro, secondo scadenze secolari.Risale già a Keplero la proposta di porre in relazione l’“Astro dei Magi” con la cosiddetta coniuctio aurea Giove-Saturno: e, specificatamente, con quella avvenuta nell’anno 7 a.C.Tuttavia, seppur nel corso del tempo tale tesi sia stata più volte autorevolmente ripresa, a tutt’oggi essa parrebbe inevitabilmente destinata a rimanere ancora confinata solo al livello di una mera seppur affascinante ipotesi, non potendo essere “documentalmente” suffragata da nessuna verifica rientrante nella prassi “scientista”.Comunque sia, è un fatto che la sua plausibilità le deriverebbe da ben determinate circostanze.Da una parte essa si basa sulla consapevolezza che l’anno zero dell’era cristiana dovrebbe effettivamente retrodatarsi di 6/7 anni, giacché la sua fissazione fu frutto di un errore di calcolo operato da Dionigi il Piccolo. D’altro canto, è acclarato quanto la grande congiunzione Giove-Saturno del 7 a.C. sia stata di particolare ed eccezionale significatività astronomico-astrologico-simbologica, in quanto avvenuta per ben tre volte proprio tra quei due particolari pianeti (simbologicamente accostati al Vecchio ed al Nuovo Adamo) e, oltretutto, sempre ed emblematicamente all’interno della sola costellazione dei Pesci (simbolo cristico per eccellenza). Non da ultimo, la certezza che proprio in quegli anni non si verificò né il passaggio di alcuna cometa, né la comparsa di luminosissimi fenomeni d’altro genere quali una nova o una supernova, avrebbe convinto del fatto che l’“Astro dei Magi” – a meno di non considerarlo una pura leggendaria invenzione dei primi cristiani – non dovrebbe allora interpretarsi semplicemente come un “singolo corpo celeste” (come vorrebbe il racconto evangelico), ma piuttosto come un ben più “complesso ed articolato evento astronomico”.In questa sede non ci soffermeremo sui dettagli esplicativi delle due interpretazioni (singolo corpo celeste vs. articolato evento astronomico), proprio in quanto già da più parti sufficientemente illustrati. Quello che ci proponiamo di formulare si configura invece come una nostra integrazione all’intera questione.Come vedremo tra breve, la nostra interpretazione intende assumere piuttosto una posizione intermedia; in maniera tale che, corroborando tali supposizioni con ulteriori più evidenti acquisizioni (evincibili tramite un approccio ermeneutico di carattere, questa volta, “sacro-scientifico” piuttosto che “scientista”), intendiamo giungere a dimostrare che la sussistenza di una certa qual relazione tra la coniuctio aurea del 7 a.C. e l’evento evangelico dell’“Astro dei Magi” non sia solamente da ritenersi plausibile, ma vada indubitabilmente acquisita come certa. Eppure, se tutto ciò possa rimanere vero, lo può essere soltanto alla luce di alcuni distinguo, che ci confermano contestualmente anche la precisione e veridicità del racconto evangelico. Il “Praesepe”Premesso ciò, affermiamo dunque immediatamente che il fenomeno astronomico della coniuctio aurea tra Giove e Saturno del 7 a.C. costituì in effetti solamente il “prodromo”, il “segno indiziale”, per così dire, di quello che, verificandosi di lì a poco con immediata consequenzialità temporale, andò invece a rappresentare il vero e proprio evento celeste direttamente espressione dell’Epiphaneia del Signore: ossia, della Sua “manifestazione luminosa”.Durante tale evento, insomma – con buona pace sia dei detrattori della veridicità del Vangelo, sia di coloro che, come i protestanti o i cattolici d’indole modernista, propendono solo per una interpretazione allegorica delle Scritture – fu in effetti proprio un reale e ben individuabile “astro” a rivestire un ruolo fondamentale e decisivo.I nostri studi – i quali vedranno presto una pubblicazione e di cui quel che segue rappresenta una sintetica anticipazione – si sono avvalsi non solo delle osservazioni di alcune contingenze astronomiche, ma altresì dell’applicazione dell’ermeneutica gematrica e di interpretazioni di carattere simbologico.Come già dicevamo, il presupposto – su cui daremo conto più avanti – è stato quello di considerare la congiunzione tra Giove e Saturno del 7 a.C. soltanto come un’indicazione che, fornita sì di un’eccezionalità astronomica, avrebbe tuttavia prospettato qualcosa di ancor più notevole in corrispondenza della immediatamente successiva data del 5/6 gennaio; la quale data, come è noto, da sempre è tradizionalmente riportata come essere stata proprio quella della Epiphaneia.Ebbene, avvalendoci di un software astronomico (nella fattispecie: EZCosmos 3.0 Skyplot), abbiamo riscontrato che alla data del 5 gennaio del 6 a.C., alla latitudine di Gerusalemme, esattamente alle h. 12, la “luna piena” era al centro della costellazione del Cancro, a sua volta facilmente riconoscibile per la sua tipica forma di Y rovesciata.
L’EPIFANIA... SIGNIFICATO FORSE NON A TUTTI CHIARO!
La solennità dell’Epifania ci spinge a proporre alcune osservazioni di carattere “simbolico-scientifico”, le quali intendono contribuire innanzitutto al chiarimento di un evento evangelico che pare non aver trovato ancora, a tutt’oggi, una piena e soddisfacente comprensione: l’Astro dei Magi.Tuttavia, ci sia concesso di auspicare parimenti il perseguimento di alcuni ulteriori obiettivi.Il soffermarci infatti su tale evento risponde, altresì, tanto alla necessità di mostrare una volta di più la realistica e rigorosa pregnanza ermeneutica che è propria della cosiddetta “scienza sacra”; quanto di invitare il “pensiero umano” (logos) al ripristino dell’attuazione di una “conoscenza” dal carattere più puramente tradizionale, per controbattere in tal modo le moderne insidie “trans-umanistiche” che vorrebbero snaturarlo.Secondo la prospettiva di verità perseguita dalla scienza sacra, il logos non può e non deve autolimitarsi ad una profana e superficialmente “orizzontale” attività di indagine dalle finalità meramente tecniche (τεχνη): pena la sua degenerazione ontologica. Piuttosto, il suo atto “conoscitivo” deve attuarsi tramite un impegno che colga “verticalmente” le simboliche implicazioni sacrali, latentemente eppur ordinatamente inerenti al creato: il che altro non è, poi, se non l’espressione della evidente presenza attiva ed operante, in esso creato, del Cristo-Logos Creatore. Tutto ciò, insomma, affinché, nella pienezza di tale consapevolezza, il logos umano si ponga in “dia-logos” con il Logos divino, beneficiando così della Sua sapienziale grazia santificante attraverso il reintegro ontologico in Esso.In tal modo, mantenendo veramente integra la propria natura fatta ad “immagine e somiglianza” di Dio, il credente potrà vivere oltretutto con maggior pienezza anche la propria vita religioso-sacramentale; senza cioè quelle cadute fideistiche e devozionalmente emotive che purtroppo, indebolendone lo spessore e invero allontanandola dalla Verità, caratterizzano la confessionalità così come oggi esercitata da gran parte dei componenti della Ecclesia Christi. Premessa astronomicaNel dibattito concernente la natura del fenomeno astronomico narrato nell’episodio evangelico di Mt 2,1-12, comunemente noto come la “stella di Bethleem”, la tesi più accreditata rimane quella che lo relaziona ad un’eccezionale congiunzione avvenuta tra i pianeti Giove e Saturno: fenomeno particolarissimo che avviene, peraltro, secondo scadenze secolari.Risale già a Keplero la proposta di porre in relazione l’“Astro dei Magi” con la cosiddetta coniuctio aurea Giove-Saturno: e, specificatamente, con quella avvenuta nell’anno 7 a.C.Tuttavia, seppur nel corso del tempo tale tesi sia stata più volte autorevolmente ripresa, a tutt’oggi essa parrebbe inevitabilmente destinata a rimanere ancora confinata solo al livello di una mera seppur affascinante ipotesi, non potendo essere “documentalmente” suffragata da nessuna verifica rientrante nella prassi “scientista”.Comunque sia, è un fatto che la sua plausibilità le deriverebbe da ben determinate circostanze.Da una parte essa si basa sulla consapevolezza che l’anno zero dell’era cristiana dovrebbe effettivamente retrodatarsi di 6/7 anni, giacché la sua fissazione fu frutto di un errore di calcolo operato da Dionigi il Piccolo. D’altro canto, è acclarato quanto la grande congiunzione Giove-Saturno del 7 a.C. sia stata di particolare ed eccezionale significatività astronomico-astrologico-simbologica, in quanto avvenuta per ben tre volte proprio tra quei due particolari pianeti (simbologicamente accostati al Vecchio ed al Nuovo Adamo) e, oltretutto, sempre ed emblematicamente all’interno della sola costellazione dei Pesci (simbolo cristico per eccellenza). Non da ultimo, la certezza che proprio in quegli anni non si verificò né il passaggio di alcuna cometa, né la comparsa di luminosissimi fenomeni d’altro genere quali una nova o una supernova, avrebbe convinto del fatto che l’“Astro dei Magi” – a meno di non considerarlo una pura leggendaria invenzione dei primi cristiani – non dovrebbe allora interpretarsi semplicemente come un “singolo corpo celeste” (come vorrebbe il racconto evangelico), ma piuttosto come un ben più “complesso ed articolato evento astronomico”.In questa sede non ci soffermeremo sui dettagli esplicativi delle due interpretazioni (singolo corpo celeste vs. articolato evento astronomico), proprio in quanto già da più parti sufficientemente illustrati. Quello che ci proponiamo di formulare si configura invece come una nostra integrazione all’intera questione.Come vedremo tra breve, la nostra interpretazione intende assumere piuttosto una posizione intermedia; in maniera tale che, corroborando tali supposizioni con ulteriori più evidenti acquisizioni (evincibili tramite un approccio ermeneutico di carattere, questa volta, “sacro-scientifico” piuttosto che “scientista”), intendiamo giungere a dimostrare che la sussistenza di una certa qual relazione tra la coniuctio aurea del 7 a.C. e l’evento evangelico dell’“Astro dei Magi” non sia solamente da ritenersi plausibile, ma vada indubitabilmente acquisita come certa. Eppure, se tutto ciò possa rimanere vero, lo può essere soltanto alla luce di alcuni distinguo, che ci confermano contestualmente anche la precisione e veridicità del racconto evangelico. Il “Praesepe”Premesso ciò, affermiamo dunque immediatamente che il fenomeno astronomico della coniuctio aurea tra Giove e Saturno del 7 a.C. costituì in effetti solamente il “prodromo”, il “segno indiziale”, per così dire, di quello che, verificandosi di lì a poco con immediata consequenzialità temporale, andò invece a rappresentare il vero e proprio evento celeste direttamente espressione dell’Epiphaneia del Signore: ossia, della Sua “manifestazione luminosa”.Durante tale evento, insomma – con buona pace sia dei detrattori della veridicità del Vangelo, sia di coloro che, come i protestanti o i cattolici d’indole modernista, propendono solo per una interpretazione allegorica delle Scritture – fu in effetti proprio un reale e ben individuabile “astro” a rivestire un ruolo fondamentale e decisivo.I nostri studi – i quali vedranno presto una pubblicazione e di cui quel che segue rappresenta una sintetica anticipazione – si sono avvalsi non solo delle osservazioni di alcune contingenze astronomiche, ma altresì dell’applicazione dell’ermeneutica gematrica e di interpretazioni di carattere simbologico.Come già dicevamo, il presupposto – su cui daremo conto più avanti – è stato quello di considerare la congiunzione tra Giove e Saturno del 7 a.C. soltanto come un’indicazione che, fornita sì di un’eccezionalità astronomica, avrebbe tuttavia prospettato qualcosa di ancor più notevole in corrispondenza della immediatamente successiva data del 5/6 gennaio; la quale data, come è noto, da sempre è tradizionalmente riportata come essere stata proprio quella della Epiphaneia.Ebbene, avvalendoci di un software astronomico (nella fattispecie: EZCosmos 3.0 Skyplot), abbiamo riscontrato che alla data del 5 gennaio del 6 a.C., alla latitudine di Gerusalemme, esattamente alle h. 12, la “luna piena” era al centro della costellazione del Cancro, a sua volta facilmente riconoscibile per la sua tipica forma di Y rovesciata.