AVEVO DODICI ANNI ...
Avevo dodici anni. Ed era primavera. Un tardo pomeriggio di primavera. Lo ricordo perché in casa c’era una luce rada, ma c’era luce. Io ero vicino al cantonale dei miei bisnonni. Non so bene cosa stessi facendo, ma ero li. Il luogo era quello. All’improvviso qualcosa scende dal mio corpo.
Subito vado in bagno, l’agitazione, la paura rendono tutto strano: devo fare alla svelta, capire cosa succede e, soprattutto, non far capire nulla ai miei fratelli più piccoli, che stanno giocando correndo da una stanza all’altra. E’ tutto rosso. Mi vengono le lacrime agli occhi. Che cosa ho fatto? Non capisco…non ho fatto nulla…come mai mi succede quasta cosa? Stò morendo? Ho solo dodici anni, diamine, non posso morire! Mi tocco per capire, non mi succede spesso di toccarmi, anzi, le suore mi hanno spiegato che non ci si tocca, e poi lì fai solo pipì…i bambini escono dall’ombelico..
Dio mio, devo dirlo a mia madre. Corro in camera mia, ho le lacrime agli occhi, e un peso enorme che mi schiaccia il cuore: come faccio a dire a mia madre che sto morendo ? La chiamo ancora, arriva trafelata, è insolito che io la chiami, più spesso è lei che chiama me, e le faccio vedere che il sangue esce da me … piango … ma , più che altro , sono stupita! Lei, invece di agitarsi e preoccuparsi di portarmi all’ospedale, chiama subito mia nonna, sua madre, e insieme cominciano a muoversi per la camera tiranto fuori da cassetti pezzuole di stoffa di cui non avevo sospettato l’esistenza: da oggi sei una donna…; ricordati che non puoi fare il bagno … nemmeno lavarti i capelli … e soprattutto stai lontana dai tuoi fratelli, cerca di non farti scorgere in queste condizioni … mi raccomando cambiati spesso ….
Io le seguo, non capisco nulla, (negli anni saranno pochi i precetti dettati in quei minuti che osserverò scrupolosamente), l’unica domanda che mi rimbomba nella mente è: ma quanto durerà? Sono ancora convinta che duri un giorno, una volta soltanto nella vita…
invece arriva il verdetto. E’ mia nonna a darmi la notizia, detta da lei non può essere messa in discussione: dureranno per molti anni , e quando non le avrò sarà perché sono incinta. E a un certo punto finiranno. E io non resterò più incinta.
Quel cantonale è sempre stato il cantonale del mio sbocciare. Mia nonna e mia madre, colpevoli del silenzio, del non dire, mi hanno comunque aiutato ad attraversare il guado. E sono diventata donna.
MAGDALENE57
Parma, primavera del 1970
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