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Messaggi del 26/03/2023

QUEL SENTIMENTO ANTIAMERICANO MAI VERAMENTE SOPITO.

Post n°1504 pubblicato il 26 Marzo 2023 da scricciolo68lbr

Se si dovesse tenere un sondaggio tra la gente, oggi, molto probabilmente si scoprirebbe che la gran parte delle persone, nel silenzio della mente, molti serbandolo in segreto, sta dalla parte dei russi. E badate bene, non dalla parte di Putin, che resta colpevole di avere invaso l’Ucraina, ma dalla parte del popolo russo, questo… si. 

E questo perché la maggior parte delle motivazioni non sono di carattere di puro interesse, per via cioè delle bollette del gas, aumentate paurosamente dopo l’inizio della guerra, che molti ingenuamente, anche a causa di una stampa mainstream asservita, credono sia per causa della Russia e delle ritorsioni alle sanzioni imposte le dall'Occidente. Invece la vera ragione degli aumenti è una pura speculazione dei mercati.

Tanti libri sono stati scritti su questo conflitto, e le persone si stanno rendendo conto che la guerra non è iniziata a febbraio del 2022, ma nel lontano 2014, e cioè quando l’Ucraina ha iniziato a bombardare le popolazioni russo fine del Donbass, sotto il totale silenzio della stampa mainstream, che pare risvegliatasi solo nel 2022.

Oltre il malumore per l’aumento del costo della vita dovuto agli aumenti dei costi per l’energia, esiste un antiamericanismo che va al di là delle bollette, e che trae origine dall’insofferenza per l’egemonia americana in questi settant’anni di dopoguerra. 

L’inizio era stato promettente: il ricco piano Marshall per la ricostruzione dell’economia europea dopo la distruzione bellica; il trapianto della democrazia nei paesi sconfitti, Germania Giappone e Italia.

Oggi invece ci accorgiamo che quei denari sono solo serviti affinché l’Italia vendesse la propria libertà e parte del proprio suolo, all’imperialismo americano. Quello fu solo l’inizio!

Gli Usa dominando le pretese imperiali della Gran Bretagna, avviavano un’alleanza inedita con l’allora Unione sovietica di Stalin, per una spartizione del mondo in aree d’influenza, con l’obiettivo del “mantenimento della pace mondiale”. Il seguito invece lo conosciamo purtroppo: i buoni propositi si sono dissolti molto presto.

Dopo allora è esplosa la guerra fredda, e gli Stati Uniti hanno preso immediatamente coscienza di due fatti. Il primo è che si apriva una competizione conflittuale con l’Unione sovietica, a partire da un serrato confronto militare; il secondo era che gli alleati della Nato erano troppo impegnati nelle rispettive ricostruzioni postbelliche, per poter seguire gli Usa nella corsa al riarmo. Sono seguiti i 70 anni di storia che finiscono nell’attualità di oggi, troppo recenti per essere consolidati in una storia condivisa. Storia a parte, la “percezione” di cosa fossero gli Stati Uniti, dopo l’entusiasmo generale per il sostegno decisivo durante la guerra, cominciò ad emergere immediatamente. I primi esploratori degli Stati Uniti, sulle orme di de Tocqueville, da Guido Piovene al direttore di allora della Gazzetta Baldassarre Molossi, riportavano di un’America, occidentale fino al midollo, ma profondamente diversa rispetto all’Europa.

A partire dalla sua gente, immigrata da tutte le parti del mondo, accolta dai 93 metri della Statua della Libertà, in seguito talvolta mescolata in variegati melting pot, altre volte rimasta distinta in comunità con la salvaguardia delle proprie tradizioni. La scritta alla base della Statua è esemplare: «Antiche terre … a me date i vostri stanchi, i vostri poveri, le vostre masse infreddolite desiderose di respirare liberi». Non si nasce americano, lo si diventa assumendo l’impegno a rispettare i valori e le regole dell’America. La Costituzione americana riconosce ai cittadini soltanto un diritto, quello di ricercare la propria felicità. Non esiste un diritto al lavoro, alla salute, all’istruzione. Questi diritti (aldilà dell’emergenza) si devono “comprare”, con i guadagni del proprio lavoro. Lo stato s’impegna solo ad offrirti opportunità, che devi afferrare, «all’onda, se colta al flutto porta alla fortuna». La società americana è meritocratica, competitiva, con inevitabili paurose diseguaglianze. È essenzialmente fondata sull’economia. 

Gli americani si pongono sempre grandi obiettivi, si sforzano sempre di avere una grande influenza sulla maggior parte di Stati del mondo possibili e nel perseguire questo obiettivo gli Stati Uniti hanno commesso drammatici errori: il Vietnam, la seconda invasione dell’Iraq, l’Afghanistan. Gli Stati Uniti non hanno subito sconfitte militari sul terreno, hanno chiuso la guerra con un ritiro volontario, spesso disordinato, per l’impossibilità di vincere, sotto l’incalzante pressione contraria della propria opinione pubblica.

I suoi giornali personificano la stampa libera che ricerca la verità, che non sta dalla parte dei governi di turno. I suoi intellettuali, da sempre sostanziano la coscienza di una spietata auto-critica del paese. Sono stati gli intellettuali e la stampa a sollevare per primi il problema della prepotenza internazionale dell’America e della sua debolezza interna. Non risulta che altri paesi abbiano avuto altrettanto coraggio con tanta chiarezza. O forse gli altri paesi sono isole di felicità?

L'anima Usa sta cambiando: meno bianca e protestante, più latino-asiatica, più conservatrice (gli immigrati integrati votano a destra), più isolazionista, concentrata sulla sfida con la Cina. Un cambiamento di orientamento che si rifletterà drammaticamente sull’alleata Europa. God bless America and bless all over the World. Dio benedica l’America e tutto il Mondo. 

La politica estera americana ne discende di conseguenza. Una politica estera che anzitutto tutela gli interessi del proprio business, in tutte le variazioni del suo apparato industriale. Soprattutto quello bellico.

Dopo gli orrori della seconda guerra mondiale, tutti ricordano che con l’istituzione nel 1945 delle Nazioni Unite allo scopo di mantenere la pace, la guerra è stata bandita dalla politica internazionale. Uniche due eccezioni a tale divieto: il diritto all’autodifesa o un’azione bellica su mandato del Consiglio di sicurezza dell’ONU. Tuttavia, la realtà è stata ben diversa e la responsabilità è in massima parte dell’Occidente e del suo strapotere militare.

 

Come documenta con rigorosa chiarezza lo storico Daniele Ganser nel suo libro, che tutti dovreste leggere: “Le guerre illegali della Nato”, negli ultimi settant’anni sono stati i paesi della NATO – la più grande alleanza militare del mondo, guidata dagli Stati Uniti appunto – ad aver “avviato” in molti casi, guerre “illegali”, per garantire e ampliare il predominio dell’impero americano, ignorando il divieto stabilito dall’ONU dell’uso della forza e riuscendo nonostante tutto, sempre a farla franca. 

 

Ganser, attraverso l’analisi puntuale di tredici di questi conflitti – Iran, Guatemala, Egitto, Cuba, Vietnam, Nicaragua, Serbia, Afghanistan, Iraq, Libia, Ucraina, Yemen e Siria – e delle loro disastrose conseguenze per i popoli, evidenzia come la NATO abbia sistematicamente sabotato le regole delle Nazioni Unite, trasformandosi da alleanza locale con finalità difensive in un’alleanza “aggressiva” globale, fino a diventare un pericolo per la pace nel mondo.

«Se fosse lungimirante», scrive Carlo Rovelli nella prefazione, «l’Occidente, che è il mio mondo e a cui tengo, lavorerebbe – per il suo proprio bene – per la stabilità e la legalità internazionali, per un mondo “multipolare”, dove gli interessi degli altri siano presi in considerazione e le soluzioni siano cercate nella politica e non nelle armi. Questo libro mostra in maniera inequivocabile che oggi non è così».

Rivelando le menzogne, le ipocrisie e i crimini delle guerre illegali della NATO, Ganser fornisce un contributo prezioso per costruire un futuro di pace.

Entusiasti sono molti commenti della stampa: «Un resoconto straordinario delle manipolazioni dell’opinione pubblica e delle violazioni del diritto internazionale da parte delle grandi potenze dell’Alleanza Atlantica».

«Le Monde Diplomatique»

 

«Daniele Ganser ci racconta nei dettagli un fatto semplice, ma importante per tutti noi: l’umanità ha fatto uno sforzo per fondare una legalità internazionale che riduca la catastrofe delle guerre, e chi maggiormente ha calpestato questa legalità internazionale è l’Occidente, dominato dagli Stati Uniti, che si è arrogato e si arroga oggi con la forza il diritto all’illegalità e all’impunità».

Carlo Rovelli.

 

L’America - per contro - possiede fortunatamente, alcune risorse fondamentali per se stessa e per il mondo: le sue università, con i suoi premi Nobel per la medicina che hanno fatto grandi scoperte e salvato milioni di vite nel mondo; la sua capacità straordinaria di produrre innovazione tecnologica (con i finanziamenti necessari per gli investimenti). 

Un paese ricco di contraddizioni evidenti, che però forse a causa della sua eccessiva politica di espansione, sta contribuendo a far nascere nei cuori delle persone, un sentimento antiamericano che si sta radicando sempre più.

 
 
 

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