Sospiro del Vento

Il tasto


C'è uno spazio vuoto tra i suoni bianchi del pianoforte. Un tasto... come se mancasse. Saltato, tolto, rotto. Invece è abbassato, premuto sulla nota continua, eppure muta.Il dito è sceso, il martelletto ha colpito e scolpito la corda che si tendeva di attesa. Muta e ora fragorosa, morbida e presente come uno schiaffo di alba appena appena rosata. La nota è uscita, continua. Si è fatta piccola, sottovoce, non la sentiva più nessuno delle prime file. Ma quelli seduti in fondo, che la immaginavano soltanto, la credevano ancora lì.E lì è rimasta, nel tasto premuto, fantasma di un suono incatenato dal pubblico che lo crede ancora presente. Da quel sognatore seduto in disparte, che ancora immagina il suo vibrare e la prossima legatura a chiudere battuta, spartito e concerto. Non giungeranno, da qui si vede ma da lì, seduti, no.Mi muovo sui tasti scivolando come il Vento sopra le rose, chiamo le note col nome, o con il loro colore perché di bianchi e di neri non sono un gran maestro. Preferisco quella sfumatura arrotondata di luce soffusa che ne disegna i bordi, che vibra nei polpastrelli appena appena assaporati. Scivolo, scorro un'armonia che suona silenziosa, fino al bordo di quel tasto scomparso, abbassato. Sembra una voragine, in questo sentirsi lievi.Vorrei saltarla, quella pausa di una nota continua. Ma mi sento come se rapissi un pezzo dell'accordo appena finito, come se togliessi un po' di voce al silenzio.Indugio, poi la mano si solleva come vapore. Nel rispetto di un tasto premuto. Rotto. Vissuto.