Pensieri e parole...

LA MELONI DOVREBBE IMPARARE AD ASCOLTARE…


Pongo alla attenzione oggi questo bell'articolo di Franco Battaglia, rilasciato al quotidiano La Verità di oggi 5 dicembre.Giorgia Meloni non ha bisogno dei nostri apprezzamenti, che non saranno mai abbastanza, e pur tuttavia vorrà concedere che essa non è perfetta. E guai se lo fosse: non avrebbe spazi per migliorare. Vorrà allora avere la benevolenza di concederci la libertà di esprimere le nostre perplessità sul suo discorso a Dubai. La principale delle quali è, più che altro, problema nostro e non suo. Perché noi siamo di quelli che rimpiangiamo i tempi quando i governanti del mondo parlavano con sì-sì oppure no-no, ritenendo suggerita dal Malignoogni superflua parola. Penso ai tempi - si era nel 1979 - quando Margareth Thatcher così si rivolgeva al Consiglio europeo: «We are asking for our money back!». O ai tempi - si era nel 1987 – quando Ronald Reagan, da Berlino, così si rivolgeva al suo collega sovietico: «Tear down this wall, Mr. Gorbaciov!». Oggigiorno si parla per anfibolie, e ognuno capisce quel che gli piace capire. Gran peccato. Comunque sia, veniamo alle cose del discorso di Meloni che ci son piaciute di meno. Esse stanno ove si parla di:1«Impegno per contenere l’aumento della temperatura globale entro 1.5°C e raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050». Il pianeta non è un frigorifero portatile e non è in alcun modo possibile controllarne le variazioni di temperatura, neanche se si raggiungesse la fantomatica neutralità carbonica. Che in ogni caso non si raggiungerà: anzi, nel 2050 le emissioni saranno superiori alle odierne. Io calcolo del 30% almeno: si accettano scommesse 1 a 1.000.2«Triplicare la generazione di energia rinnovabile nel mondo». Ma dei 22.000 gigawatt d’energia consumati nel mondo, 2.200 sono da rinnovabili di cui appena 1.000 da eolico e solare, che sono le tecnologie sulle quali si vorrebbe puntare. Arrivare a 6.000 GW avrebbe costi proibitivi senza alcun effetto sul presunto problema.3«Garantire il diritto a non emigrare». Avrei preferito ascoltare «garantire che non visia alcuna esigenza per emigrare». Come? Dotando di impianti a carbone gli africani:quasi la metà di essi non hanno accesso all’energia elettrica, la vera ragione per cui migrano.4«Decarbonizzare l’Italia come si sta facendo con un approccio tecnologicamente neutrale». Non c’è alcun motivo di decarbonizzare e, anzi, dovremmo tutti ringraziare Dio di vivere nell’era del carbonio e non in qualunque altra precedente era, fino a quella della pietra. Inoltre è falso che l’approccio italiano sia tecnologicamente neutrale, visto che ci siamo vietati il nucleare. E proprio per questo dovremmo invece aumentare l’uso del carbone.5«Perseguire una transizione ecologica e non ideologica». Se vogliamo essere scevri dalle ideologie, allora dobbiamo riconoscere che non c’è alcuna transizione da «perseguire», perché non si può perseguire nulla che sia contro le leggi della fisica e dell’economia.6«Lavorare per diventare un polo strategico per l’e ne rgi a pulita e dedicare risorse e attenzione ai biocarburanti». Codesto polo sarebbe più un incubo che un sogno: tornare ai tempi quando i combustibili fossili non erano usati significa tornare ai tempi quando la schiavitù era legale. Quanto ai biocarburanti, essi sottraggono prezioso terreno all’agricoltura.7«Contribuire con 100 milioni di euro al loss and damagefund ». La cifra è meno di un’elemosina, e va benissimo. Ma presuppone una cosa falsa: che noi siamo responsabili degli eventuali danni da eventi meteo severi che i poveri subiscono. Sarebbe il caso di dirlo a voce alta: non siamo noi i responsabili di quei danni, ma i governanti africani che non hanno restituito alla loro gente i trilioni di aiuti ricevuti dai Paesi ricchi. Noi, invece, siamo responsabili dei danni subiti dagli eventi meteo severi in casa nostra, perché è da decenni che spendiamo denaro pubblico con la pretesa di evitare quegli eventi anziché per proteggerci da essi. È da oltre vent’anni che recitiamo a disco rotto le cose sopra dette, ma oggi ce ne dà ragione nientemeno che il presidente della Cop 28, il Sultano Al Jaber, parlando pane al pane e vino al vino: «Non c’è alcuna scienza, né alcuno scenario, che suggerisca che la decarbonizzazione comporti il contenimento del riscaldamento globale a meno di 1.5°C». E, a rincarar la dose, ha aggiunto che «i programmi di decarbonizzazione non permettono alcuno sviluppo sostenibile, a meno che non si voglia riportare il mondo nelle caverne». Rincara la dose Xie Zhenhua,  l’inviato della Cina per il clima: «i programmi di decarbonizzazione sono irrealistici, giacché petrolio, carbone e gas continueranno ad avere un ruolo cruciale per la sicurezza dell’approvvigionamento energetico». Non sono da meno il primo ministro indiano, Narendra Modi: «l’India non è nella posizione di rinunciare all’uso del carbone per il proprio approvvigionamento elettrico in nessun momento del prossimo futuro»; e il suo ministro degli Esteri, Vinay Mohan Kwatra: «Il carbone è sempre stato, è, e resta, un componente essenziale delmix energetico dell’India». Sarebbe il caso che qualcuno – speravo Giorgia Meloni – esorti una volta per tutte a far di quella di Dubai l’ultima delle 28 carnevalate. Non solo perché decarbonizzare non è né possibile, né desiderabile, ed è pure dannoso sia al pianeta che all’umanità. Ma anche perché nessuno dei governati ha dato questo mandato ai governanti. Certamente non l’han fatto gli Italiani, molto oculati ad aver lasciato per 15 anni i Verdi fuori dai Parlamenti nazionali ed Ue. Oggi ci sono, sì, ma sono all’op posizione e quasi invisibili: brillano della sola luce riflessa delle note corruttele addebitate a quel loro sodale, sommerso nel fango dagli stivali in su. Ma anche altrove i Verdi sono irrilevante minoranza: i cittadini del mondo non chiedono la decarbonizzazione. I loro governanti la smettano di perseguire azioni senza alcun mandato. Margareth Thatcher e Ronald Reagan avrebbero senz’altro detto quanto sopra e senza anfibolie: altri tempi, altri uomini, altre donne.