Creato da scricciolo68lbr il 17/02/2007

Pensieri e parole...

Riflessioni, emozioni, musica, idee e sogni di un internauta alle prese con la vita... Porto con me sempre il mio quaderno degli appunti, mi fermo, scrivo, riprendo il cammino... verso la Luce

 

Messaggi del 07/02/2023

CONSIDERAZIONI SULLA GUERRA.

Post n°1472 pubblicato il 07 Febbraio 2023 da scricciolo68lbr

Lo scrisse sul Times di Londra William Howard Russell nel 1854, conflitto di Crimea, primo reporter vero su un fronte di guerra dopo tanti generali più abili con la penna che con la spada, che la guerra la facevano e poi ce la raccontavano. A modo loro.
Noi oggi la stiamo raccontando nel modo giusto?
Alcuni spunti di riflessione.

 

Il nuovo anatema: ‘putiniano’

La narrativa tiene sotto costante minaccia chi tenta di proporre analisi un po’ più vaste sulle ragioni della tragedia Ucraina, riguardo ad esempio, le cause lontane di una crisi che via, via scopri essere stata coltivata a lungo, a tavolino, quindi il rischio di ricevere accuse di essere ‘putiniano’. «Amico di Putin», l’anatema dell’infamia attuale, anche se ti limiti a ricordare qualche piccola ragione geostrategica che ha comunque la Russia.
Un po’ come essere accusati di antisemitismo quando ci si trova a criticare qualche violenza di troppo da parte di Israele. E il tuo antifascismo offeso si ribella, ma alla fine qualcosa nascostamente cede e concede.

Alberto Negri e le critiche ‘anti-Nato’.

Sulla sua pagina fecebook, Alberto, severamente critico sulla politica di espansione Nato ad est su spinta americana: «Bucha, un massacro e il simbolo di una sconfitta.
I carri armati russi a Bucha bruciati, sventrati, volati via come fossero di cartone, con i soldati inceneriti dentro, sono il simbolo della sconfitta russa a Kiev e della resistenza ucraina con le molotov, i droni e la cyberwar, già nei primi giorni di guerra. Centinaia di civili massacrati qui sono diventati il bersaglio della frustrazione dei russi. Verità evidenti, altre negate e offuscate: quando cala la polvere della battaglia emerge l’orrore
».

Sospetti di montatura?

Sì, certo, come sempre in guerra, ma restano quei morti veri e quelle distruzioni attorno che non sono lo scenario di un film. La storia insegna che in tutte le guerre o quasi, si possono riscontrare situazioni di guerra artatamente “trasformate”, per aumentarne l’impatto sull’opinione pubblica. Alberto Negri racconta come allora fosse testimone diretto e potesse anche smentire certe versioni ‘forzate’ denunciando le eventuali contraddizioni del racconto ufficiale dell’orrore comunque avvenuto. Lo fece per la strage di Racak in Kosovo, ma oggi su Bucha tace. Mentre, come tutti, inorridisce ed assieme attende maggiori certezze di verità. E torna a risentire puzza di guerra che, anche da lontano, è sempre di «sangue, sudore e merda». Senza nessun reducismo, sia chiaro.

Ugo Tramballi sul fronte opposto?

Un ottimo collega in guerre lontane che ha scritto per primo sul Sole 24 ore e per l’Ispi, la fulminante definizione di William Howard Russell della guerra. Ma Ugo aggiunge molte altre considerazioni su cui riflettere, anche se non si fosse d’accordo.
«Russell raccontò un’altra storia, quella vera. E fu promosso sul campo come primo vero corrispondente di guerra nella storia del giornalismo.
Le prime immagini lente e sfocate sulla Marna e la Somme incominciarono a darci un’idea dei massacri del 1914. Come quelle drammaticamente mosse dei rangers americani, scattate da Robert Capa la mattina del 6 giugno 1944 a Omaha Beach: la più sanguinosa delle spiagge dello sbarco in Normandia. La liberazione del Kuwait nel 1991 fu la prima guerra di una ‘all news’ via cavo, la Cnn; e l’invasione dell’Iraq del 2003 la prima di una all news satellitare non occidentale, Al Jazeera
».

La prima guerra social

«Come dicono alcuni esperti, questa in Ucraina sarà ricordata come “la prima guerra dei social-media”. Possiamo considerala come un’altra tragica sottovalutazione di Vladimir Putin e del suo gruppo di potere: dopo quella della capacità di resistenza dei soldati ucraini, della compattezza di Nato ed Eu, e la sopravvalutazione delle capacità dell’esercito russo. The Economist scrive che questo conflitto è diventato “l’esempio più vivido di come i social stiano cambiando il modo in cui la guerra è raccontata, vissuta e capita, e di come questo può cambiare il corso della stessa guerra”».

Litigare sulla politica ma non sui fatti

Sulla reale compattezza Nato e dell’Unione europea potremmo discuterne a lungo con Tramballi, e sui comportamenti statunitensi sull’Ucraina, prima, durante e -temo- dopo. Guardando magari ad altre sfide lontane da noi ma molto più vicine ai loro interessi, sull’Indo-Pacifico. Ma torniamo a Tramballi.
«Poiché questa guerra è un evento mondiale, a rafforzarne la definizione di primo conflitto dei social-media è utile ricordare che i social sono usati da 4,6 miliardi di esseri umani: il doppio che nel 2014. Risultato della capacità di raccontare usando i mezzi appropriati: prima della guerra gli ucraini erano considerati “amici” dal 55% degli americani; oggi lo sono dall’80. Un consenso al quale non arrivano antichi alleati come francesi e giapponesi».

Media e telecamere come armi

«Nella resistenza all’aggressione russa, il trentunenne Mikhailo Fedorov, il ministro per la trasformazione digitale, è diventato importante quanto il collega della Difesa e i generali dello Stato Maggiore. In una chat aperta su Telegram, il ministero riceve 10mila messaggi al giorno: cittadini che fotografano le colonne russe, che informano sugli spostamenti del nemico, che ne filmano i crimini. “In questi giorni ognuno è un information warrior”, spiega un funzionario del ministero. Il loro contributo non è meno prezioso di quello dell’intelligence».

Disinformacjia e cattiva informazione

« […] diversamente dalla propaganda russa, gli ucraini non raccontano bugie: o meglio, ne raccontano ma molto meno degli avversari. Le loro sono soprattutto testimonianze della vita reale ai tempi di un’invasione incontrovertibilmente vera. Anche nell’immenso e manipolabile mondo virtuale, alla fine la vita reale ha più successo delle balle».

L’informazione a raffica

Sui ‘più pericolosi portatori di bugie‘. Certamente non i colleghi sul campo che, rischiando, raccontano ciò che a loro è consentito vedere. Colpevoli invece gran parte dei direttori, ossessionati dagli ascolti/letture che trasformano la guerra in show, meglio se con rissa, e che imprigionano gli inviati in una raffica di inutili ‘dirette’, impedendo loro di fare il loro vero mestiere di ricerca delle notizie e la loro verifica. Memoria irachena di ‘Bassora caduta’: ‘forse no’, ‘resiste, ‘presa dai marines’, ‘quelli inglesi’, ‘no gli americani’. Alla fine Bassora è caduta, ma una sola volta. Studio tv trasferito in trincea a leggerci comunicati stampa da agenzia.

Opinionisti virtuosi e minacciosi

Peggio di tutti, gli opinionisti minacciosi, pieni di certezze incontrovertibili. Ho contato venti titoli dedicati alla guerra su un grande quotidiano italiano, e non ho trovato un solo accenno di dubbio, un punto interrogativo.
Tutti ad esaltare quella che io vedo diventare via via, una sempre più pericolosa ‘guerra santa’. Una aggressività politico-culturale rispetto ai diversi tentativi di analisi ed anche a facilitare una ricerca di accordo di pace che trovo quasi più pericolosa della trasparente e sgangherata disinformacja di Putin e dintorni.

 

Fonte: https://www.remocontro.it/2022/04/06/la-guerra-non-e-che-sangue-sudore-e-merda/

 

 
 
 

L’INFORMAZIONE NELLE MANI DELLE POTENTI E RICCHE FAMIGLIE IMPRENDITORIALI ITALIANE: PURA COINCIDENZA?

Post n°1471 pubblicato il 07 Febbraio 2023 da scricciolo68lbr

Pubblico questo articolo, scritto sulla base di ricerche effettuate da parte di Giovanni Castellano nel 2020, sulla situazione pericolosa di accentramento che stanno vivendo i gruppi editoriali nostrani, sulla sempre maggiore relazione che sussiste tra le grandi famiglie imprenditoriali italiane e l’informazione e sul suo utilizzo per orientare, condizionare, manipolare sia l’opinione pubblica, quanto l’informazione vera e propria. Perché ci sono certe verità che non devono essere divulgate, l’igniranza del popolo controllata e mantenuta, perché un popolo bue, disinformato è succube, è più facile da controllare.

Molto spesso una notizia che può sembrare insignificante nasconde invece un significato importante che non è facile comprendere se non si analizzano le conseguenze profonde della stessa. Leggere che il 23 aprile si è conclusa la vendita della partecipazione del 43,78% di CIR in GEDI in favore di Giano Holding, società per azioni detenuta da EXOR” non desterebbe infatti l’interesse di nessun lettore che non abbia una particolare conoscenza delle dinamiche che muovono il capitalismo italiano.

In realtà dietro questa operazione si cela il passaggio di proprietà del quotidiano Repubblica, ma anche de L’EspressoHuffPost Italia, la Stampa, il Secolo XIX, Limes, MicroMega, Radio DeeJay, Radio m2o, Radio Capital e tanto altro ad una holding finanziaria olandese controllata dalla famiglia Agnelli.

La Repubblica, precedentemente pubblicata dal gruppo editoriale della famiglia De Benedetti, finisce quindi sotto il controllo diretto dagli Agnelli, che hanno spostato il centro degli interessi finanziari nei Paesi Bassi per ovvie ragioni economiche.

Queste possono sembrare informazioni poco utili agli occhi di un lettore poco attento. Eppure è importante richiamare l’attenzione sul fatto che la promozione di un dibattito democratico non può prescindere dalla richiesta di garantire l’autonomia e l’indipendenza degli organi di informazione non solo dal potere politico, ma anche dai grandi gruppi d’interesse economico e finanziario.

Se i maggiori organi d’informazione sono controllati, infatti, dai grandi gruppi economici, la visione del mondo fornita da queste testate si discosterà difficilmente dall’ideologia dominante, dal pensiero di chi vuole che le cose non mutino e restino sempre identiche a se stesse. 

Pur riconoscendo la possibilità che qualche giornalista “coraggioso” possa provare a imporre un discorso differente, sarà molto più difficile veicolare, in questo caso, i messaggi che confliggano con gli interessi del grande capitale finanziario nazionale e internazionale.

Per questo motivo può essere utile comprendere chi sono gli attuali proprietari dei principali organi d’informazione italiani, tenendo presente che spesso questi quotidiani riescono a imporre l’agenda politica anche alle realtà più piccole, decidendo gli argomenti da trattare ogni giorno; inoltre i grandi giornali forniscono le fonti d’informazione primarie alle quali possono poi attingere gli altri organi di informazione.

Se La Repubblica è il giornale più seguito nel centro-sud, il giornale più letto nella parte settentrionale del Paese è certamente il Corriere della Seracapire chi controlla questo giornale vuol dire conoscere un importante spaccato del capitalismo italiano.

Gran parte delle azioni del Gruppo Rizzoli (RCS MediaGroup) sono ora nelle mani di Urbano Cairo, il manager milanese con un passato nelle aziende di Berlusconi, che gli è valso una condanna in via definitiva per i reati di appropriazione indebita, fatture per operazioni inesistenti e falso in bilancio. Molti avranno avuto la possibilità di ammirare  l’imprenditore lombardo, tra le altre cose proprietario di La 7 e presidente del Torino, in un video diffuso nelle scorse settimane, nel quale lo stesso si mostrava raggiante per le opportunità offerte dalla pandemia a tante realtà imprenditoriali.

Importanti quote del capitale azionarie del Gruppo Rizzoli sono inoltre detenute dalla potente Mediobanca, dall’imprenditore Diego Della Valle (proprietario di Hogan e Tod’s e importante azionista di Italo), dall’assicurazione Unipol e dalla multinazionale Pirelli (ormai controllata da un’impresa pubblica cinese).

Meriterebbe un capitolo a parte l’impero creato da Silvio Berlusconi, a partire da MediasetMondadoriIl Giornale (da poco passato nelle mani della famiglia Angelucci) e Panorama (quest’ultima finita da poco nelle mani di Maurizio Belpietro). Molti hanno scritto in merito al conflitto d’interessi dell’imprenditore lombardo, ma qui basta ricordare che i giornali e le televisioni commerciali possedute da Berlusconi non solo hanno agevolato il suo personale percorso politico ma hanno anche profondamente influito sull’immaginario collettivo degli italiani, favorendo la diffusione del processo di deculturazione del Paese.

Per quanto riguarda La Stampa, la sua storia è legata alla famiglia Agnelli sin dal 1920 e, come è stato anticipato precedentemente, è appena tornata nelle loro mani, insieme alle altre realtà del gruppo GEDI. La potente famiglia di costruttori Caltagirone possiede, invece, il controllo su Il MessaggeroIl MattinoLeggo e il Gazzettino, mentre il quotidiano cattolico Avvenire è controllato direttamente dalla conferenza dei vescovi italiani (CEI).

Un particolare cenno va fatto all’eccezione rappresentata dal quotidiano comunista Il Manifesto e dal giornale Il Fatto Quotidiano, molto vicino alle idee del Movimento Cinque Stelle. Il primo, infatti, è edito da una cooperativa composta dai propri giornalisti, mentre il secondo è pubblicato da una società di capitali controllata, in misura maggioritaria, da alcune grandi firme del giornale.

Per quanto riguarda l’informazione economica, infine, il quotidiano più letto è sicuramente Il Sole 24 Ore, testata ufficiale di Confindustria, la principale organizzazione rappresentativa degli industriali; Italia Oggi, così come Milano FinanzaCapital e Class sono controllate, invece, da una società residente in Lussemburgo, per cui è difficile comprendere chi siano i reali proprietari.

Finora abbiamo analizzato come i grandi gruppi d’interesse possono avere una propria influenza sull’informazione controllando in maniera diretta le società editrici. Ci sono però tanti altri modi attraverso i quali questi gruppi possono far sentire il proprio peso sul mondo dell’informazione.

Mentre una piccola testata online sostiene normalmente dei costi relativamente bassi, basandosi perlopiù sul contributo volontario dei propri giornalisti, un giornale più importante deve invece sostenere delle spese molto più cospicue, soprattutto se vuole remunerare in maniera adeguata i propri giornalisti.

In particolare sarà essenziale per un giornale di un certo rilievo reperire delle informazioni “di prima mano ricorrendo a giornalisti presenti nei diversi contesti; l’alternativa è il ricorso alle veline governative e al semplice copia e incolla dei comunicati ufficiali, sminuendo così il ruolo di controllo dell’informazione.

Per questo motivo le principali testate finiscono spesso per finanziarsi inserendo pubblicità nelle pagine del proprio giornale; in questo modo è più difficile garantire un buon livello di autonomia rispetto ai grandi interessi economici. Un giornale molto critico nei confronti di Confindustria avrà, ad esempio, molta più difficoltà nel trovare imprese disposte a inserire uno spazio pubblicitario rispetto ad un’altra testata con una posizione più morbida nei confronti del mondo imprenditoriale.

Se guardiamo al mondo dell’informazione online possiamo pensare che un aiuto può venire dalla capacità dei giornali di catturare visualizzazioni (e quindi risorse). Questo metodo, che potrebbe sembrare profondamente democratico, in realtà nasconde un grave problema.

Un lettore che acquista un giornale cartaceo, infatti, spendendo una piccola somma, dimostra di fidarsi di questa testata, di ritenerla in qualche modo affidabile. Nel mondo della rete, invece, siamo portati a visualizzare anche contenuti la cui affidabilità è incerta o che, comunque, non apprezziamo molto.

Come dimostrano le ormai usuali polemiche nei confronti di Vittorio Feltri, guardare un video o leggere un articolo non corrisponde necessariamente a un attestato di stima; in molti casi siamo addirittura portati a regalare visualizzazioni a personaggi che detestiamo profondamente, cadendo nella trappola dei professionisti della provocazione.

In linea generale, dando un’occhiata ai contenuti diffusi nel web, possiamo constatare che è facile ottenere visualizzazioni alimentando polemiche sterili, facendo un tipo di informazione sensazionalistica, diffondendo fake news o teorie complottista, seminando odio e intolleranza.

Provare a fare un giornalismo affidabile, corretto, tentare di fornire una visione dei fatti alternativa rispetto a quella dominante non è certamente la via maestra per ottenere facili  risultati, se utilizziamo il metro di giudizio delle visualizzazioni ottenute.

Se un grande giornale, per far fronte alle spese necessarie per garantire un servizio di qualità, ricorre quindi al sostegno finanziario diretto o indiretto (tramite la pubblicità) delle grandi imprese limiterà fortemente la propria autonomia.

Si pone pertanto l’alternativa del ricorso al finanziamento pubblico all’editoria, ma attualmente quest’ultimo è regolato da una normativa molto confusa che finisce per privilegiare i giornali che godono dell’appoggio dei gruppi politici presenti in Parlamento.

Per questo motivo sarebbe opportuno riconsiderare tale normativa cancellando tutte le forme di finanziamento clientelare e permettendo un sistema trasparente che premi l’editoria indipendente, sulla base delle preferenze espresse dagli stessi cittadini.

La libertà di espressione è solo una delle componenti della vita democratica di un Paese perché questa forma di libertà può servire a poco se il modo in cui si forma l’opinione pubblica è influenzato dal potere del grande capitale nazionale ed internazionale.

Per questo motivo l’indipendenza del mondo dell’informazione è un requisito fondamentale per garantire il rispetto dei principi democratici ed è importante sostenere in ogni modo chi cerca di offrire un’informazione autonoma dal potere politico ed economico

 
 
 

MUSIC MADE IN ENGLAND.

Post n°1470 pubblicato il 07 Febbraio 2023 da scricciolo68lbr

Il primo contatto che molte persone hanno con la lingua inglese viene dal cantare le proprie canzoni preferite alla radio. 

Spesso poi si scopre che il testo della canzone che stavano cantando non era esattamente corretto, ma l’amore per la musica può anche portare a un amore per l’inglese che durerà tutta la vita. 

Dai Beatles a Stormzy, dagli Smiths agli One Direction, la scena musicale del Regno Unito ha qualcosa da offrire a tutti. 

Non è una sorpresa quindi che il Regno Unito abbia dato i natali ad alcuni tra i festival di musica più longevi e più popolari del mondo. La musica è una parte essenziale della cultura britannica.

Se ami la musica e desideri visitare il Regno Unito per rispolverare le tue conoscenze linguistiche, perché non combinare le due cose e fare un viaggio per partecipare a uno tra le centinaia di festival musicali nel Regno Unito? 

Un gran numero di questi eventi musicali si svolge in Inghilterra. I festival musicali in Inghilterra sono conosciuti in tutto il mondo.

Molti dei più grandi festival del Regno Unito si svolgono in località rurali, così da offrire la possibilità di vedere una parte diversa del Paese e, a causa dell’imprevedibile tempo del Regno Unito, quasi tutti hanno luogo durante i mesi estivi. 

Molti festival musicali in Inghilterra includono il campeggio, quindi preparati a notti insonni e ad ogni sorta di meteo: stivali di gomma, un ombrello e un buon senso dell'umorismo sono un must.

Tuttavia, se ti piace la musica, incontrare persone e scoprire nuove band, ecco qui 11 festival che dovrebbero allettare tutti i gusti. Quindi, inizia a organizzarti per la stagione dei festival musicali del prossimo anno!

 


 

Per i fan del pop, del rock e della musica elettronica:
  • Glastonbury: molti ritengono che questo sia il padre di tutti i festival musicali? A partire dal 1970, quando i biglietti costavano solo £1 e i T-Rex erano gli artisti principali, questo festival è cresciuto fino a diventare quello che molti considerano essere la più importante manifestazione musicale nel Regno Unito. 
    Al giorno d’oggi, aspettati di dover pagare circa £250 per un biglietto per 5 giorni! Tuttavia, nel corso degli anni questo festival ha richiamato artisti come David Bowie, Beyonce, The Who, Radiohead e migliaia di altri cantanti, e moltissimi inglesi avranno un aneddoto o due su Glastonbury da raccontare.
    Attenzione però: il festival si svolge in una fattoria e richiama così tante persone che a intervalli di pochi anni ci si prende un anno di pausa in modo che la terra riesca a riprendersi: il 2018 è stato uno di quegli anni, quindi il festival si è tenuto nel 2019. Poi nel 2020 e 2021, a causa della pandemia, questo evento è stato cancellato. I fan di Glastonbury stanno aspettando con impazienza l'edizione del 2022.

 

  • V festival: questo festival si svolge in due giorni in due luoghi diversi, uno nel nord e uno nel sud dell'Inghilterra, perché l'idea è che i fan provenienti da diverse parti del Paese possano riuscire a vedere le loro band preferite con facilità.
    Sicuramente ha un aspetto più commerciale (la V sta per 'Virgin Media'), ma a molti piace il fatto che le code siano brevi, che si svolga solo nel lasso di un fine settimana e che attiri dei nomi top tra band e artisti del Regno Unito e internazionali, come Pink, Jay-Z e Sean Paul, che si sono esibiti tutti nel corso di una unica edizione.

 

  • Latitude: questo festival di dimensioni più piccole viene organizzato dal 2006 ed è un evento più per famiglie che unisce la musica (un eclettico mix di indie, pop, rock e musica elettronica come Goldfrapp, Fleet Foxes e Mumford & Sons), le arti, la poesia, la comicità e la politica. Si svolge nelle aree rurali del Sussex a luglio, ed è perfetto per fare campeggio con i bambini.
Per gli amanti dell'ambiente e della musica
  • Greenman: anche questo festival unisce una grande varietà di musica a cinema, letteratura e arti. Si svolge in Galles, ed è noto per il suo approccio alternativo, etico e consapevole rispetto alle tematiche ambientali. L'edizione del 2017 ha incluso le esibizioni di PJ Harvey, Sleaford Mods, Kate Tempest e Ryan Adams.
Per gli appassionati di jazz:
  • Love Supreme: se sei un amante del jazz, riconoscerai che il nome di questo festival è tratto da un album fondamentale di John Coltrane. Questo festival relativamente nuovo (è iniziato nel 2013) è dedicato al jazz in tutte le sue forme. Anch’esso si svolge nel Sussex alla fine di giugno e attira artisti vecchi e nuovi. Nel 2017, gli artisti di punta sono stati Herbie Hancock, The Jacksons e George Benson.

 

  • Edinburgh Jazz & Blues festival questo è uno dei più antichi festival di jazz del Regno Unito e si svolge prima del più famoso Edinburgh International Festival. Ha visto presenze quali Jools Holland, Dumpstaphunk e Sarah McKenzie. Ogni anno la città ospita oltre 100 concerti, quindi puoi combinare il tuo viaggio con una visita turistica di Edimburgo!
Per gli amanti della musica classica:
  • Glyndebourne: se preferisci un evento di più alta classe, pacato e sei un amante dell'Opera, allora questo è il festival per te. Poiché si svolge presso uno dei teatri lirici più prestigiosi del Regno Unito nella campagna del Sussex, il festival offre la possibilità di vedere spettacoli d'opera di fama mondiale
    Attenzione: l’abbigliamento richiesto impone una cravatta nera e i biglietti vanno da £10 - £250. Richiama molti londinesi benestanti, e durante gli spettacoli ci sono intervalli in modo da potersi godere un picnic con champagne.

 

  • The Promssi tratta di un festival di otto settimane che ha luogo principalmente presso la Royal Albert Hall e offre concerti di alcune delle migliori orchestre del mondo.
    Il nome deriva dall’epoca in cui i concerti si svolgevano all’aperto e il pubblico 'passeggiava' (promenaded) tutto attorno per ascoltarli.
    Si tratta di una questione britannica estremamente patriottica, e l'ultima serata dei Proms viene sempre trasmessa dalla BBC con un sacco di bandiere con la Union Jack che sventolano.
Per qualcosa di un po’ diverso:
  • Creamfieldsl’evento è iniziato come una diramazione del Cream, famosa discoteca di Liverpool, nel 2006 e ora si svolge a Daresbury, nel nord dell'Inghilterra.
    È stato uno dei primi festival dedicati alla musica dance e continua a richiamare i migliori artisti e DJ internazionali quali Stormzy, Loco Dice e Deadamau5, con un’intera gamma di stili di musica dance su quattro giorni nel mese di agosto.

 

  • WOMAD: Womad sta per World of Music, Arts and Dance, che è esattamente ciò che questo festival rappresenta. Il suo obiettivo è abbracciare stili musicali diversi provenienti da tutto il mondo, quindi dovrebbe c'è sempre qualcosa per tutti i gusti.
  • Artisti più disparati come Emir Kusturica, Goat, Seu Jorge e Roy Ayers e Seun Kuti si sono esibiti. Si svolge tutti gli anni ad agosto nel Wiltshire.

 

  • Wireless: questo festival richiama artisti hip hop e grime (garage rap) sia dal Regno Unito che dagli Stati Uniti quali Skepta, Nas e Wizkid.
    Poiché si svolge in un fine settimana a Finsbury Park nel centro di Londra, è un’ottima opzione per combinare un weekend di musica con un viaggio alla volta della capitale.

Questi sono solo un piccolo esempio delle centinaia di festival in programma... Il British Council organizza centinaia di eventi artistici (inclusi eventi musicali) nel Regno Unito. 

Quindi, se ti piace la musica dal vivo in un grande scenario all'aperto, perché non comprare un biglietto, migliorare un po' il tuo inglese, sia con i testi musicali dei tuoi gruppi britannici preferiti sia attraverso l'apprendimento pratico dell'inglese online, e prepararti per gli eventi del prossimo anno?

 
 
 

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                       I

Le parole contano
dille piano...
tante volte rimangono
fanno male anche se dette per rabbia
si ricordano
In qualche modo restano.
Le parole, quante volte rimangono
le parole feriscono
le parole ti cambiano
le parole confortano.
Le parole fanno danni invisibili
sono note che aiutano
e che la notte confortano.
                                  i
 
 

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