Alessandro Minisini

momenti di riflessione politico - culturale

Creato da aleitalia78 il 18/04/2009

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la smilitarizzazione del Nord-Est a seguito della caduto della soglia di Gorizia

 

Alla fine della seconda guerra mondiale all'Italia fu chiesto di fermare un ipotetico attacco sovietico, che secondo i piani della Nato, si sarebbe diretto con certezza verso la "soglia di Gorizia", cioè attraverso un lungo corridoio pianeggiante largo una cinquantina di chilometri, varcato il quale Francia e Germania sarebbero state vulnerabili. Fino al crollo dell'impero sovietico in queste terre si concentrò gran parte della Forza Armata italiana, il Friuli fu la destinazione di migliaia di militari ed oggi, a quasi di vent'anni dalla fine della guerra fredda, le caserme sono ancora li, abbandonate a se stesse e prive di vita quotidiana. Storie che hanno fatto crescere ed emancipare terre dure e testarde come quelle del Nord-Est.

 

Il 4 aprile 1949 a Washington fu firmato il Trattato Atlantico tra i rappresentanti degli Stati Uniti, Canada, Gran Bretagna, Francia, Belgio, Olanda, Lussemburgo, Italia, Portogallo, Islanda, Danimarca e Norvegia. Il Patto, una volta ratificato dalle singole nazioni, entrò in vigore il 24 agosto 1949 dando vita ad un'organizzazione militare, che dalla sua nascita fino alla caduta del muro di Berlino, si guadagnò un posto in primissimo piano sull'intera società mondiale.

Sia chiaro però che il Patto Atlantico fu l'esito di una serie di negoziati tra i firmatari del patto di Bruxelles: USA e Canada, gli altri stati furono coinvolti solamente in misura marginale, il nostro paese è sempre stato, per l'assetto politico e per lo scarso peso militare, un alleato minore, tanto che non gli fu mai chiesto di esprimere alcun parere in merito alla politica atlantica.

L'Italia era però confinante territorialmente con due paesi non allineati (Jugoslavia e Austria) e questo motivo indusse la Nato ad affidarci sostanzialmente due compiti: rinsaldare la neutralità dei vicini e resistere ad un eventuale attacco sulla "soglia di Gorizia", infatti, un'invasione sovietica dal Nord-Est del paese, avrebbe reso vulnerabile Francia e Germania, la Nato indirizzò quindi le forze militari italiane soprattutto nella difesa territoriale del confine italo-jugoslavo.

Il Nord-Est ed in particolare la terra friulana fu quindi per l'Italia un importante base logistico-militare proiettata a difesa degli interessi confinari, la necessità di ospitare tali e tante forze, fecero nascere a macchia d'olio numerose caserme, depositi munizioni, poligoni di tiro, magazzini, ecc. Tutti edifici che già negli anni '70 e '80 risultavano obsoleti, inadeguati ed insalubri, si calcola che circa il 20% delle strutture fu costruito prima del '900, il 30% fu costruito a partire dal 1900 al 1935, il 40% tra il '35 ed il '45 ed infine solo il 10% fu costruito dopo il 1945. Il dipartimento delle infrastrutture, calcolando con i parametri valutativi dell'Esercito (e non con quelli della vita civile), dichiarava alla fine degli anni '80 che il 30% delle caserme risultava essere totalmente inadeguata, il 40 % accettabile ed il restante 30% pienamente adeguate.

Oltre alle enormi difficoltà logistiche, furono dislocati in queste terre migliaia di militari (vedi tabella 1), nel solo asse di tenuta Gorizia - Padova - Bologna - Brescia fu dislocata praticamente la metà della forza dell'esercito, proveniente da tutte le regioni italiane (vedi tabella 2). La maggioranza dei militari di stanza nel Nord-Est proveniva da diverse regioni italiane, con una distanza media da casa di circa 300 km da coprire mediamente in 4-5 ore di treno e per non più di 5-6 volte l'anno. Oltre al problema della distanza per i militari ci fu la difficoltà di socializzare con la popolazione locale dove aveva sede la propria caserma, spesso, infatti, le strutture militari avevano sede in piccoli paesi come Maniago, Sgonico, San Lorenzo Isontino, Basiliano e Palmanova, dove pressoché nulle erano le possibilità di stabilire relazioni con la popolazione, paesi di 3 o 4 mila abitanti consideravano la caserma un fattore di disturbo, ed erano apertamente ostili verso gli "invasori".

Passeggiare per Udine al tramonto significava immancabilmente incontrare militari in libera uscita, che dopo cena passavano il tempo a disposizione vagando senza meta per le vie cittadine, piazza Liberà era il punto di ritrovo, chiacchieravano, guardavano, osservavano e se c'era l'occasione avvicinavano qualche ragazza. Immancabile la passeggiata sulle rive per chi aveva la fortuna di essere dislocato a Trieste città, altrimenti l'altopiano carsico con Opicina e Sgonico offriva loro ben poco. Particolare la situazione della città-fortezza di Palmanova, circondata da mura e bastioni che la fecero diventare una roccaforte, al centro della pianura friulana, fatta da campi, molti e gente, poca: insomma una città che fino a metà anni '80 era militarizzata, dove la sera circolavano praticamente le stesse facce che si erano viste fin poco prima in caserma.

La caduta del muro di Berlino del 1989, il dissolvimento dell'URSS e l'indipendenza di numerosi stati satellite ex sovietici, portarono alla caduta del confine italo-jugoslavo, l'abbandono della soglia di Gorizia e grazie a nuovi scenari internazionali, in Italia, si discusse una radicale riforma del sistema delle Forze Armate.

Gli attuali scenari operativi conseguenti alle mutate tipologie di minaccia, hanno influenzato ed in parte modificato anche le metodologie addestrative. La capacità di assolvere compiti sempre più diversi e diversificati nei più variegati scenari operativi richiede una preparazione capillare, seria e scrupolosa, sempre più aderente alle missioni da svolgere con una professionalità sempre più elevata.

Lo stare al passo coi tempi e saper calibrare il proprio operato e la propria preparazione in funzione dei molteplici compiti affidati, nella consapevolezza di essere una Forza Armata composta esclusivamente da professionisti, in grado di contribuire attivamente alla tutela degli interessi nazionali ovunque essi siano, portò l'esercito ad adeguarsi alle esigenze di uno Stato moderno, che per vocazione insieme ai partners alleati ed europei è impegnato a consolidare sia la sicurezza interna sia quella esterna, con il chiaro obiettivo di intervenire con brevissimi tempi di preavviso, a sedare i numerosi focolai di conflittualità quando richiesto.

Per questi motivi a partire dagli anni '90 furono sciolti decine e decine di Reggimenti, chiuse caserme, poligoni, depositi carburanti e Sante Barbara, strutture ancor oggi in gran parte appartenenti alla Forza Armata, pressoché abbandonate a se stesse e all'usura del tempo, giardini trasformati in boschi di rovi, finestre divelta dal maltempo, tetti grondanti d'acqua e mura verdeggiati di umidità, ricettacolo di topi e animali selvatici. Tutte le strutture sono state "visitate" da ladruncoli che hanno portato via le poche cose che erano rimaste all'interno: maniglie, rubinetteria, interruttori, prese e perfino i fili che correvano nei tubi, per il resto ci hanno pensato i teppisti sfasciando sanitari, porte, vetri, reti d'ingresso e piastrelle. Da parecchi anni la regione autonoma Friuli Venezia Giulia chiede al Governo di entrare a far parte di tali strutture, per poi rigirarle ai comuni, che le trasformerebbero in sedi per associazioni, costruirebbero alloggi ad edilizia agevolata o le venderebbero ai privati, ma l'iter per la dismissione sembra arenarsi continuamente per motivi burocratici. Solo pochissime strutture sono state convertite, come per esempio l'ex caserma "Polonio" di Gradisca d'Isonzo, sede degli incursori "Nembo" che ora, e solamente in una piccola parte, ospita un Centro di Permanenza Temporanea per clandestini. Sia chiaro che il ridimensionamento dell'esercito non è stato ancora completato, Udine è stata sottoposta ad un depauperamento forte: la chiusura delle caserme Osoppo, Friuli, Piave e Cavarzerani, dell'ospedale militare, della C.M.O. e del distretto Militare che sembra in procinto di accasermarsi presso Comando Reclutamento di Trieste, ha fatto si che in città non ci siano più 8-900 militari ed in tutta la regione, dai più di 65 mila del 1986, attualmente ci sono meno di 10 mila uomini. Dati puramente teorici, in quanto a ciclo continuo numerose aliquote sono impegnate in operazioni "fuori area", per non parlare delle strutture sovradimensionate come il megaimpianto della caserma "Pio Spaccamela", rievocatrice di ricordi in grigioverde per molti uomini, oggi sede del Reparto Comando e Supporti Tattici della Brigata Alpina "Julia", utilizzato solamente al 20% delle possibilità, che la fecero conoscere negli anni '70 e '80 come uno delle più temibili e dure strutture d'Italia.

La storia che hanno costruito le migliaia di persone passate, volenti o nolenti, per queste terre, gli edifici carichi di storia e di vita vissuta, i ricordi di un periodo "sotto le armi", che nessun uomo dimenticherà nella propria vita e che ancor oggi la divide, tra il "prima di fare il miliare" e "dopo aver fatto il militare", segnando un solco in cui il ragazzo, proprio in questi luoghi, si trasformò in uomo, meriterebbero più rispetto ed onore; sarebbe doveroso che i comuni il cui territorio fu sede di strutture militari, le ricordassero perlomeno con una targa da sistemare nei pressi dell'edificio militare, oramai vuoto, abbandonato a se stesso, ma che in futuro sarà riconvertito o abbattuto a favore di altre attività "civili".

Gli anni della militarizzazione del Nord-Est furono una manna per l'economia di queste zone, è vero che i militari erano tutti di leva e quindi con limitatissime possibilità economiche, ma proprio per questo sorsero numerose pizzerie nelle vicinanze delle caserme. Proprio per il gran numero di militari e per il loro costante ricambio, i gestori spesso e volentieri li trattavano come persone di rango inferiore: scarso servizio, maleducazione, poca considerazione e niente rispetto. Con il ridimensionamento delle forze, anche questi locali sono stati costretti a trasformarsi o a chiudere i battenti, con gli stessi gestori che si lamentano per gli scarsi guadagni, dimenticandosi di come hanno trattato i militari negli "anni d'oro", ma prostrandosi, oggi, verso qualsiasi cliente, militare o no che sia. Un esempio: le pizzerie in Udine città oggi si contano sulle dita delle mani e quelle nelle vicinanze di caserme dislocate nei paesi non ne esistono praticamente più.

 

Attualmente nella regione Friuli Venezia Giulia la Fora Armata è presente con tre componenti fondamentali: operativa, infrastrutturale e territoriale. La regione ha la maggior concentrazione sul territorio di forze operative a livello di Brigata, ben quattro: la Brigata di Cavalleria "Pozzuolo del Friuli" con il Comando a Gorizia, la 132^ Brigata Corazzata "Ariete" con il Comando a Pordenone, la Brigata Alpina "Julia" con il Comando ad Udine e la Brigata Genio, sempre con il Comando a Udine.

La componente infrastrutturale è garantita dal 12° Reparto infrastrutture con sede ad Udine, che provvede, a livello regionale, all'esecuzione, progettazione ed appalto di tutte le componenti infrastrutturali, curandone il mantenimento e l'ammodernamento.

La componente territoriale è invece rappresentata dal Comando Reclutamento e Forze di Completamento Regionale "Friuli Venezia Giulia" con sede a Trieste, le cui funzioni sono a livello di Regione Amministrativa, nei settori del presidio, della cooperazione Civile-Militare, della pubblica informazione, della promozione del reclutamento e di gestione del pronto impiego dell'esercito in regione. Si avvale del dipendente Distretto Militare di Udine.

Hanno sede in regione anche l'8° Reggimento Trasporti di Remanzacco (UD), dipendente dalla Brigata Logistica di Proiezione ed il I° Reggimento Fanteria di Trieste, dipendente dal RAV (Reparto Addestramento Volontari) di Capua.

 

Discorso a parte merita la basa USAF di Aviano, che grazie ad un piano di spesa stimato in 530 milioni di dollari, suddivisi tra Nato, Usa ed Italia ha portato la base pordenonese ad una forza variabile, secondo le esigenze, dai 2.500 uomini in su. A seguito di numerosi atti terroristici ed intimidatori, il personale americano che presta servizio in base, utilizza tutti i servizi interni messi a disposizione e praticamente non esce quasi mai dai confini militari, oramai anche il mercato immobiliare è in flessione, grazie al fatto che la base è studiata per offrire tutto ciò che una famiglia necessita, senza mai "uscire" col pericolo di essere presi di mira da delinquenti, neppure le auto sono più targate "AFI" e sempre più spesso sono di fabbricazione europea, per "mimetizzarsi" tra le altre.

 

 

 

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