Creato da scricciolo68lbr il 17/02/2007

Pensieri e parole...

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Messaggi del 21/09/2022

ECCO CHI È IL NUOVO PRESIDENTE DELLA CONSULTA.

Post n°1339 pubblicato il 21 Settembre 2022 da scricciolo68lbr

E così torna una donna alla guida della Corte Costituzionale, a tre anni di distanza dall’esperienza di Marta Cartabia. La nuova presidente è la giuslavorista Silvana Sciarra, 74 anni, pugliese originaria di Trani. I voti favorevoli sono stati 8 su 15. Corte quindi spaccata a metà. In lizza con lei c’erano Daria De Pretis e Nicolò Zanon. Proprio gli altri 7 voti sono andati alla De Petris.

Dunque quello che s’è visto è una Corte spaccata, a differenza delle votazioni che elessero alla guida della Consulta Cartabia, Amato, Coraggio, Lattanzi. Come primo atto da presidente, Silvana Sciarra ha confermato come Vicepresidenti Daria de Pretis e Nicolò Zanon. Sciarra, prima donna eletta dal Parlamento come Giudice presso la Corte costituzionale italiana, ha iniziato il suo mandato nel novembre 2014, dopo aver ricoperto il ruolo di Professore ordinario di Diritto del Lavoro e Diritto Sociale Europeo presso l’Università di Firenze e l’Istituto Universitario Europeo.

È PROFESSORE EMERITO NELL’UNIVERSITÀ DI FIRENZE. SUCCEDE A GIULIANO AMATO, DI CUI È STATA VICEPRESIDENTE. IL SUO MANDATO SCADRÀ A NOVEMBRE DEL 2023. ALLA FINE DELLO SCORSO ANNO IL SUO NOME ERA STATO PROPOSTO DA GIUSEPPE CONTE QUALE POSSIBILE NUOVO PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA. DOPO L’ELEZIONE HA INCONTRATO LA STAMPA: NELL’ARTICOLO DE IL RIFORMISTA, A FIRMA DI ANGELA STELLA, È RIPORTATO CHE OCCORRE DIMENTICARE SUBITO LO STILE AMATO, POICHÉ LA NEO PRESIDENTE HA FATTO CAPIRE CHE, PUR TENENDO MOLTO ALLA COMUNICAZIONE DELLA CORTE – PIÙ VOLTE HA RINGRAZIATO DONATELLA STASIO -, LA SUA SARÀ UNA GESTIONE DAL PUNTO DI VISTA DELLE RELAZIONI CON LA STAMPA, MOLTO PIÙ INGESSATA E MODERATA RISPETTO A QUELLA DEL PREDECESSORE, CHE CI AVEVA ABITUATO, DA ABILE POLITICO QUAL È, AD AFFRONTARE SENZA FILTRI I TEMI CHE GLI VENIVANO SOTTOPOSTI. SEMPRE A NOME DEI GIORNALISTI DEL QUOTIDIANO “IL RIFORMISTA” È STATO SOTTOPOSTO E LETTO ALLA NEO PRESIDENTE, UN PASSAGGIO DI UN ARTICOLO DEL COSTITUZIONALISTA ANDREA PUGIOTTO, FIRMA AUTOREVOLE DI QUESTO GIORNALE CHE SUL TEMA DELL’ERGASTOLO OSTATIVO, TRA L’ALTRO, SCRIVEVA QUALCHE MESE FA: “UN TERZO RINVIO PRIVEREBBE PER SEMPRE DI QUALSIASI CREDIBILITÀ I MONITI RIVOLTI AL LEGISLATORE, RIVELANDO CHE LA PRIMA A NON PRENDERLI SUL SERIO È LA STESSA CONSULTA”. INSOMMA AVREMMO VOLUTO SAPERE SE C’È UN LIMITE CHE LA CORTE COSTITUZIONALE SI PONE NEL CONCEDERE AL PARLAMENTO NUOVI RINVII PER RISCRIVERE UNA LEGGE DICHIARATA INCOSTITUZIONALE, COME QUELLA SUL FINE PENA MAI.

LA PRESIDENTE, SI DISPIACE LA GIORNALISTA REDATTRICE DELL’ARTICOLO, HA ELUSO LA RICHIESTA: “HO LETTO L’ARTICOLO DI PUGIOTTO MA NON POSSO ESPRIMERMI, SARÀ IL COLLEGIO SOVRANO A PRENDERE QUESTA DECISIONE”. ANGELA STELLA HA CHIESTO UN ANTICIPO DELLA DECISIONE, E AVREBBE VOLUTO UNA RIFLESSIONE SULLA COLLABORAZIONE TRA CORTE E PARLAMENTO. SEMPRE DALL’ARTICOLO SI APPRENDE COME LA GIORNALISTA ANGELA STELLA SI AUSPICA È CHE LA CONSULTA TENGA CONTO IL PROSSIMO 8 NOVEMBRE (ENTRO QUESTA DATA IL PARLAMENTO DOVRÀ PORTARE A TERMINE LA MODIFICA DELL’ART. 4 BIS DELL’ORDINAMENTO PENITENZIARIO PER EVITARE UN POSSIBILE INTERVENTO DEI GIUDICI COSTITUZIONALI CHE SPAZZI VIA DEFINITIVAMENTE LA NORMA) DEL FATTO CHE DA UN CONTROLLO EFFETTUATO TRA I RESOCONTI DELLA COMMISSIONE GIUSTIZIA DEL SENATO È EMERSO CHE DALLA DATA DEL 10 MAGGIO, OSSIA DA QUANTO LA CONSULTA HA CONCESSO IL SECONDO RINVIO, A PALAZZO MADAMA SI SONO SUSSEGUITI SOLO RINVII NELLE POCHE SEDUTE – MENO DI DIECI – TENUTE SUL TEMA. DUNQUE NESSUN PASSO AVANTI. DIFFICILE POI CHE L’8 NOVEMBRE IL NUOVO PARLAMENTO EMANERÀ UNA LEGGE. GLI STESSI GIORNALISTI DEL “RIFORMISTA” TEMONO CHE, INOLTRE, MOLTO PROBABILMENTE, CI RITROVEREMO CON UN GOVERNO GUIDATO DA PARTITI PER I QUALI “CERTEZZA DELLA PENA È CERTEZZA DEL CARCERE”.

PURE IL GARANTE DEI DIRITTI DELLE PERSONE PRIVATE DELLA LIBERTÀ PERSONALE MAURO PALMA HA OSSERVATO “CON FAVORE IL FATTO CHE PER LA SECONDA VOLTA SIA STATA CHIAMATA UNA DONNA AL VERTICE DELL’AUTOREVOLE ISTITUZIONE. GIUSLAVORISTA DI ELEVATO SPESSORE, È STATA TRA I GIUDICI COSTITUZIONALI CHE CON GRANDE SENSIBILITÀ HANNO PARTECIPATO NEL 2018 ALLA MEMORABILE ESPERIENZA DI INCONTRO CON LE PERSONE DETENUTE, DOCUMENTATA IN VIAGGIO IN ITALIA. LA CORTE COSTITUZIONALE NELLE CARCERI, PROGETTO CHE AVEVA VISTO L’ATTIVA COLLABORAZIONE DELLO STESSO GARANTE NAZIONALE. IN QUELL’OCCASIONE, LA PRESIDENTE SCIARRA AVEVA MOSTRATO GRANDE ATTENZIONE AL TEMA DEL LAVORO IN CARCERE, QUESTIONE DI CRUCIALE IMPORTANZA”.

 
 
 

Profezia o casualità?

Post n°1338 pubblicato il 21 Settembre 2022 da scricciolo68lbr

Green Day, “American Idiot”: più che un album, forse una vera e propria profezia?

 

 

L’album capolavoro dei Green Day ha segnato l’epoca del trauma per tutto il mondo post 11 settembre, l’epoca delle bugie del presidente degli Stati Uniti George W. Bush e dei “nuovi media” portatori di fake news. Ma a distanza di diciotto anni, l’ “idiota americano”, questo il titolo in italiano dell’album, apatico e alienato, ha contagiato, purtroppo, il mondo intero!

 

 

Mi piace pensare che la mia generazione, quella rimasta traumatizzata e sbigottita da quel tragico evento dell’11 settembre, possa rivedersi in uno slogan, in un’idea che dall’America si è fatto grido, ma che poi purtroppo ha finito per contagiare il mondo intero. Ricordo ancora quel motto inventato da Billie Joe Armstrong, il front-man dei Green Day, quando, il 21 settembre del 2004, decise di cantare al mondo i mali dell’America: “Don’t wanna be an american idiot!”, “Non voglio essere un idiota americano”. Si apre così il settimo album della band californiana: con un rifiuto categorico, divenuto presto un mantra, e con una bandiera a stelle e strisce sporcata di un verde rancido. 

Nel 2004 gli Stati Uniti erano ancora un Paese aggredito, la grande vittima del terrorismo islamico radicale. La portata dei cambiamenti globali che l’11 settembre 2001 innescò fu enorme: non mi riferisco tanto alle guerre in Afghanistan e in Iraq, ma ai tellurici sommovimenti sociali generati da una paura senza nome che il terrorismo fece esplodere nel cielo di Manhattan. Evento che generò successivamente numerose teorie, tra le quali quella che immaginava l’evento inventato di sana pianta da una élite del terrore, oggi comunemente conosciuta come NWO, che voleva plasmare il mondo a suon di eventi terrificanti.

Welcome to a new kind of tension, all across the alienation”, “Benvenuti in un nuovo tipo di tensione, ai confini dell’alienazione” cantavano Billie Joe Armstrong e soci. Dall’attentato alle Torri Gemelle si diffusero ovunque una serie di angosce, più o meno inconsce: su tutte il terrore di volare, l’ansia del viaggio e la paura del diverso (specie se di religione musulmana). E poiché la paura è una forza irrazionale, non sempre resta confinata a un oggetto preciso, ma si espande come un virus ad ogni altro aspetto della vita. A poco a poco, per molte persone i confini mentali e gli orizzonti culturali iniziarono a ripiegare su sé stessi, di paese in paese, di contea in contea, fino all’uscio di casa.

Il grido dei Green Day si stagliava contro tutto questo; non ignorava il dolore della gente ma denunciava, attraverso le 13 tracce di un concept album, le forze responsabili di aver “normalizzato la paura” (il sistema mediatico dell’informazione mainstream) e di averla strumentalizzata per i fini più abietti (l’allora presidente George W. Bush, accusato di aver giustificato l’invasione dell’Iraq sulla base di quelle che oggi chiameremmo “fake news”). Più di tutto, quel grido cercava di destare dal torpore, secondo il testo del brano, il prototipo dell’idiota americano, un uomo col sedere incollato al divano, gli occhi ipnotizzati dalla tv e la mente in perenne stato di caos calmo, una spugna alimentata ad alcol, droghe e terrore mediatico.

I’m the son of rage and love, the Jesus of Suburbia”: l’album “American Idiot” racconta l’alba di una nuova epoca, “The age of paranoia”, attraverso gli occhi di Jesus, un ragazzo ribelle che cerca di dare alla propria vita un senso che vada oltre la passiva accettazione dell’infelicità. Decide di farlo abbandonando la ragazza, gli amici e la propria casa, intraprendendo un viaggio attraverso le macerie emotive e spirituali della nuova America che si stordisce in una perenne “Holiday” pur di non fare i conti con sé stessa. Jesus è diverso per il fatto di provare ancora qualcosa che lo faccia “indignare”, che lo porti a mettere in discussione sé stesso e il mondo intorno a lui, mosso da quell’ira tanto cara a Billie Joe Armstrong, il quale una volta dichiarò «Ho sempre pensato che la rabbia fosse molto più interessante che starsene tranquilli».

Ma il sentirsi diversi dalla realtà che ci circonda conduce sempre su “una strada solitaria. È la strada, per molti, delle speranze mai realizzate, dei sogni infranti. “Boulevard of broken dreams”, uno dei brani più iconici, ancorché meno politici dell’album, è la discesa negli inferi che ogni uomo deve affrontare per restare umano: è il ritrovarsi da soli con le proprie paure e i propri dubbi, domandarsi se tutto ha un senso, se vale la pena agire o se la nostra vita non è altro che “l’attesa sconosciuta di qualcosa”.

La buona notizia è che “non è mai finita fintanto che si è vivi” (“It’s not over ‘til you’re undergound”, dal brano “Letterbomb”), dove il verbo vivere assume un significato ben più alto del semplice fatto di respirare. Conoscere sé stessi, trovare qualcosa in cui credere è la vittoria dell’uomo sull’apatia, sull’alienazione, è la via di fuga dall’idiota americano.

 

I Green Day avevano previsto tutto? Con la musica, come con gli scherzi, si può dire qualsiasi cosa, persino la verità. Si può dire che un presidente ha mentito al proprio Paese; si può mettere in guardia le persone dall’irrazionale paura del diverso, dall’allarmismo immotivato dei media, dalla disinformazione. Perché la verità non sta tutta nella bocca degli anchor men, così come la sicurezza non è solo dentro le mura domestiche.

American Idiot, comunque, non fu uno scherzo: con 16 milioni di copie vendute in tutto il mondo è stato l’album di maggior successo dei Green Day, secondo solo a “Dookie” del 1994. Se però con Dookie il trio di Berkeley si era presentato sulla scena come un gruppo punk anni ’90 i cui testi parlavano di masturbazione, droghe e disagio adolescenziale, con “American Idiot”, l’album della maturità, il punk evolve in rock, la durata dei brani si allunga (Jesus of Suburbia e Homecoming superano i 9 minuti) e l’ira giovanile “matura”, appunto in vera e propria “denuncia politico-sociale”. American Idiot ha regalato l’immortalità al gruppo, ne ha ampliato il pubblico e l’ha proiettato dritto negli anni 2000. E non solo.

In questi giorni torno a riscoprirlo, mi sono messo a riascoltarlo con una consapevolezza differente, per certi versi inaspettata. Nel cantare quei testi non ho potuto fare a meno di percepire un che di profetico. Per i Green Day il grande nemico erano “i nuovi media mainstream”, capaci di fare propaganda, di manipolare i sentimenti e le emozioni delle masse, al fine di ottenere un controllo della società; era la propaganda dei poteri forti, che già allora iniziava a lavorare (oggi ce ne rendiamo certamente più conto, e ne siamo più consapevoli), attraverso le menzogne dell’establishment. Era una società che si poneva come ideale, all’epoca proprio come oggi continua ad accadere, la formazione di un mansueto gregge di idioti, più che di un popolo colto e consapevole.

La cosa sorprendente è che nell’autunno del 2004 l’onnipresenza del sistema mediatico nella vita delle persone era uno scherzo rispetto a oggi. I social network ancora non esistevano. Facebook era stato lanciato da pochi mesi ed era ancora uno strumento confinato al perimetro dell’Università di Harvard. Non c’erano YouTube e tantomeno i sistemi di messaggistica istantanea. Ciononostante i Green Day cantavano di un mondo in “pericolo”, di una società alienata e drogata dalla TV, rassegnata a retrocedere dinanzi a una subdola e invisibile “manipolazione emotiva”.

Il paragone con i giorni nostri, dove l’informazione proviene da un numero spropositato di fonti, per la maggior parte “inattendibili”, dove lo smartphone è diventato il prolungamento della mano, che sostituisce i nostri cervelli, dove le persone trascorrono quasi l’intera giornata davanti a uno schermo (smartphone, PC, TV fa lo stesso) fa tremare i polsi. Se prima bastava spegnere la tv per disconnettersi dalla “Matrix”, oggi rinunciare ai social e a Whatsapp equivale a una scelta di vita ascetica. Anche se io ho iniziato farlo, cancellando il mio profilo in Facebook. Se ricordiamo tutti l’amministrazione Bush come un establishment bugiardo, rispetto a diciotto anni fa “l’American idiot” dei Green Day non solo è un po’ più “idiota”, ma ahimè, non è più solo americano. Si è moltiplicato, si è evoluto, si è sempre più dissociato dalla realtà, dalla spiritualità e da se stesso. Se prima non aveva nulla in cui credere, oggi crede in cose “non vere”, irreali, inventate. Se prima il suo pensiero era anestetizzato e vuoto, oggi è radicalizzato e gonfio di nulla e la causa è sempre la stessa, ieri come oggi: un’inconfessabile e inascoltata paura.

Mi piace pensare che i Green Day avessero intuito all’epoca, in qualche maniera, la pericolosità di un fenomeno all’epoca ancora in stato embrionale, oggi maturato. In quegli anni tutto era allo stato embrionale, in quell’epoca tutti abbiamo visto e subito tutto senza capire, se non oggi, sperando non sia troppo tardi. È una consolazione da scemi? O forse da idioti?

Ed è con questa considerazione che metto su il brano, alzo il volume al massimo e grido, oggi più di ieri: “Don’t wanna be an american idiot!”.

 

 
 
 

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Le parole fanno danni invisibili
sono note che aiutano
e che la notte confortano.
                                  i
 
 

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