Pensieri e parole...
Riflessioni, emozioni, musica, idee e sogni di un internauta alle prese con la vita... Porto con me sempre il mio quaderno degli appunti, mi fermo, scrivo, riprendo il cammino... verso la Luce
NON SONO GLI EVENTI A PORTARE LA FELICITA', MA E' LA FELICITA' A PORTARE EVENTI POSITIVI.
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CI SONO DIVERSI TIPI DI SORRISO. SI PUO' DECIDERE DI SORRIDERE CON GLI OCCHI, CON LA BOCCA O CON IL CUORE. E POI C'E' QUEL SORRISO CHE LI CONTIENE TUTTI.
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Messaggi di Ottobre 2024
Avendo dimostrato nel tempo totale inaffidabilità e infondatezza della loro linea editoriale, disinformando anzichè informare, vestendo sempre più il ruolo antipatico di "giornalai" anzichè giornalisti, i quotidiani italiani sprofondano nell'anonimato, perchè nessuno investe più neppure 1,5 euro, per acquistare carta straccia. Continua così la "caduta libera" di vendite (e la cosa non potrebbe rendermi più felice) dei giornali in Italia. Nel periodo preso in esame, ovvero agosto 2023/agosto 2024 i dati di vendita sia cartacei che digitali sono impietosamente questi: E volete sapere qual è il reale problema? Che se guardate o ascoltate una rassegna stampa in TV o in Radio, parlano solo ed esclusivamente di quei "giornaloni" (io li definirei volgarmente: carta da culo), che continuano a perdere lettori... |
Post n°1936 pubblicato il 10 Ottobre 2024 da scricciolo68lbr
Non è il caso di odiare, semmai di non dimenticare, questo si! Ricordate ad esempio Monica Cirinnà, la pasionaria piddina del gender? Tralasciando quel brutto momento di un fratello e un nipote condannati per usura... Poi quella storiella così dolce e simpatica stile fiaba moderna, dei 24mila euro ritrovati nella cuccia del cane, all'interno della sua tenuta di "Capalbio".... Quell'episodio ricordo fu ampiamente corredato dalle imbarazzanti dichiarazioni dell'interessata sulla presunta "ingratitudine" della donna di servizio che, pagata «e perfino messa in regola», l'ha salutata sulla soglia del Ferragosto costringendola a fare la "lavatrice e a spadellare". Mamma mia... è inaudito, e pensare che ci sono donne che lo fanno quotidianamente... Poi a detta di voci di malelingue, alle quali noi non vogliamo assolutamente credere, venne fuori pure il sospetto che Cirinnà abbia utilizzato profili social falsi per insultare i suoi bersagli. Questo almeno, è ciò che leggemmo sui giornali, dell'accusa di una collega, certa Anna Rita Leonardi, di Italia Viva, che la sorprese con un messaggio autografo piuttosto insultante, subito sparito e poi ricomparso, identico, a nome di un tizio inesistente... Dettagli, quisquiglie diceva Totò... dettagli che però riguardavano una parlamentare della Repubblica che dell'amore contro l'odio, della correttezza al posto dell'imbroglio, ha fatto da sempre la sua bandiera (arcobaleno): e, dal pulpito di questi princìpi, bacchetta da sempre a destra e a manca, più a destra che a manca, chiunque non la pensi come lei... E come lei la pensi, è sempre: assoluto, icastico, caustico. Ricordate il suo autoscatto col cartello: «Dio, patria e famiglia... che vita di merda»? Certo, Gender, Capalbio e cane snob sono tutta un'altra cosa. Ma queste sono licenze riservate ai piddini doc e per essere un piddino doc ci vogliono precisi requisiti: una tenuta in Maremma, un giro d'affari ragguardevole, un cane di razza che custodisce tesoretti, un impegno indefesso sul sesso, un sano disprezzo per i cristiani... E, naturalmente, per chi «odia» e non ama. Perché essere piddini significa «love, love, love... amore, amore, amore», come asseriva il Ruggero di Carlo Verdone. E loro amano anche quando odiano, mentre quegli altri odiano e basta. C'est la vie... Il problema è che, come spesso si rileva, l'odio va a senso unico, juris et de jure, ad esclusivo arbitrio di chi mena le danze: vita de merda per chi crede in Dio e nella famiglia (lasciamo perdere la patria), merda chi si duole per la pulizia etnica delle foibe, infame chi non è d'accordo con l'agenda piddina. Santi, martiri, eroi i mazzolatori, i mistificatori storici, i bulli da tastiera purché «dalla parte giusta». Cirinnà non è tanto una pasionaria: è un concentrato di tutte le contraddizioni sinistroidi possibili, chiamiamole così, della "sinistra di potere", radical chic, danarosa e orgogliosamente sprezzante. A riprova che nel dna piddino, postcomunista, riposa sempre il caro vecchio Karl Marx dell'«io ti schiaccerò». Fosse successa a un altro, di opposta fazione, la metà delle cose capitate alla Cirinnà, Monica si sarebbe scatenata in lapidazioni mediatiche implacabili. Invece, va detto, i media furono molto, molto carini e comprensivi con lei, le lasciarino facoltà di autointervista, glorificarono le sue angosce, quasi quasi se la presero con quella ingrata d'una sguattera che osò piantarla proprio in vacanza... «Beh? Che c'è? Uno di sinistra non può essere benestante?», provocano sempre i compagni danarosi. Certo che sì, ma cavarsela con "l'invidia dei poveri", è un escamotage squallido e anche contraddittorio: non è stata la destra né altra parte politica, ma il vostro sacro verbo ad avere tracciato la sempiterna equazione: «ricco uguale sfruttatore», ricordate? Insomma, cari compagni di Capalbio, se avete tradito la lotta di classe, la classe operaia... per l'aplomb da rentier, il problema è tutto vostro. E se, in nome dell'amore e del rispetto, insultate i diversi da voi, l'imbarazzo è tutto vostro: inutile arrampicarsi però sugli specchi di una ideologia in "frantumi". |
Il sionismo finanziario globalista khazaro delle lobbies, delle élite vive una fase disastrosa, le comunitá di mezzo pianeta sono in pieno risveglio animico/spirituale e nella loro fase di risveglio, si sono accorti dell'iganno in cui sono stati costretti a vivere imprigionati nella falsa narrazione del potere askenazita. Israele che è stata fatta passare in centinaia e centinaia di anni come la vittima, si è nascosta dietro questo falso vittimismo per nascondere tutte le proprie nefandezze. Adesso però che il genere umano ha aperto gli occhi, niente passa più inosservato, in secondo piano e le bugie e i nodi stanno venendo tutti al pettine! Quello che però forse ancora il genere umano non ha ben compreso, è che deve smetterla di cercare fuori certezze, sicurezze, gioie, punti fermi e punti di riferimento negli uomini, deve invece spostare il proprio angolo di visuale verso l'interno, rivolgerlo verso la componente spirituale, per comprendre e soprattutto rammentare chi siamo, da dove veniamo e dove siamo diretti. Siamo esseri divini, siamo esseri di Luce e il Padre sta aprendo le braccia per inviarci il suo infinito amore, per dirci che è pronto a perdonare e dimenticare tutte le nostre mancanze, se solo iniziamo ora, adesso, subito, già da ieri... a fidarci ciecamente di Lui. Tutto in Lui è completezza, è misericordia, è amore, gioia, fertilità, abbondanza, mistica, bellezza, salute e benessere. È sufficiente solo dire SI, e il nuovo mondo si oaleserebbe in tutta la sua magnificenza... perchè esso è già palesato, però gli occhi di tante persone si voltano altrove e non vogliono vedere, prigionieri della Matrix. Abbandoniamo il corpo di dolore, la vita è benessere e gioia, così il Signore l'ha pensata, tuttavia noi abbiamo giocato a fare quelli che se la cavnl da sè, e abbiamo lasciato il paradiso teresstre... non temet, perchè adesso è il momento di ritornarvici! |
Post n°1934 pubblicato il 08 Ottobre 2024 da scricciolo68lbr
Certo il titolo è fuorviante, me ne rendo perfettamente conto, ma è essenziale nel contenuto! Poi con la dovuta cautela e attenzione, posso sviscerarne il contenuto, eppure quelle due parole, contengono già molto. Mi domando infatti: "Perché disturbare le persone? Perché volerle aiutare... contro la loro volontà, quando esse hanno già scelto di essere così come sono, anche nella sofferenza, e sono nonostante tutto, perfettamente soddisfatte e a loro agio così come sono? Uno più importante di me, molto, molto più importante, ha già intrapreso questo percorso, Lui ha voluto... per salvare l'umanità... e sapete come è finito? Lo hanno crocefisso! Era Gesù... ora io posso paragonarmi a Lui? Certo che no, me ne guardo bene, sarebbe un peccato, grave... molto grave... quindi, perchè farlo? Anche quando una persona si lamenta della sua condizione, nella maggior parte dei casi, il suo atteggiamento è rivolto solo a difendere la propria immagine davanti agli altri, oppure per ottenere attenzione e forse... simpatia; basta provare a dargli la possibilità di cambiare... se non vorrà cambiare affatto... avevi ragione! In fondo è corretto: nessuno ha il diritto di cambiare un'altra persona... spesso è solo un problema di chi vuole aiutare. Spesso il bisogno è solo suo. Un suo bisogno egoico... per sentirsi meglio, forse, interiormente... Sono convinto, più che convinto che ognuno sia libero di scegliere ciò che crede rappresenti il meglio per sè, e per la propria vita... dunque, perché interferire? Perchè pretendere di voler aiutare gli altri a tutti i costi, o di volere cambiare gli altri, se ognuno alla fine, sceglie ciò che ritiene più giusto? Tu che cerchi di tirare fuori dal pozzo una persona, e questa cerca in tutti i modi di tirarti dentro il pozzo delle sue dinamiche psicologiche... sei fuori di senno per caso? Ogni tanto qualcuno apre gli occhi e realizza la propria condizione (buon per lui/lei) e decide di cambiare realmente, ma anche lì, potremmo vedere ancora moltissima resistenza da parte sua, e il tutto rischia di diventare una specie di tiro alla fune, una lotta con se stesso... ma va bene così, rappresenta pur sempre una sua scelta. Nessuno può salvare nessuno da se stesso e dalle sue dinamiche e dalla sue scelte sbagliate perché, qualsiasi cosa si possa pensare, rimane il fatto "innegabile" che questo è quello che un individuo ha scelto. Ognuno sceglie come essere, e sceglie chi frequentare. A maggior ragione, nessuno può aiutare nessuno dal punto di vista interiore, perché darebbe semplicemente il via ad una lotta senza senso con un grande spreco di tempo e di energia. Per capire se uno vuole uscire da una certa condizione, sarà sufficiente fornirgli i mezzi e le conoscenze necessarie, fargli vedere come si fa... il resto dipenderà da lui e da lui soltanto, se vorrà crescere, cambiare e guarire, e in questo caso, non ci sarà nessun tiro alla fune, nessuna lotta a cercare di convincere un individuo a cambiare per stare meglio, il lavoro spetterà a lui soltanto, se questo è ciò che desidera realmente, decidere di cambiare il proprio stato ed uscire dalle vecchie situazioni e sofferenze. Oppure si dovrà ricevere una richiesta dormale di aiuto, allora in quel caso è lecito intervenire. Alla fine però nessuno cambia nessuno... Nessuno aiuta nessuno in maniera diretta, se non per faccende materiali; non funziona così per quanto riguarda la spiritualità, la mente, le emozioni, e con il modo in cui si interpreta la realtà e si tende a reagire ad essa. Mai interferire nelle scelte altrui, è una sana regola di vita, sopratutto quando un individuo ha scelto la vita dell'inconsapevolezza, della stupidità intesa come sofferenza "gratuita" che rappresenti l'unico stile di vita. È importante ricordare che la pera cade solo quando è matura, mai prima. Nessuno sceglie di cambiare fino a quando non ha maturato nel suo cuore un desiderio sincero di crescere e di cambiare, e anche in quel caso, nessuno potrà fare il lavoro al posto di un altro, si potrà solo indicare il lavoro da fare. E se si vuole veramente essere d’aiuto, che poi non è aiutare, allora bisogna cominciare a salvare se stessi da se stessi, e poi, essere di esempio agli altri. Mostrare tramite il proprio esempio che si può cambiare, che ci si può risvegliare dalla Matrix, dalla rete dell’inconsapevolezza, mostrare che si può uscire dalla sofferenza mentale gratuita e da quella emozionale. Forse, vedendoti e percependo il tuo amore, il tuo spirito gioioso e amorevole, notando come sei cambiato, dall'essere una persona nervosa, angosciata, aggressiva, o depressa, vedere invece che sei diventato una persona serena, aperta e amorevole, creativa e gioiosa, allora le persone potranno decidere di venire da te e chiederti cosa fare...". Esiste un altro aspetto da considerare nel voler aiutare qualcuno contro la sua volontà: evitare di dare le perle ai porci. L’espressione “dare le perle ai porci” non è mia, ha origine dal passo del Vangelo di Matteo (VII, 6) che recita: “Non gettate le cose sante ai cani e le perle ai porci, perché non le mettano sotto i piedi e vi si volgano contro per sbranarvi”. Questa frase viene utilizzata per indicare quando si donano cose preziose a persone che non ne sono capaci di apprezzarne il valore, che equivale ad offrire un aiuto quando un individuo ritiene, legittimanente, di non averne bisogno... Soffre? Eppure ti dice: "altolá, fatti gli affari tuoi!". L’idea alla base di questa espressione è assai profonda, e non potrebbe essere altrimenti considerato chi è l'autore, ed esprime il concetto che ciò che è prezioso e di valore deve essere consegnato a persone che siano in grado di comprenderne l’importanza e di apprezzarlo. Dare le perle ai porci significa quindi offrire valori, consigli o parole a persone che non sono in grado o che semplicemente non vogliono capire o apprezzare ciò che viene loro offerto. Questa espressione può essere applicata a diverse situazioni nella vita quotidiana. Ad esempio, quando si cerca di spiegare qualcosa ad un individuo che non è disposto ad ascoltare o a comprendere, o quando si cerca di condividere un’idea o un concetto con qualcuno che non ha gli strumenti o la predisposizione per capirlo. Il messaggio implicito nell’uso di questa espressione evidenzia l'inutilità e lo spreco nel cercare di comunicare con persone che non sono aperte al dialogo o che non sono pronte ad accettare nuove idee. È importante concentrare le proprie energie solo su coloro che sono in grado di comprendere e apprezzare ciò che viene detto o offerto. In conclusione, tentare di dare le perle ai porci significa offrire cose preziose (non solo da chi vorrebbe offrirle, o per lo meno non solo da lui, ma che siano ritenute preziose da una stragrande maggioranza di persone, a livello quindi generale), a persone che non sono in grado di comprenderne il valore. È un avvertimento a non sprecare le proprie "energie e risorse" su chi non è disposto né ad ascoltare, tantomeno a comprendere. L'esortazione di Gesù del Vangelo di Matteo (7, 6), viene interpretato dai più, dagli studiosi materie religiose e spirituali, come una "proibizione" di predicare il Vangelo ai pagani e di condividere le verità spirituali con coloro che non le apprezzano o peggio, le disprezzano. Cosa significa non dare le perle ai porci? La frase “non dare le perle ai porci” è un’espressione colloquiale che indica il consiglio di non condividere informazioni o conoscenze preziose con persone che non sono in grado o non sono interessate ad apprezzarle. Nel passo evangelico Gesù dice ai suoi discepoli: “Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpestino con le loro zampe e poi si voltino per sbranarvi”. Gesù usa l’immagine di “non gettate le vostre perle ai porci” per illustrare che le cose sacre e preziose non devono essere messe di fronte a coloro che non le riconoscono o peggio le disonorano. Questa frase è diventata un modo di esprimere il concetto che alcune persone non apprezzano o non sono pronte a ricevere certe verità o insegnamenti spirituali. Può essere interpretata come un invito a discernere chi è aperto e pronto ad accogliere il messaggio spirituale divino da chi invece, non lo è. Oltre alle perle, si parla di cose sante. Le “cose sante” possono essere interpretate in diversi modi, a seconda del contesto. In generale, il termine si riferisce a oggetti o azioni considerati sacri o venerati per motivi religiosi. Nelle religioni, le cose sante possono includere oggetti come icone, reliquie o testi sacri, che sono considerati di grande importanza spirituale e devono essere trattati con rispetto e riverenza. Tuttavia, nel contesto specifico delle pratiche svolte nell'antico tempio ebraico, il termine “cose sante” si riferisce principalmente alle carni delle vittime immolate nel tempio. In base alle leggi ebraiche, queste carni erano destinate principalmente ai sacerdoti che officiavano i sacrifici, ma una parte poteva anche essere concessa ai fedeli che partecipavano al cosiddetto “sacrificio di comunione”. Questo tipo di sacrificio avveniva durante le festività religiose e consisteva nel sacrificare un animale al tempio, bruciandone una parte sull’altare e consumando il resto tra i partecipanti. Le carni delle vittime immolate nel tempio erano considerate particolarmente sacre, in quanto simboleggiavano la comunione tra gli uomini e il divino. Mangiare queste carni durante il sacrificio di comunione rappresentava una sorta di unione con la divinità e un rafforzamento del legame con la comunità religiosa. Era un modo per i fedeli di partecipare attivamente alle cerimonie e di condividere il sacro attraverso il cibo. È importante riconoscere quando è il momento giusto per condividere le nostre perle e quando è meglio risparmiarle per coloro che possono apprezzarle davvero. Il verso “Non date le cose sante ai cani” fa parte del famoso discorso della montagna di Gesù. Per comprendere il significato di questa parole, è importante considerare il contesto storico e culturale in cui Gesù le pronunciò. Nella società ebraica del tempo, infatti, i cani erano considerati animali impuri e la loro presenza era generalmente vista come una cosa negativa. Allo stesso modo, i maiali erano considerati animali impuri e non venivano consumati come cibo dagli ebrei. Quindi, quando Gesù dice “Non date le cose sante ai cani”, si potrebbe interpretare come un invito a non sprecare cose materiali e soprattutto non materiali di grande valore, dandole a chi obiettivamente non sia in grado di apprezzarle. Le “cose sante” potrebbero riferirsi a principi spirituali, insegnamenti o doni divini. Questo insegnamento di Gesù richiama anche una saggezza più generale che si applica a molte situazioni nella vita quotidiana. Spesso ci troviamo a condividere il nostro tempo, le nostre energie e le nostre risorse con persone che non sanno e/o non vogliono apprezzarne il valore o che non sono pronte a riceverle.
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Post n°1933 pubblicato il 07 Ottobre 2024 da scricciolo68lbr
Riccardo Pacifici, a lungo Presidente della Comunità Ebraica di Roma, ora membro EJA, European Jewuish Association, sta compiendo il giro delle "sette chiese", ospite di tutte le trasmissione televisive delle reti mainstream, non fa altro che attaccare e giustificare tutti i comportamemti e le decisioni del governo ebraico sionista. Si lamenta delle forte presenza in Europa, secondo la sua visione, della retorica nazi-fascista, che, sempre a suo dire, dovrebbe essere combattuta ed eliminata. Quando non si accorge, o fa finta di non accorgersene, che i veri nazi-fascisti sono proprio loro, i sionisti. Il conflitto tra Israele e Palestina – in particolare l’occupazione israeliana della Cisgiordania e di Gaza – continua, oltre a provocare strage di esseri umani, donne e bambini soprattutto, a generare anche gravi bisogni umanitari tra le popolazioni palestinesi della Cisgiordania e della Striscia di Gaza; i più vulnerabili neanche a dirlo, sempre i bambini. Dopo l’attacco di Hamas (definita da Joseph Borrell una creazione di Israele), al Sud di Israele il 7 ottobre 2023, che ha causato più di 1.300 morti, si sta svolgendo un’operazione militare delle forze israeliane contro gli abitanti della Striscia di Gaza che al momento (dati al 13/10/2023 ore 9 am) ha già registrato oltre 1.300 morti tra cui centinaia di minori. Prima di questo attacco si stimava che:
Il conflitto prolungato, l’occupazione militare israeliana, il blocco di Gaza, le "violazioni delle leggi internazionali in materia umanitaria e di diritti umani", le divisioni politiche interne palestinesi e i frequenti periodi di escalation delle ostilità, continuano a peggiorare le condizioni di vita dei poveri civili palestinesi. Già prima dei fatti di ottobre, il 2023 si è caratterizzato come un anno di violenze senza precedenti, assimilabile a uno scenario di guerra vera e propria, con cinque pesanti attacchi militari a Jenin, oltre a numerosi altri attacchi nel resto della Cisgiordania, in particolare nell’area di Nablus e a Gerusalemme Est, e a Gaza che hanno portato ulteriore devastazione e morte in territori già gravemente compromessi. La prolungata crisi umanitaria in Palestina ha provocato gravi conseguenze per i civili, tra cui:
Infatti i palestinesi più vulnerabili devono fare ogni giorno i conti con la mancanza di un’adeguata assistenza sanitaria, a causa di un sistema sanitario sovraccarico e con scarse risorse, alloggi inadeguati, insicurezza alimentare e aumento della povertà e della disoccupazione. Anche il diritto all’istruzione dei bambini palestinesi è minacciato: gli ultimi tre anni scolastici sono stati difficilissimi, segnati dalla pandemia, dalle frequenti interruzioni delle lezioni a causa delle continue escalation di violenza e dai numerosi scioperi causati dalla crisi finanziaria che il sistema educativo palestinese sta attraversando ormai da tempo. In Cisgiordania i palestinesi devono affrontare gravi problemi di sicurezza a causa della guerra Israele-Palestina, tra cui minacce alla vita, alla libertà, alla sicurezza, alla proprietà e alla libertà di movimento, da parte delle forze armate israeliane.
A questi gravi episodi di crimini umanitari, generalmente non seguono indagini di parte, imparziali e i responsabili delle violenze e degli omicidi stanno godendo insolitamente, d’impunità. Inoltre cosa ancora più riprovevole, sono centinaia e centinaia (il numero esatto non viene diffuso dalle autorità penitenziarie) i minori arbitrariamente detenuti nelle carceri israeliane. Il reato che viene loro contestato è per lo più il "lancio di pietre", la cui pena può arrivare fino a 20 anni di reclusione. Il diritto all’istruzione non è garantito a questi minori detenuti, mentre lo è per i minorenni israeliani in carcere. La Striscia di Gaza è sotto blocco israeliano dal 2007, il che causa molti problemi alla popolazione civile:
Nella prima metà del 2023 non sono mancati gli episodi di guerra Israele Palestina, in particolare dal 9 al 13 maggio durante i quali i raid aerei israeliani hanno colpito i centri abitati della Striscia, compresa una scuola e varie strutture sanitarie, uccidendo 12 civili, 6 dei quali bambini. In risposta a questi attacchi il movimento della jihad islamica palestinese ha lanciato dei razzi verso il territorio d’Israele, che sono stati, a detta di Israele, per lo più intercettati e resi inoffensivi. Fino ad arrivare ai fatti di ottobre 2023 e le sue tragiche conseguenze per la popolazione civile. Israele ha annunciato ufficialmente cosa intende fare della Palestina quando si concluderà la guerra contro Hamas. Nonostante le pressioni dell’intera comunità internazionale e andando esplicitamente contro alla Carta delle Nazioni Unite, che sancisce il principio di autodeterminazione dei popoli, Tel Aviv ha affermato di voler assumere il controllo di tutti i territori della Cisgiordania e di Gaza e impedire la creazione di uno stato autonomo palestinese. Il documento con il piano relativo al dopo guerra, riportato da Reuters, è stato presentato al gabinetto israeliano dal leader Benjamin Netanyahu il 22 febbraio 2024. Si tratta del primo testo ufficiale sulla questione e sembra essere destinato non solo a fallire, ma anche ad aggravare la crisi diplomatica tra Israele e i vicini paesi arabi, che sostengono la cosiddetta soluzione a due stati già proposta negli anni Novanta e approvata dalle organizzazioni internazionali e dagli Stati Uniti, maggiore alleato di Israele. Il piano nega infatti qualunque riconoscimento di uno stato palestinese e il controllo israeliano su tutte le terre a ovest del fiume Giordano, compresa Gaza e la Cisgiordania, oggi governata da Mahmoud Abbas, presidente dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina e dell’Autorità nazionale palestinese, gruppo politico avversario di Hamas, che invece governava a Gaza. Per Netanyahu, Israele deve anche prendere il controllo del confine tra Gaza ed Egitto, il cosiddetto Philadelphi corridor o Philadelphi route nel sud dell’enclave, che oggi è gestito dalle autorità egiziane e palestinesi. Questa richiesta incontrerà sicuramente l’opposizione del Cairo, che ha minacciato la possibilità di annullare i trattati di pace con Israele se Tel Aviv dovesse spingersi a tanto, come riporta France 24. A Gaza, il piano prevede la smilitarizzazione della zona e la “deradicalizzazione” della popolazione nel medio termine, ma non specifica né in cosa consista la “deradicalizzazione”, né quando inizierà o si concluderà questa fase. Infine, Netanyahu ha attaccato anche le Nazioni Unite, chiedendo la chiusura dell’Agenzia per i rifugiati palestinesi (Unrwa), che da anni si occupa di offrire aiuti umanitari e programmi educativi e di formazione ai civili palestinesi. Come riporta Reuters, Netanyahu ha spiegato che l’accordo sarà esaminato attraverso negoziati diretti con i palestinesi, ma non ha indicato chi dovrebbe rappresentare il popolo palestinese in questa trattativa. L’unica autorità riconosciuta è infatti Abbas, il cui portavoce ha però già dichiarato che il piano israeliano è destinato a fallire, come ogni altra proposta volta a modificare la realtà geografica e demografica di Gaza. “Se il mondo è veramente interessato ad avere sicurezza e stabilità nella regione, deve porre fine all’occupazione israeliana della terra palestinese e riconoscere uno stato palestinese indipendente con Gerusalemme come capitale”, ha detto il portavoce Nabil Abu Rudeineh a Reuters. |
La tradizione attribuisce a Filippo II di Macedonia, padre di Alessandro Magno, il detto “divide et impera”, cioè “dividi e regna”, uno dei principi politici più usati nella storia dell’umanità. Una tale strategia venne usata da greci, romani, persiani e mongoli, cioè in tutto il mondo: un despota, un re, un tiranno o un presidente eletto, usano della propria influenza per dividere gli avversari o il popolo e metterli gli uni contro gli altri, per poter così mantenere il potere saldamente nelle proprie mani. E COSÌ IL SISTEMA SIONISTA DEL POTERE DI GESTIONE E MANIPOLAZIONE DELLE MASSE E DELLA PUBBLICA OPINIONE, CHE GIVERNA IL MONDO, DA CENTINAIA DI ANNI... Rammentate la strategia della tensione degli anni '70? Quando la CIA organizzava in Italia messe in scena con attentati bombaroli per assecondare la strategia della tensione e porre in secondo piano, scelte politiche impopolari e liberticide dei politici burattini a loro asserviti. È notorio, il sistema, per auto-alimentarsi, ha bisogno che si radicalizzino le posizioni, di coloro che son "pro" e coloro che son "contro", facendo in modo che se ne estremizzino le espressioni, soprattutto grazie all'opera degli "infiltrati". Israele è uno stato assassino? Ovvio che si! Quindi i governi mondiali ne assecondano le azioni, lo sostengono politicamente e colpiscono violentemente chi lo avversa; negando addirittura come accaduto ieri, le manifestazioni pubbliche di dissenso, affinché la contrarietà (ovvero il libero pensiero dei popoli) appaia più violenta. È lo stesso gioco infame usato con il C🤡vid (discriminando su socialità e lavoro coloro che additano come no-vacs colpevoli di avere esercitato il sacrosanto diritto di scelta e multando addirittura gli "over 50" che rifiutavano il veleno per topi... Oppure con la fanta-guerra in Ucraina anche se per il C🤡vid - proprio perché il sistema perorava la vaccinazione delle masse in Occidente - non ci fu "nessuno" disposto a rappresentare le istanze dei no-vacs; salvo comparire... a terze dosi fatte. Ricondurre le pecorelle in uno dei 2 recinti ideologici appositamente costruiti è il metodo più efficace rispondente al sistema di governo della divisione, per creare il "dibattito", incentivare l'opinione pubblica a portarsi su posizioni opposte e spingere/motivare le masse a schierarsi, portandole al voto, e fornendo quindi il consenso all'intero sistema... che di consenso vive. Andreotti diceva: non importa per chi votino, purchè votino, che tanto poi ce l'aggiustiamo tra di noi. E già... perchè una cosa sola temono i politici, e cioè che il popolo diserti le urne... questa cosa letteralmente terrorizza la politica tutta, perchè senza consenso, loro sono il NULLA! |
Il Presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, si è reso autore di affermazioni alquanto bizzarre, poichè si dice convinto che le elezioni saranno "libere e regolari" ma non sa se "saranno pacifiche". Che significato attribuisce alle sue ultime parole? Se sa qualcosa, parli! Se è a conoscenza di pericoli per il proprio paese, dica quello che sa. Altrimenti le sue parole assumono toni veramente minacciosi e intimidatori! Poi snocciola una serie di dati ottenuti in questi anni dalla sua amministrazione, dati a dire il vero nei quali solo lui pare di credere, o in chi glieli ha suggeriti, poichè tutti i i sondaggi vedono in testa il candidato rivale, Donald J Trump... e questo vorra pur dire qualcosa... Comunque sia, i democratici sono alla frutta (in tutti i sensi: banane e lamponi soprattutto), e difficilmente resteranno il partito di maggioranza del paese dopo il 4 novembre. Sarà pure per questo motivo che a Biden è scappata quella "velata" minaccia? |
Il potere… che cos’è? Il vocabolario recita così: “Facoltà di fare, secondo la propria volontà”. E aggiungerei la facoltà, concessa dal diritto pubblico o privato, della possibilità di decidere su altri individui. Ed è così che l’essere umano ha dannato la sua anima, volendo imitare il potere che appartiene al divino, Dio in persona, che ha potere sull’Universo, sugli altri essere viventi. E questo gli da soddisfazione, lo fa sentire appagato, completo… il potere del re, dello zar, del Papa, del cardinale, di un ministro, di un capo cosca mafioso… e potrei seguitare all’infinito. E si spende tutta la propria vita all’inseguimento di un posto di “comando”, che dia il potere di fare, dire e ordinare. E pensare che chi comanda ha su di sè così tante responsabilità, di fare scelte, di decidere in modo equo, soppesando le decisioni per non avvantaggiare nessuno a scapito di altri. E subentrano regole spirituali, divine, di giustizia, quella vera… mentre sulla Terra l’essere umano si disinteressa di questi aspetti, meditando sul fatto che spesso le decisioni ingiuste si possono appianare, sistemare, neutralizzando i ricorsi di chi si sente danneggiato e leso di un proprio diritto, corrompendo i giudici e i magistrati, tutto sulla base del presunto potere, che è solo terreno e mai di derivazione divina, se non si rispettano certe regole etiche e morali. Questo sul livello pratico. A livello teorico quello di “potere” è uno dei concetti più controversi e problematici della storia del pensiero filosofico, politico, sociologico e giuridico. Il punto di partenza della riflessione di Byung-Chul Han è che esso è stato quasi sempre ridotto a una relazione causale diretta: chi detiene il potere si impone su chi lo subisce, determinandone il comportamento, a prescindere dalla sua volontà. Tuttavia, secondo Han, se si sottolinea esclusivamente questa logica, si riesce a percepirne solamente il lato materiale, violento e costrittivo, senza poter cogliere le dinamiche più nascoste e complesse mediante cui il potere agisce. Ampliando l’analisi, si può individuare proprio nella libertà il suo presupposto e comprendere che esso può essere esercitato non solo contro l’Altro, ma anche condizionandolo dall’interno, raggiungendo un grado di mediazione molto più elevato e assumendo forme estremamente articolate – meccanismi che, negli sviluppi successivi del suo pensiero, l’autore arriva a considerare come la chiave di volta della vita sociale e politica. Attraverso una comparazione critica dei principali teorici occidentali del potere – da Luhmann a Foucault, da Nietzsche a Heidegger, Hegel, Agamben e molti altri – nel suo saggio, Han ne dà una lettura che punta a sgombrare il campo dalle contraddizioni e dalle miopie teoriche, privando “il potere almeno del potere fondato sul fatto che non si sa esattamente cosa esso sia”. «Il potere non deve prendere la forma di una costrizione. […]. Più il potere è forte, più agisce silenziosamente. Se deve fare espresso riferimento a se stesso, risulta già indebolito». Così afferma Han… tuttavia il potere non deve agire nel senso di una neutralizzazione della volontà di chi lo subisce, perché per non essere tale, chi lo subisce deve volere precisamente ciò che vuole il detentore. Il sottoposto ha fatto suo ciò che vuole il detentore del potere, tanto che è anche probabile che il primo arrivi ad anticipare la richiesta del secondo. Il potere è il risultato di una relazione tra Alter e Ego. Queste relazioni sono così complesse da far sì che il modello causale non riesce a descriverle. Il potere che giunge a una forma stabile lo fa senza alcun ricorso alla violenza, Han dice che «prende posto nell’anima dell’altro». Ridurre Alter da soggetto a oggetto non è un buon modo di esercitare il potere, anche perché non è possibile esercitare il potere nei confronti di un oggetto passivo: qualsiasi azione che si fa nei suoi confronti non sarebbe un esercizio di potere. Eppure sempre più il genere umano in battuta, pensa al potere come quell’esercizio che nega qualcosa. Più profondamente, il potere si esplica nella sua capacità di trasformare un no in un sì. L’esercizio del potere non si concretizza sempre in una costrizione, eppure trionfa quando Alter risponde in modo affermativo. L’autoritarismo di Ego, le sue minacce, non rinsaldano il suo potere, semmai lo rendono mal sopportabile, tanto che non otterrà che una scarsa influenza sui processi di attuazione. Il potere usa la violenza in termini astratti, in irrealis, dice Han, cioè a condizione che non venga esercitata. Il potere si stabilizza quando la violenza diventa virtuale, appare come possibilità negativa. Si evita di trasgredire la norma non in relazione alla punizione, ma come «segno di riconoscimento dell’ordinamento giuridico». Il potere non è l’origine, la causa, di un determinato comportamento del sottoposto. È l’apertura di uno spazio, una sfera all’interno della quale è possibile che l’uno possa essere più dominante. «Istituisce un luogo che prelude alle singole relazioni di potere». Il rapporto di Alter e Ego non si costituisce nella lotta, nello scontro cieco uno contro l’altro. Qui è in gioco soltanto la differenza in termini di forza fisica. È quando uno per paura della morte e temendo la forza fisica dell’altro, gli si sottomette, instaurando allora e soltanto in quel momento un rapporto di potere. Non è lo scontro, la morte, ma la loro assenza a costituire il potere. Non è lo scontro, ma il confronto dei rapporti di forza che lo costituiscono. Il potere può dunque essere esercitato non soltanto contro l’altro, ma nella peggiore delle ipotesi avendo ad effetto la manipolazione dell’altro. Dietro questo aspetto che rimanda all’interpretazione delle relazioni di potere, basata su meccanismi complessi che Han indaga confrontandosi nei vari capitoli con autori che vanno da Schmitt a Foucault passando per Hegel, Heidegger ed altri, individua nella complessa rete di relazioni che determinano il potere, la sua essenza, la sua portata e la sua capacità di fare presa. Restituendoci infine la chiave di volta degli aspetti sociali e politici che articolandosi poi in configurazioni complesse, determinano di fatto le possibili relazione di potere. La complessità di queste relazioni è anche di ordine semantico: «L’origine della lingua è l’espressione di potere di chi domina. Le lingue sono riverbero delle più antiche prese di possesso delle cose». In ogni parola è possibile percepire il comando. Il corpo non è mai nudo, è coperto di significati quali effetti del potere.
Il potere disciplinare agisce in profondità, scava i corpi, li scolpisce tracciando su di essi percorsi obbligati che non sono altro che “gli automatismi dell’abitudine. Qui il potere perde la sua sontuosità e si rivela come quotidianità. Penetra profondamente divenendo carne e sangue senza di fatto ferire. «Opera con le norme o la normalità invece che con la spada […]. “Lentamente, una costrizione calcolata percorre ogni parte del corpo, se ne impadronisce, dà forma all’insieme, lo rende perpetuamente disponibile, e si prolunga silenziosamente nell’automatismo delle abitudini”». Il potere si traveste e si presenta come qualcosa di quotidiano. L’atto di potere ha qualcosa di ovvio, non stimola nessuna reattività. L’abitudine, l’habitus, è una forma di interiorizzazione, interviene infatti anche sul piano somatico. Bisogna che le azioni siano “sensate”, abitate quindi da un “senso comune”. È la normale visione del mondo: l’orizzonte di senso. Per essere efficace, il potere deve occupare proprio questo spazio semantico, che gli permette poi di raggiungere anche una certa forma di stabilità. Il potere che esercita la propria efficacia attraverso l’abitudine è più efficace e stabile di quello che impartisce ordini o esercita pressioni. Il potere che opprime ha un soggetto. È qualcuno. Il sovrano è quel soggetto. Il potere più efficace è invece il potere di nessuno. Il potere assoluto, non deve comparire, non ci si può riferire ad esso ed esso non farà mai riferimento a se stesso. Il potere assoluto si fonda con l’ovvio. La violenza non è indice di potere, senza consenso non si dà nessuna forma di potere. Nel libro di Han c’è questo, ma c’è molto altro. C’è la dialettica schmittiana amico/nemico. La componente ludica foucaultiana del potere. La volontà di potenza nietzschiana intesa anche come affabilità che si affida ad un dare (donare). La dinamica amico/nemico che si palesa nella figura dell’ospite: «Ospitalità. Questo è il senso delle consuetudini di ospitalità: paralizzare nello straniero quanto v’è in lui di ostile. Laddove nello straniero non si avverte più, innanzitutto, il nemico, l’ospitalità vien meno; essa fiorisce fintantoché prospera il suo malvagio presupposto» (ancora Nietzsche, p. 133). La definizione di proletariato quale classe ultima alla quale la storia assegna il compito ineludibile della presa del potere, stona con la visione articolata del potere stesso che Han ci propone. In questa visione, la presa del potere rimarrebbe conflittuale, la qual cosa ci restituirebbe una sovranità a bassa efficienza occupata da un’élite di classe. La destituzione del potere borghese non si attuerebbe attraverso l’organizzazione vincente di un assalto al palazzo d’inverno, ma attraverso la messa in atto di dispositivi alternativi a quelli utilizzati dal potere espresso dalla economia del mercato. Il potere non abita il palazzo d’inverno. Occorre un attacco ai nodi delle relazioni di potere che non sono definite una volta per tutte, ma che cangiano in relazione ai rapporti di forza che si palesano ogni volta, nodo su nodo. |
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